Creatività e misura: queste sono le due componenti fondamentali dell’arte di Joan Mirò, artista spagnolo nato alla fine del XIX secolo. A primo acchito la sua produzione sembra incontrollata, casuale, libera, costellata di silhouette dai tratti quasi “bambineschi”, un vero e proprio divertissement. Tuttavia dando uno sguardo più profondo, si può notare che ciò non basta a descrivere la sua arte che oscilla tra negazione di ogni schema da una parte e autocontrollo, libertà eppure scelta precisa. Un vero e proprio equilibrio, un punto di incontro tra due modi contrapposti. È necessario in primis tener presente questo dato e soprattutto sdoganare l’idea che l’arte di Mirò si basi su semplici figure, che abbia un procedimento “semplice”.
Il surrealismo di Joan Mirò e la scrittura automatica per sondare l’inconscio
“Terra arata” segna l’avvicinamento di Mirò al surrealismo, dopo le prime fasi di sperimentazione relative all’espressionismo e al cubismo. Mirò ripropone le figure e gli elementi tipici della sua pittura, ma stavolta li riduce all’essenziale, ispirandosi non alla realtà, ma al mondo dell’inventiva. Non attinge da ciò che ha visto e dal mondo tangibile, ma da una propria visione ed interpretazione dello stesso. Mirò va oltre ciò che è palpabile e giunge a una dimensione iperrealistica, nonostante ciò ogni oggetto è degno di essere raffigurato nei minimi dettagli.
Si spinge oltre il reale per arrivare al subconscio facendo parlare la sua mente. Come i surrealisti, anche il pittore spagnolo adoperò la scrittura automatica, iniziando gradualmente a distaccarsi dal realismo, che era invece presente nelle sue prime opere. In questo modo rende il pensiero totalmente libero e non vincolato ai canoni dell’arte consueta. Il sogno e l’immaginazione diventano le basi per raccontare. L’emozione è la base per creare un’opera, una componente tanto essenziale quanto “democratica” perchè può scaturire da qualsiasi oggetto, forma, elemento. Mirò crea così il dipinto, poi sceglie il titolo che diviene realtà, ricordando quel sentimento che ha fatto originare l’opera.
Cosa rappresentano i quadri di Mirò? Forma, colore e la nascita di un nuovo linguaggio
Con il cambiamento dello stile, dell’ideale e della visione della realtà, Joan Mirò affida al colore un nuovo ruolo: ormai è un mezzo comunicativo, insieme alle forme e alle linee dei suoi quadri. Forma e colore si uniscono, si fondono. Queste due componenti, insieme, ora formano un nuovo linguaggio. È il caso di “Siesta”, opera del 1925. Un azzurro si estende per l’intera superficie, non è omogeneo, varia da punto in punto dando la sensazione di “vivo”. Mare, cielo, nuvole, qualunque forma potrebbe essere soggetto. Pochi elementi, un colore vivido ed un effetto tridimensionale. Tutto è calcolato: la stesura del colore per ottenere questo risultato, l’armonia delle linee e con il colore stesso, i soggetti. Anche se a primo impatto sembrerebbe un’opera nata dall’impulso, tutto è stato inserito in modo volitivo.
Un input originato dalla realtà arriva alla mente del pittore che crea una nuova esperienza comunicativa. Ascolta il suo inconscio e dà vita a ciò che è sedimentato nelle profondità della sua persona. Questa nuova arte si basa su un’attenta pianificazione: un finto automatismo che nasconde un’impostazione attenta. Un calcolo che al contempo non fa venir meno l’emozione. Questo si avverte anche contemplando “La Nascita del mondo” del 1925. Mirò non si è ispirato a nessuna immagine, a nessuna figura già vista, ma le forme sono arrivate alla sua mente e subito dipinte sulla superficie irregolare. Una base di colla e vernice nera e trasparente, pulita in modo disomogeneo, sono la base del dipinto newyorkese. I colori sono sparsi quasi d’istinto con entusiasmo creativo, le forme e le linee invece aggiunte in un secondo momento. Nuovamente Mirò dimostra di saper dar vita ad un equilibrio tra la fantasia e il controllo.
La sperimentazione di diversi materiali
Mirò nel corso della sua carriera artistica sperimenta diverse tecniche e materiali. Ne è un esempio “Disegno – collage” del 1933, un collage che realizza proprio quando decide di abbandonare la pittura, volendo esprimere una completa autonomia, un affronto alla pittura stessa. Il pittore spagnolo ha un nuovo scopo, quello di raggiungere una libertà creativa. Vorrebbe ideare qualcosa di autogestito e automatico, ma con la serie dei collages si allontana completamente da questo scopo.
Mirò in queste serie riporta esattamente gli schizzi eseguiti precedentemente sui suoi quaderni di appunti. Forse proprio quest’ultimi conservano un frammento di automatismo. Ecco nuovamente l’equilibrio tra libertà e pianificazione. Uno sfondo omogeneo ospita ritagli di giornale, pezzi di carta presi da diverse riviste e ritagliati dall’artista stesso. Arricchisce il tutto con motivi lineari. Il risultato finale mantiene la freschezza dell’ideazione artistica, ma consente al contempo di cercare qualcosa di nuovo con diverse e numerose interpretazioni. Una continua ricerca tramite ogni forma e oggetto, verso la libertà.
Tra astrattismo e surrealismo. La ricerca infinita nelle opere di Joan Mirò
Joan Mirò è stato accostato a molte correnti artistiche, in particolar modo astrattismo e surrealismo, ma ciò non è del tutto veritiero. Bisogna precisare che il suo “astrattismo” è molto lontano e diverso da quello delle correnti e dei pittori del suo tempo. In cosa consiste la vera differenza? Mirò decise sempre di conservare la parte figurativa e mantenere la componente narrativa. Dunque non è un artista classificabile come astratto. Non è neanche classificabile come surrealista dato che la costituente onirica e profonda, in lui è adoperata con una connotazione meno esorbitante di quella dei surrealisti suoi contemporanei.
Il suo è un percorso prossimo al surrealismo, più che una completa adesione al movimento. Di base c’è sempre un progetto, un’idea ben studiata e non solo un’azione di getto. Si pensi che le realizzazioni di molte opere sono durate svariati anni e non sono state create in poco tempo, come molti pensano. Joan Mirò: né astratto, né surrealista. Come definirlo? Un artista mai stanco di sperimentare, sempre pronto alla ricerca, alla novità e a mettersi in gioco. Nonostante gli anni difficili che ha vissuto tra le guerre, era sempre pronto a mettersi alla prova e a voler trovare nuovi appigli, sempre pronto alla vita.


