Vasilij Kandinskij (1866-1944), prima di diventare un grande pittore, è stato un violoncellista di grande fama, dato non trascurabile per poter iniziare l’approccio a questa stimata opera d’arte nota come “Composizione VII” di Kandinskij. Apparentemente descrivibile come una serie di linee e colori riportati sulla tela in modo quasi disordinato e casuale, in realtà bisogna leggerla come uno spartito musicale sulle note di un’armonica sinfonia. Il grande monumentale olio su tela del 1913 è attualmente conservato alla “Galleria Tret’jakov” di Mosca, oltre che un punto di svolta, viene considerato uno delle opere simbolo del movimento dell’astrattismo.
Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita. – V. Kandinskij
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Composizione VII di Kandinskij. Il potere della sinestesia
A sinistra, in basso, attraverso il bianco e i colori chiari simbolo di purezza, possiamo dedurre una sorta di silenzio: proprio come nel momento in cui il Maestro alza le braccia e i musicisti si preparano per iniziare a suonare gli strumenti musicali. Colori caldi e freddi attraverso linee morbide, forme ondulate e avvolgenti, corrispondono a varie sequenze di suoni e conducono man mano verso il centro del dipinto, che costituisce la prima parte del movimento vero e proprio. Ritmo e tensione danno il via ad una innumerevole quantità di colori accesi e brillanti per giungere verso misure frastagliate, intricate, frenetiche. La seconda parte del movimento richiama invece colori sia tenui che freddi, per sfociare nell’ultima parte dell’opera in una composizione vorticosa che si getta su toni molto più cupi e tendenti quasi al nero, in un non-suono, ben diverso dal punto di partenza.
Realizzata in soli quattro giorni di lavoro, dal 25 al 29 novembre 1913, ma preceduta da circa e oltre trenta bozzetti, “Composizione VII” di Kandinskij rappresenta uno spartiacque fondamentale nella produzione del pittore moscovita. Le fasi del suo lavoro sono documentate dalle fotografie realizzate dall’artista Gabriele Munter. Qualsiasi rimando alla realtà e alla vita di tutti i giorni è praticamente impossibile rispetto a ciò che vediamo e che viene riportato sulla tela.
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L’arte di comunicare attraverso il colore e la forma
Proprio il colore è il vero protagonista della scena. Da colori prevalentemente estivi e luminosi, come il giallo e l’arancione o il verde e il viola, si passa drammaticamente a toni molto più spenti e bui, come il blu e il nero. Il quadro simboleggia l’inizio e la fine del mondo, la genesi e l’abisso. Si potrebbero interpretare temi particolarmente ricorrenti nelle opere dell’artista russo quali: la resurrezione, il giudizio universale o la genesi. Ma quel che ci suggerisce l’artista e la sua opera è proprio la chiave dell’astrattismo vero e proprio: non è realizzabile alcun tipo di collegamento logico con ciò che ci circonda per cui lo spettatore si crea una visione del quadro del tutto propria e individuale.
Sono i vari toni di colore e le forme geometriche a comunicare con lo spettatore, a fare la realtà, e in questo modo l’artista vuole manifestare un modo di fare arte tutto proprio, tipico dell’avanguardia astrattista. Tutte le opere sono il frutto di un intenso lavoro e di una forte carica emotiva. Facendo particolarmente attenzione si può notare che nessuna forma e nessuna combinazione di colori si ripete. Le linee rette e curve generano l’originalità e la stessa creatività dell’artista che nasce dalle sue esperienze di vita dal 1909 al 1913. Un periodo di vera e propria «necessità interiore» – così definita dallo stesso pittore – in cui le forme e i colori scaturiscono in maniera spontanea dalla sua fantasia, diventando la massima espressione della sua visione della vita.
Ogni opera d’arte è una creatura del suo tempo, spesso è madre dei nostri sentimenti. Ogni epoca di cultura realizza così una propria arte, che non può essere ripetuta. – Vasilij Kandinskij
Nulla da dire. Solo fare cose. Belle