Charles Baudelaire nell’arte. I ritratti, lo Spleen e I Fiori del Male

Da secoli siamo abituati a pensare alla figura di Charles Baudelaire (Parigi, 9 aprile 1821 – 31 agosto 1867) come quella di un pensatore-filosofo, poeta, scrittore, critico letterario, saggista e traduttore francese. Ma Baudelaire fu anche molto altro. Precursore della corrente letteraria del Decadentismo, che si sviluppò tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, condusse una vita in stile bohémien, frequentando assiduamente circoli letterari e artistici con gli intellettuali dell’epoca.

Furono proprio queste frequentazioni a condurlo verso un interesse sempre maggiore per l’arte. Durante la sua breve ma intensa carriera fu infatti anche un critico d’arte, componendo diversi saggi e dediche per omaggiare numerosi artisti, tra i quali: Leonardo Da Vinci, Michelangelo, Rubens, Rembrandt, Goya, Watteau, Puget e Delacroix. Una stima che molti artisti hanno poi ricambiato nel tempo, celebrando il poeta e le sue opere attraverso la loro arte.

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La visione della vita di Charles Baudelaire attraverso i suoi ritratti. Deroy e Courbet

Fin da giovane Charles mostrò il suo carattere ribelle e indisciplinato. Venne presto espulso dal collegio a Lione, dove era stato mandato a studiare. Ciò nonostante, riuscì comunque a diplomarsi e ad intraprendere una brillante carriera letteraria. Divenne noto nell’ambiente parigino per il suo stile raffinato e distinto, un dandy dall’aria sempre un po’ fredda e distaccata per non farsi troppo coinvolgere. È così che viene infatti raffigurato in diversi ritratti.

Nel 1844 Émile Deroy realizza un “Ritratto di Charles Baudelaire”, quando il poeta non era ancora all’acme della sua fama. Il ritratto, che Baudelaire teneva nel suo studio nel centralissimo Hotel de Pimodan sull’isola di Saint-Louis, mostra il poeta seduto e vestito con un elegante abito di stoffa nera, con una mano che sostiene il capo e l’altra poggiata sul braccio della poltrona, guarda con occhi magnetici verso lo spettatore.

«Non so come finire il ritratto di Baudelaire; ogni giorno viene con una faccia diversa» – Gustave Courbet

Uno dei ritratti più celebri sulla figura di Charles Baudelaire è quello realizzato da Gustave Courbet nel 1848, oggi esposto al Musée Fabre di Montpellier. In un suo scritto il pittore confessa di essere in lotta con se stesso nel ritrarre il volto di Baudelaire. In questi anni infatti i due si frequentavano spesso. Il poeta compare anche in un altro dipinto di Courbet, “L’atelier dell’artista” (Parigi, Musèe d’Orsay). In entrambe le raffigurazioni, il poeta è colto mentre è intento a leggere un libro. Si tratta di due testimonianze della loro amicizia nata nel 1848, da un incontro alla Brasserie Andler, un ritrovo di artisti e intellettuali. Il poeta entrò così nel circolo di Courbet, soprannominato “Il tempio del realismo”.

Manet, Latour e Kupka

Tra gli amici di Baudelaire vi era anche il pittore Édouard Manet, che decise di commemorare il poeta ritraendolo, insieme ad altre personalità all’interno di un parco parigino, nel suo dipinto “Musica alle Tuileries” del 1862 (Londra, National Gallery). Manet realizzò per Baudelaire anche uno schizzo del suo volto.

Nel 1864 l’immagine del poeta compare anche nel dipinto “Omaggio a Delacroix” di Henri Fantine-Latour, seduto sulla destra con il volto contratto, accanto a Jules Champfleury, Édouard Manet, Félix Bracquemond e Albert de Balleroy.

Charles Baudelaire compare anche nell’astrattismo eclettico di František Kupka – “Ritratto di Baudelaire” 1905 -, raffigurato in una veste gialla che evoca l’ossessione. Il giallo è anche il colore della bile, strettamente connesso -già secondo la teoria umorale di Ippocrate- ai toni malincolici, che furono tema centrale del poeta francese.

Muse in arte. Jeanne Duval, Madame Sabatier e Marie Daubrun

Diversi sono anche gli artisti che hanno voluto celebrare attraverso la loro arte le muse del poeta. Furono ben tre infatti le donne con cui egli intrecciò relazioni: Jeanne Duval, Madame Sabatier e Marie Daubrun. Le tre muse vengono rappresentate mentre ispirano i versi di Baudelaire, nell’illustrazione di Laurent Paturaud. FuÉdouard Manet invece a ritrarre Jeanne Duval nel 1862, danzatrice, attrice e amante di Baudelaire, le fu dedicato un ritratto commemorativo per la morte avvenuta in quell’anno.

Mentre a Madame Sabatier, donna di estrema intelligenza e di rarissima bellezza molto nota negli ambienti intellettuali, viene dedicata la scultura nel 1847 di Auguste Clesinger “Madame Sabatier La Présidente”. Nel 1850, inoltre, viene ritratta come la musa di Baudelaire dal pittore Vincent Vidal.

