La regista e attrice Francesca Bartellini si è esibita il 26 gennaio in anteprima nazionale al museo Madre di Napoli, ma la tournée “Madre” proseguirà a Roma, Milano, Firenze, Torino e Pescara. L’allestimento è stato presentato da Ipazia Production e da Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, in collaborazione con Macro Asilo di Roma.
L’artista ha portato in scena un monologo supportato da esibizioni musicali e sceniche di vario tipo che hanno coinvolto lo spettatore a 360 gradi. Uno spettacolo in divenire costante con incursioni e sparizioni da parte della donna e che non fornisce subito la sua chiave di lettura, ma si lascia scoprire tenendo alta la partecipazione emotiva.
Francesca Bartellini porta in scena una violenza su una donna e la inserisce in diversi piani simbolici danzando tra il sacro e il profano, la sfera storica e quella metaforica. Solo in un secondo momento si scopre la sua identità. La grande sala viene inondata dalle luci di scena, la poetica teatrale e performativa avvolge i presenti in un gioco di luci e suoni. Uno schermo accompagna la performance e ne diviene parte integrante. La coordinazione delle luci e delle immagini proiettate tendono a fare da protagonista in alcuni momenti dell’esibizione.
Madre di e con Francesca Bartellini, la decadenza del femminile sano
Al centro della scena una donna alla Marilyn Monroe che prova a ballare, luci rosse.
«Ci sono suoni che curano l’anima e il corpo insieme»
Chi parla è Maria Maddalena “la peccatrice”. Un ulteriore modo per riflettere sulla tematica estremamente moderna della violenza sulle donne in tutte le sue forme, specialmente sui pregiudizi che da sempre rendono vittime le “Maddalena” di oggi.
La ricerca musicale di Angelo Trancone al clavicembalo ha reso contemporanea e fortemente d’impatto la scena di violenza che si svolge in una dilatazione spazio-temporale che rompe i confini tra passato e presente attraverso le parole del monologo e l’immensa iconografia di Maria Maddalena. L’immagine dell’Artemide di Efeso irrompe inevitabilmente perché simbolo di fertilità. La Dea della Luna è legata a tutti i cicli di fertilità e protegge la vita di tutti gli esseri viventi, si dispera per le condizioni in cui vivono i suoi “figli”.
La Madre simbolica di tutte le cose tra Artemide, Maria Maddalena e la Terra
“Madre” tratta di temi, tutti moderni, in un modo dissacrante e anticonformista che non può non lasciare un segno in chi assiste alla performance, e che si nutre di collegamenti trasversali dalla Bibbia alla Divina Commedia. Maria Maddalena intanto prosegue col suo racconto storico.
«I catari volevano cambiare pelle»
Volevano cambiare l’Europa. Così dalla storia si ricollega alla simbologia. Si scopre che i veri innovatori sono i poeti cortesi del Dolce Stil Novo, volti ad innalzare lo spirito, ma quasi religiosamente annientati. Racconta che gli esseni parlano di Apocalisse, mentre i romani godono nel vedere la guerra di religione tra popoli, e cita la Bibbia:
«e venne l’uomo clemente” con i Farisei per uccidere. Egli è caduto da cavallo, non ha distinto i colori perché epilettico. Egli è Saulo di Tarso.»
Parole evocative, toccanti, che rendono tangibile la sua sofferenza. La violenza subita dalla donna è anche quella subita dalla Madre Artemide, dalla Madre Maria Maddalena, dalla Madre Terra. Diventa avvertimento e critica all’ipnosi umana che continua a violentare, così si elevano le profezie di Maria Maddalena. Il nostro presente è inquinato, terra e mare, terremoti e stragi. La Terra si ribella, i vulcani esploderanno.
Un grido di speranza si ode nella fase conclusiva della performance: le persone continueranno ad uccidersi per invidia e diversità, ma nuove anime sagge arriveranno per coprire l’idiozia. Non ubbidiranno alle leggi dei banchieri.
L’Europa antica era sulla via della pace. Non siamo ospiti del pianeta, ma parte del suo sistema. Una preghiera per la pace. Salviamo la Terra. E poi la stanchezza di una donna e la violenza subita. Lei è morta. Uno straordinario connubio tra arte, performance contemporanea, teatro e musica.


