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Gli omini di Keith Haring dai graffiti della metropolitana di New York
Keith Haring è considerato uno dei maggiori Pop Artist di sempre e uno dei padri della Street Art. Nato in Pennsylvania nel 1958, la svolta per il giovane Keith Haring arriva col trasferimento a New York. Nella Grande Mela trova uno svariato spaccato sociale e un ambiente vivace in cui esprimere liberamente la sua arte e la sua identità gay. Resta particolarmente colpito dalla bellezza e dalla spontaneità dei graffiti nelle metropolitane. Si mette così a disegnare senza tregua con il gesso bianco sulla carta nera dei manifesti pubblicitari nelle stazioni della metropolitana di New York, che diventa ben presto il suo atelier con una esposizione permanente.
Nel 1982, la sua prima mostra personale alla “Shafrazi Art Gallery” di New York include disegni, teloni dipinti, sculture e lavori in loco. Il successo è grande: Keith Haring è molto di più di un graffitista o di un fantasioso decoratore. Si divide tra il lavoro nel suo studio sulla Ventiduesima e quello sui muri della città. Lo studio è un magazzino vuoto nel quale dipinge a porte aperte, non solo per sfruttare al meglio la luce, ma anche per far conoscere la sua arte a chiunque passi di lì. Accetta i consigli di curiosi, barboni e ubriachi della zona.
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L’attività è frenetica, straripa di idee, arte e attivismo. Il mondo visionario e naif di Keith Haring traspare gioioso e violento e lo dipinge su tutto: plastica, metallo, carta, oggetti.
Popular art e Pop Shop. La filosofia dell’arte aperta a tutti
Formatosi con la cultura dei fumetti paterni, ma anche con quella dei Maya, dei pittogrammi giapponesi e di Picasso, Keith Haring elabora presto una propria filosofia dell’arte: la “Popular art”. Diventa uno dei più grandi difensori dell’accessibilità dell’arte, un tipo di arte che deve essere per tutti, senza alcun privilegio. Ne dà dimostrazione molte volte, disegnando gratuitamente sulle magliette dei bambini che lo fermavano per strada e sui motorini dei suoi fan, o spargendo i suoi omini sulle strade nel mondo. Molti amici e colleghi lo esortano anche a dipingere di meno per preservare il suo “marchio”… ma senza troppi risultati. Keith lotta fino all’ultimo per mantenere la propria libertà e dare sfogo alla sua vena creativa.
Sulla linea delle sue idee, Keith Haring è il primo a “commercializzare” l’arte fondando un vero e proprio negozio personale: il Pop Shop. Qui vende magliette, tazze e articoli di vario genere con opere sue e di colleghi contemporanei (Scharf e Basquiat, ndr.). Una visione oggettistica dell’arte ispirata proprio da Andy Warhol, che conobbe ed appoggiò Keith nel corso del suo percorso artistico. Praticamente il Pop Shop diventa un’estensione del suo lavoro, una boutique divertente dove la sua arte è veramente accessibile a tutti.
Descrizione opere di Keith Haring: significato e spiegazione
«Ecco la filosofia alla base del Pop Shop: volevo continuare questo stesso tipo di comunicazione dei disegni della metropolitana. Volevo attirare la stessa vasta gamma di persone e volevo che fosse un posto dove, sì, non solo i collezionisti potessero venire, ma anche i bambini del Bronx. Il punto principale era che non volevamo produrre cose che avrebbero sminuito l’arte. In altre parole, questa era ancora una dichiarazione d’arte.» – Keith Haring
La tecnica di Haring ricorda quella dell’Espressionismo astratto di Pollock, con opere realizzate in modo improvvisato e di getto. Il suo stile è caratterizzato da colori molto accesi, a volte allegri e fantasiosi, altre spietati con tematiche di attualità e attivismo. I colori più utilizzati sono il giallo, il verde, il blu e il rosso, sempre delimitati da una spessa linea nera o bianca [caratteristiche base per disegnare come Keith Haring]. Non ricorre a particolari riflessi o giochi di luce. La forza delle sue opere sta proprio nelle sagome che dominano la scena. Le opere di Keith Haring si trovano oggi per il mondo ed, alcune, conservate nel Museum of Modern Art di New York, UCCA Center for Contemporary Art di Pechino e Museum of the City of New York.