“I Fiori del Male – Les Fleurs du Mal” di Charles Baudelaire. Maurin, Rochegrosse e Decisy

«Uomo libero, sempre tu amerai il mare! Il mare è il tuo specchio; tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima. Il tuo spirito non è abisso meno amaro.» – Charles Baudelaire, I Fiori del Male – Les Fleurs du Mal, “L’uomo e il mare”

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Le assidue frequentazioni di Baudelaire con gli intellettuali dell’epoca, dediti all’esplorazione delle esperienze e delle allucinazioni prodotte dalle assunzioni di droghe e di alcool, quali hashish e oppio, lo condussero verso una vita caotica e dedita ai vizi. Furono questi aspetti che hanno portato a definirlo “il poeta maledetto”.

È proprio questo malessere il tema attorno alla quale ruota il suo capolavoro celebre in tutto il mondo: “I Fiori del Male- Les Fleurs du Mal”. Associando i fiori al male, il poeta vuole infondere il concetto di estrazione della bellezza dal dolore. Anche nel male esiste un fascino, come i fiori che continuano ad esistere e a crescere nella terra. Così anche l’uomo che è sottoposto al male, allo sconforto, alla decadenza sociale, al vizio, alla malattia fisica, può sfuggire dalla realtà oppressiva attraverso un viaggio di liberazione dell’anima che lo porta fino alla morte.

A “I Fiori del Male” di Baudelaire è dedicato il dipinto di Charles Maurin del 1891, dove caos e sregolatezza regnano sovrani. Corpi di donne nude, riverse in riva al mare, e uomini in stato di ebrezza. Nel 1911 un’illustrazione dedicata a “I fiori del male” venne realizzata da Georges Rochegrosse e Eugène Decisy, dove il poeta è raffiugurato seduto mentre viene circondato dai suoi fantasmi della mente (“Charles Baudelaire circondato dai fantasmi”).

L’anima di Baudelaire. “Spleen et idèal” di Carlos Schwabe

«Non pretendo che la gioia non possa accompagnarsi alla bellezza; ma dico che la gioia è uno degli ornamenti più volgari, mentre la malinconia è della bellezza, per così dire, la nobile compagna, al punto che non so concepire un tipo di bellezza che non abbia in sé il dolore.» – Charles Baudelaire , I fiori del male – Les Fleurs du Mal, “L’Albatro”

“Spleen et idèal” è un dipinto di Carlos Schwabe del 1907, ispirato al titolo della prima parte della raccolta lirica “I Fiori del Male” di Baudelaire. Per il poeta lo spleen rappresenta una forma incurabile di noia che sfocia nell’angoscia dolorosa; mentre l’idèal raffigura l’amore, la purezza, la via di liberazione dal male di vivere che è data dalla magnificenza della poesia. La poesia è una forma di ribellione alla sofferenza del mondo, che dona all’uomo un piacere momentaneo ma intenso nel quale rifugiarsi. Questo eterno contrasto tra bene e male, amore e odio, bellezza e sofferenza, lo troviamo anche nel dipinto di Schwabe, dove le due energie dualistiche si intrecciano inesorabilmente fra loro.

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“L’invito al viaggio” ispira Matisse

«Là tutto non è che ordine e beltà, lusso calma e voluttà.» – Charles Baudelaire

La raccolta lirica “I Fiori del Male” venne denunciata poiché ritenuta scandalosa per i temi trattati. Nel 1861 Baudelaire ne realizzò una seconda edizione, eliminando le poesie “condannate” e aggiungendone delle nuove. “L’invito al viaggio” è una di queste. Nel componimento il poeta ritorna sul tema del male di vivere, individuando nel viaggio uno dei pochi rimedi per evadere da una realtà corrotta dallo svolgersi del tempo.

I versi ripetuti nella poesia “Lusso, calma e voluttà” hanno dato il titolo al dipinto (in realtà ben due versioni: Musée d’Orsay di Parigi, 1904 e Centre Pompidou di Parigi, 1907) di Henri Matisse. Rappresenta un’utopistica visione dell’eden, in cui convivono in un felice sposalizio uomo e natura.

«Dei suoi occhi spenti le lacrime molli,
L’aria affranta, lo stupor, la cupa voluttà,
Le sue braccia vinte, gettate come armi vane,
Tutto serviva, tutto ornava la sua fragil bellezza.»
– Donne dannate – Delfina e Ippolita, Charles Baudelaire (Femmes damnées – Delphine et Hippolyte)

Tra i componimenti “condannati” della prima edizione de “I Fiori del Male”, vi era “Femmes damnée. Delphine et Hippolyte” che ispirerò un quadro erotico di Gustave Courbet, intitolato appunto noto come “Il Sonno” (Parigi, Petit Palais, 1866), in cui rappresenta l’amore consumato tra due donne amanti, Delfina e Ippolita.

«Mi pareva che quella musica fosse la mia e che la conoscessi come ogni uomo riconosce le cose che è destinato ad amare» – “Lettere”, Charles Baudelaire a Richard Wagner

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