“Starry Night” di Edvard Munch: significato, analisi e confronti
“Starry Night” di Edvard Munch è una notte stellata di Åsgårdstrand. A leggerne il nome, sembra quasi di catapultarsi nel pieno della mitologia norrena con Thor ad Asgard e tutti gli eroi. Invece è una città dal magico paesaggio scandinavo.
Il dipinto è del 1924 e si trova nel “Munch Museum” di Oslo. Probabilmente Edvard Munch si è ispirato proprio a “La notte stellata” di Van Gogh, ed è l’ultimo di una serie di rappresentazioni notturne creata a cavallo tra l’800 e il 900. L’intento era proprio quello di catturare e fermare le emozioni suscitate dalla notte e dal cielo stellato. Munch riesce con abilità unica a riprodurre graficamente le sue emozioni in tutta la loro autenticità, diventando per questo uno dei maggiori esponenti dell’espressionismo.
Seguendo la scia delle stelle. “Starry Night” fonde le emozioni dell’uomo e della natura
Le opere del periodo di ritiro sulla costa norvegese sono accomunati da tratti tecnici e pervasi da un sesno di calma interiore. Sono in prevalenza quadri notturni, invernali, di colore blu, che prendono la luce dal cielo stellato. Le stelle hanno sempre attratto Munch; se ne è servito come filo conduttore per catturare le emozioni di silenzio, magia e quieta notturna. In quest’ottica il paesaggio in sè perde d’importanza e il cielo diventa unico soggetto, trapuntato di luci soffuse e specchio che amplifica l’animo e le sensazioni umane.
Gli elementi rappresentati nel quadro -la battigia, i gradini, gli alberi con il loro riflesso di luce quasi spettrale e la staccionata- sono disegnati con noncuranza. L’oceano brilla al riflesso delle stelle e della luna, ma non se ne percepisce la fine perchè è tutt’uno con il cielo. Anche la terra, sul lato sinistro della composizione, è appena visibile e quella dietro il grande gruppo di alberi è praticamente invisibile se non viene osservata scrupolosamente. Alla fine, tutti gli elementi sono fusi insieme. Sembra che Munch voglia sottolineare come in natura non ci siano limiti definiti. I vincoli sono cosa tutta umana, terrena, soggettiva, così come cambia il paesaggio al mutare dello stato d’animo di chi lo osserva.
Il significato delle luci e le ombre in “Starry Night”. A cosa si ispira Munch?
Il blu è il colore dominante e potrebbe trasmette una certa malinconia legata al paesaggio, ma gli spruzzi di verde brillante nel cielo danno un senso di vivacità e di apertura a nuove emozioni. Alcuni punti dell’opera presentano un colore molto denso, mentre altri sono più fluidi, per far emergere segmenti di cielo più chiari o altri fenomeni celesti. Edvard Munch non sembra ricercare la solitudine e riempie il quadro con vari punti luce: quella proveniente dalle finestre delle case lontane, quella della luna e soprattutto con quella delle stelle che si riflettono nell’acqua. A destra poi c’è una luce vividissima che fuoriesce dagli alberi con un’ombra proiettata sui gradini della veranda.
Ma di ombre è pieno il quadro: come il profilo di Munch, una specie di autoritratto nascosto, che forse riprende il concetto di ombra da “Shadow” di Christian Andersen. Nel racconto illustrato, l’ombra è un’entità molto forte, che esige rispetto, diventando quasi un personaggio reale.
Troviamo poi l’ombra in fondo alle scale. Questa ci rimanda ad un’altra fonte di ispirazione per Munch, l’opera “John Gabriel Borkman” di Henrik Ibsen, altro grande artista norvegese. Lo scrittore racconta la storia di un banchiere che per fare carriera agisce illegalmente, sacrifica l’amore di Ella, sposando la gemella Gunhild, distruggendo la vita dell’intera famiglia. Ma nell’ultima scena della commedia, il protagonista fugge nella natura, nella neve e cercha di trovare il suo primo amore. Munch si identifica con questo personaggio, per il suo animo travagliato e traumatizzato dai suoi amori passati, e definisce l’opera come: «Il più potente paesaggio invernale dell’arte scandinava».