“Tuttomondo” di Keith Haring irradia un messaggio di pace
In Italia è conservata un’opera memorabile del genio della Pop Art a Pisa: “Tuttomondo” di Keith Haring. Si staglia sulla parete della chiesa di Sant’Antonio a Pisa. L’idea nasce dall’incontro a New York con un giovane studente pisano che lo invita a trascorrere del tempo in Toscana. “Tuttomondo” cela un messaggio universale, proprio nella scelta del muro da disegnare: la parete esterna del Convento distrutto parzialmente dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla realizzazione dell’opera partecipa emotivamente tutta la città fermandosi ad ammirare Haring che lavora.
“Tuttomondo” di Keith Haring è il murale più grande d’Europa, concepito come un’opera permanente. Racconta la pace, la felicità e l’armonia universale attraverso gli incastri delle 30 figure che popolano i 180 metri quadrati della parete. I personaggi sono distribuiti in modo omogeneo per creare un’opera senza un punto centrale.
Ognuno ritrae un diverso aspetto del mondo in pace. Gli omini a forma di forbici rappresentano la collaborazione tra gli uomini per sconfiggere il serpente, cioè il male, già pronto a mangiare la testa della figura accanto. L’omino che tiene in mano un cuore esprime l’uguaglianza tra tutte le culture del mondo, mentre la donna con in braccio il bambino rimanda alla maternità. I due uomini che sorreggono il delfino richiamano invece il rapporto con la natura. L’omino con la testa a forma di TV è simbolo della comunicazione, ma anche un monito nel caso in cui l’informazione venga usata per diffondere l’odio. Al centro dell’opera è presente un gruppo di quattro persone unite a croce a formare il simbolo di Pisa, la croce pisana. Lo spazio tra le forme è riempito di linee spezzate per dare ancora più l’idea del movimento, facendo quasi sembrare che tutta l’opera si muova a ritmo di musica.
Cosa sono gli omini di Keith Haring. I Radiant boys
Delinea forme la cui stilizzazione e semplificazione grafica le rende icone universali, come nel caso dei “Radiant boys”, gli omini di Keith Haring -in inglese stick man- peculiari della sua arte. L’invenzione degli omini nasce principalmente dall’influsso della pittura rupestre, in particolare quella precolombiana. Il suo interesse era nutrito anche delle incisioni presenti sulla Colonna Traiana a Roma. Nell’opera di Keith Haring gli omini stilizzati sono tanto indefiniti nei tratti che assumono valore perchè incarnazione degli stessi sentimenti e messaggi di cui si fanno portatori. Ballano, saltano, si abbracciano, si amano. La gioia della vita esce dai margini del disegno e la voglia di viverla inonda di colore. Prendono forma i principali fondamenti della vita umana: l’amore, la morte, la vita, la paura, la pace.
L’attivismo di Keith Haring: il Muro di Berlino e l’AIDS
Keith Haring ha dipinto il muro di Berlino per un centinaio di metri, non troppo lontano dalla Porta di Brandeburgo. Durante un suo viaggio in Europa, Keith Haring è stato invitato da Rainer Hildebrandt, fondatore del Checkpoint Charlie Museum, ad intervenire proprio sul muro. Per tutta la notte i lavoratori del museo hanno dipinto di giallo 100 metri di muro. Il giorno successivo Keith Haring vi ha inserito una serie di figure intrecciate in rosso e nero, replicando i colori della bandiera tedesca. Il graffito è stato fortuitamente realizzato solo 3 anni prima della caduta del muro di Berlino.
Gli omini di Keith Haring sono quindi anche un simbolo delle lotte che ha vissuto e portato avanti nella sua vita, come contro l’AIDS e l’Apartheid. Un esempio è il murales realizzato da Keith Haring al Woodhull Hospital di New York: i pazienti vengono accompagnati da figure umane esuberanti e colorate lungo l’atrio e due corridoi. La causa AIDS (fonda la “Keith Haring Foundation”, ndr.) deriva dalla diagioni ricevuta nel 1988. Riconosciuto pubblicamente di averla, si fa promotore di campagne decisive in quegli anni contro l’AIDS, contro la droga e contro la discriminazione verso gli omosessuali. Muore proprio di AIDS a soli 31 anni.





