
«Un grande poeta è meno inventore che scopritore», asseriva così Averroè. Gli farà eco Giulio Paolini -con “Giovane che guarda Lorenzo Lotto” ad esempio- considerando vana l’invenzione di qualcosa se la si può riscoprire nel passato. L’artista genovese è conscio che nessun atto artistico comporterebbe una rivalorizzazione del museo, considerato come traccia del passato. Si possono rendere attuali solo frammenti, servendosi non di copie, ma del miglior procedimento di riproduzione meccanica: la fotografia.
È un mezzo che acconsente di abolire ogni intervallo con un tempo distante. Nel momento storico in cui produce Paolini, ogni sicurezza sull’irrepetibilità dell’opera e dell’artista viene meno, la figurazione del passato, quindi, è l’unico mezzo rimasto per poter illuminare le menti degli artisti. Non è un atto di imitazione fine a se stessa, ma è un modo di intendere l’arte attuale ed i suoi meccanismi. Un esempio di questa filosofia dell’arte lo si ritrova nel “Giovane che guarda Lorenzo Lotto” di Giulio Paolini.
“Giovane che guarda Lorenzo Lotto” di Giulio Paolini. Il salto nel passato e il nuovo spettatore
Secondo la sua concezione, la creatività non ha il fine di riscoprire. Con questa azione creativa, Paolini può confrontarsi con le differenti circostanze ingegnose e produrre, così, un complesso di relazioni con situazioni remote che divengono odierne. Il suo atto creativo si forma sulla fotografia dell’opera del passato, semplice riproduzione apparentemente, oggetto effettivo in realtà. È il caso del “Giovane che guarda Lorenzo Lotto” di Giulio Paolini, rispolverando l’opera “Ritratto di giovane” di Lotto (1505), conservata agli Uffizi.
A primo impatto potrebbe non essere considerata un’opera, un’elaborazione intellettiva ed effettiva di un artista. Da una parte una semplice fotografia; dall’altra, tuttavia, un procedimento mentale, un elemento linguistico che forma il titolo delle due opere in connessione con l’azione dello “sguardo”. Lo sguardo presume l’impiego degli occhi che possono essere raffigurati in un’opera come in una fotografia. È proprio lo sguardo l’elemento essenziale, poiché mette in moto un rapporto. Siamo consapevoli di osservare e, osservando, siamo a conoscenza di essere esaminati, di essere corrisposti. In quest’opera, colloca il fruitore al posto del pittore Lotto. Il mutamento non è soltanto quello dell’utilizzo dell’espediente fotografico, bensì quello del ribaltamento dei ruoli. Il riguardo non è posto più sull’opera, ma su chi osserva, la sua verità si sposta sul punto di vista dello spettatore.Il quadro non si compone più sull’oggetto artistico, sul suo soggetto, ma sull’utente che lo scruta.
Tutto ciò comporta a riconsiderare il processo della vista. L’opera analizzata aiuta a intendere la nuova posizione concessa a chi osserva una qualunque creazione artistica, la sua funzione è trasformata: da spettatore mascherato da pittore si ritrova ad autore mascherato da spettatore. Esplora, quindi, non soltanto il passato, ma anche la relazione tra autore, opera e spettatore. Anche il titolo dell’opera coadiuva a tale atto, la scelta infatti non è fortuita. Se il titolo dell’opera del pittore Lotto ci induce, come osservatore, ad esaminare il giovane ritratto, ora siamo osservati dal modello che è rivolto verso l’artista che lo ritrae.
L’opera di Lotto venne corredata di due sequenze temporali. Da una parte Paolini scattando una fotografia in bianco e in nero, diversa dall’originale a colori su tela, crea una separazione, sottolineando la differenziazione tra originale e la sua appropriazione. Dall’altra parte il giovane ci guarda da un altro tempo storico, ma è come se in quel frangente fosse scattata una foto: l’attualità. Le sue opere sono indirizzate all’atto di recupero della dimensione del passato. È possibile? Da una parte la cognizione di non poter padroneggiare un brano di storia dell’arte, dall’altra l’atto di guardare gli occhi del ragazzo che ci osservano. Da una parte la malinconica, la certezza di un recupero inattuabile; dall’altra parte un passato come un momento pregnante. La verità della figurazione è nello sguardo dipinto del ragazzo che fissa per tutta la durata dell’opera l’artista. Paolini rese percettibile grazie a questa composizione l’atto del visibile.
Giulio Paolini e il rapporto con il passato
Paolini, rispetto ad altri artisti che nello stesso periodo ripresero le diverse opere del passato, compie questa forma di rivalorizzazione con un differente significato: la nostalgia per l’irrecuperabile passato, un aspetto basilare nella sua percezione della storia. Il frammento del passato appare come un prodotto in attesa di un’ultimazione futura. Un compimento che avviene, nel suo progetto artistico, servendosi della fotografia, replicando l’immagine storica in un ambito diverso da quello originario.
In questo modo, avrà di fronte molteplici dimensioni temporali. La fotografia consente di appropriarsi di un momento non vissuto, lontano. Tale modalità diviene un nuovo mezzo per poter far “congiungere” intervalli temporali diversi, se non distanti. Paolini imposta la sua poetica sul passato dichiarandola un atto inconscio. Le opere riemergono tra i ricordi, non vengono ricercate dall’artista. Per l’artista, la memoria è posta alla stregua di un archivio da consultare quando lo permette. Le opere d’arte del passato non possono essere cercate, sono loro a ricomparire nell’intelletto.
La differenza con la generazione dei ’70 e ’80
La sua poetica condizionò la generazione seguente di artisti italiani tra gli anni Settanta e Ottanta. Essi, tuttavia, riutilizzavano il passato con un valore differente dalla pratica di Paolini. L’artista genovese non recuperava le opere d’arte in modo diretto, ma con mezzi che servivano da mediatori come la fotografia e il calco. Per le sue creazioni di frequente viene accostato – a torto – il termine “citazione”. Con questo vocabolo si indica il gesto di citare o essere citati. L’opera di Paolini non si compone concretamente nel recupero passivo di un’opera del passato. L’utilizzo della fotografia diventa un procedimento per percorrere il tempo.
L’ideale artistico di Paolini si può riassumere in due parole- chiave: Recuperare ed Estrapolare. Da una parte recupera il passato, cerca di tornarci, dall’altra connota la dimensione remota di un nuovo senso per mezzo del gesto artistico. È necessario tenere a mente che Giulio Paolini opera durante gli anni nei quali viene attuata una rivalutazione della cultura classica, propria degli anni Settanta. Per l’artista l’ideazione non consiste obbligatoriamente nell’atto creativo derivato dal nulla, ma può comportare una rielaborazione di qualcosa già presente nella storia dell’arte.