Forse l’ombra più visibile del dipinto è quella dei due innamorati davanti la staccionata. Anche in questo caso le figure sono indefinite, solo abbozzate e non si riesce a capire se guardano il mare o le stelle.
La “Notte stellata” di Munch e “La notte stellata” di Van Gogh a confronto
“Starry Night” di Edvard Munch prende probabilmente ispirazione dalla famosa “La notte stellata” di Vincent Van Gogh, anche lui artista con un’esistenza abbastanza problematica. Le visioni dei due pittori sulla vita e sull’arte sono strettamente correlate, anche se non si sono mai incontrati. Le loro vite sono molto simili per molti aspetti.
Nell’arte li accomunano diversi elementi: l’intensità dei colori utilizzati e della rappresentazione, la necessità di inserire elementi cupi o al contrario appassionati. Tra i due lavori c’è una differenza temporale e geografica. Quella del pittore olandese viene dipinta sul Rodano nel 1888, quella del pittore ad Oslo tra il 1922 e il 1924. Ma la notte, per entrambi gli artisti, ha un’importante valenza simbolica e poetica. In entrambe le opere gli elementi cielo, terra e acqua interagiscono perfettamente tra loro, non ci sono delimitazioni. Anche le città illuminate sullo sfondo sono posizionate più o meno alla stessa distanza dall’osservatore.
Forse una differenza, non sottile, si riscontra proprio nelle stelle. Van Gogh le crea lucenti nell’acqua, sfavillanti, quasi in movimento. Gli astri di Munch sembrano dei pianeti più statici. Sembra quasi che il cielo stellato di Munch sia più triste e malinconico e che quelle stelle vogliano raccontare una visione del mondo e della vita più che mai realistica, con poche aperture alla speranza.
«Interpretare intense emozioni nel momento in cui si lavora in presa diretta sulla natura – o la natura osservata in termini di intense emozioni −, questa è un’operazione che logora atrocemente i nervi. Prendere atto, nell’arco di poche ore, della natura assolutamente indifferente di cui si è parte. E di conseguenza, nel corso di quelle poche ore, permetterle di trasmutarsi attraverso la trasparenza degli occhi – camere del cervello – del cuore – e dei nervi, che la loro stessa passione surriscalda. L’incandescente fornace della mente divora con ferocia il sistema nervoso (Van Gogh – parzialmente anch’io).»
Curiosità. Dove si trova la Notte Stellata di Munch?
Il paesaggio rappresentato in “Starry Night”è la costa di Åsgårdstrand, una piccola località balneare a sud di Oslo, conosciuta e apprezzata dagli artisti di fine 800 per la sua luce molto speciale. È qui che Munch, poco più che 20enne, trascorre le sue estati. Ma è solo dopo una lunga assenza dalla Norvegia che si innamora del paesaggio marittimo scandinavo e in particolare delle spiagge sassose che precedono i fitti boschi. Il ritorno in patria avviene in seguito ad un crollo mentale del pittore. Il suo equilibrio fisico e soprattutto psichico è molto labile, segnato già dall’infanzia dalla morte della madre e della sorella. Nell’autunno del 1908 le condizioni di salute si aggravano ulteriormente, a causa anche della sua dipendenza dall’alcool.
«Ero al margine della follia, sul punto di precipitare.»
Oggetto di devastanti allucinazioni e manie di persecuzione, viene ricoverato a lungo presso la clinica psichiatrica del dottor Daniel Jacobsen a Copenaghen. Si sottopone ad una dura terapia, fatta di diete ferree, bagni con varie sostanze e trattamenti con elettroshock. La degenza dura 8 mesi, e nel 1909 Munch può finalmente fare ritorno in Norvegia. Si stabilisce a vivere sulla costa e lì dipinge guardando il paesaggio dalla sua casa. L’animo così rasserenato si riflette nelle opere, che trasmettono un senso di calma e armonia. Si tingono di colori più vivaci e meno pessimisti.
