
Il Vinavil nasce come una colla che può essere usata per diversi scopi e in svariati ambiti, facilmente adoperabile, in più nasce come prodotto molto economico. È stata ed è tutt’ora presente nella maggior parte delle case, usata nella nella vita di tutti i giorni. Adoperata da alcuni artisti divenne non solo un elemento alla stregua di colori e tele, ma un vero e proprio componente delle opere d’arte. L’uso del Vinavil, probabilmente, è stato quello più rivoluzionario nella storia dell’arte: da semplice colla viene adoperato all’interno di tele divenendo parte integrante dell’opera stessa.
La scoperta italiana dell’uso del Vinavil in arte
Sull’esempio dell’operato di Alberto Burri, dagli anni ’50, anche altri artisti italiani – e non – hanno adoperato questo materiale nel nuovo senso, cioè come componente dell’opera. Come mai proprio il Vinavil, rispetto ad altre colle o leganti chimici, è stato usato con una connotazione totalmente nuova? Sicuramente la sua versatilità ha aiutato molto. Difatti la maggior parte degli artisti adoperava questa colla rispetto ad altri collanti. Essendo un materiale versatile, risultò comodo da usare per diversi e molteplici fini, contribuendo alla realizzazione concreta di dipinti, di sculture e altre opere di natura artistica. La versatilità del materiale consiste nella sua natura acquosa quindi facilmente diluibile nell’acqua; la possibilità nel “riprenderla” semplicemente riscaldandola; si asciuga molto velocemente quindi dà all’artista un grande vantaggio per la creazione in modo accelerato; infine è un materiale molto flessibile e può essere adoperato insieme ad altri elementi.
Il Vinavil dagli anni 50-60 surrogò quasi completamente le altre colle ed, essendo un prodotto acquistabile in qualunque Paese, fu adoperato anche da artisti al di fuori del territorio italiano. L’accezione che gli viene data non solo come semplice materiale, ma come componente artistico vero e proprio è dovuta alle scelte degli artisti italiani. Come mai gli artisti italiani, gli artisti della nostra tradizione pittorica furono così incantanti da questa semplice colla? Sicuramente bisogna ricordare un fattore della nostra tradizione: la presenza costante di marmi bianchi, di stucchi adoperati nelle chiese e in altre strutture. Il bianco di questi elementi diffonde l’ideale di massa, di materia. Il Vinavil ricorda, quindi, il colore di queste decorazioni, ma anche la loro consistenza, la loro solidità. L’uso di questa colla rimanda per la sua natura versatile ad una ragione artistica e per la storia dell’arte italiana ad una ragione storica.
Alberto Burri fu il primo artista rivoluzionario nell’uso del Vinavil
La maggior parte della critica è d’accordo nel ritenere che il primo artista italiano che adoperò questa colla fu Alberto Burri. Diede molta rilevanza ai materiali, adoperandone nuovi e di natura svariata: stracci, sabbia, cortecce, tessuti ed altro ancora, dal materiale più umile a quello più raffinato, tutti adoperati con un nuovo fine, quello di rimpiazzare la realtà dipinta con quella materica. Con Burri, la colla divenne materia prima, un essenziale elemento, quasi basico per la realizzazione delle sue opere: protezione per la serie di “Catrami” e “Gobbi”, legante nelle serie delle “Muffe”, colla in quella dei “Sacchi”, basico nella serie di “Combustioni” e come vernice in quella dei “Cretti” e “Cellotex”.
L’effetto che egli ricerca è quello della modestia, lo stesso e identico effetto degli altri materiali adoperati dall’artista. Nella serie dei “Cretti”, l’uso del Vinavil consente all’artista di poter creare le crepe, le spaccature ricercate dallo stesso sulla tela, la possibilità di controllare totalmente i materiali. Adoperando la colla in un particolar modo, immischiandola con l’acqua, Burri stendeva il composto sulla tela con uno strato molto sottile che permetteva di creare fessure molto fini o quasi assenti, o ancora facendo delle incisioni o stendendo uno strato di colla molto liquido con l’aggiunta di acqua, riusciva persino ad aprire le crepe. Proprio lui, che ritornato dal Texas e dagli anni di reclusione aveva adoperato molti materiali di diversa natura, necessitava anche di un nuovo collante. Una nuova colla in grado di far tenere uniti gli elementi e in grado di tenerli saldi alla tela.
Altri artisti alle prese con questa nuova materia prima
Si comprende quindi che la natura del Vinavil permetteva di unire diversi elementi con diverse caratteristiche, permetteva di incorporare questi nuovi materiali sulla tela, era economico, alla portata di tutti gli artisti. Era neutro quindi facilmente adoperabile per qualsiasi scopo – anche come legante per colorazioni esclusive – e infine molto veloce nell’uso, poiché si asciugava molto rapidamente.
Divenne il tocco in più per dare fisicità alle proprie opere per Scialoja; il mezzo per rendere autonoma la superficie tramite l’opacità per Manzoni; un modo per poter lavorare senza la pittura per Fontana che quindi adoperò la colla con inchiostri per creare sostituti dei colori. Fu la base per la creazione delle serie dei “Décollage” di Rotella che adoperava la colla sia per unire i pezzi di carta – non trovandosi nella situazione economica di poter acquistare le tele – sia, servendosi della qualità termoplastica del Vinavil, per livellare i pezzi sformati e le eccedenze dei materiali usati sull’opera. Venne usato come legante sia per Pistoletto che per Merz, infine per Luisa Gardini divenne mezzo in grado di far modificare la natura di un materiale, ciò che è soffice diviene legnoso, ciò che è fine acquista consistenza, modellando a proprio vantaggio non solo gli elementi, ma l’intera realtà.
La scelta di usare il Vinavil nelle opere consolida la tesi già in auge della “sacralità” di questo materiale. Quasi un mito che ha permesso di arrivare a risultati mai raggiunti, ha permesso all’artista di sentirsi un plasmatore della materialità, ha permesso di poter esprimere tramite materiali di natura povera, messaggi importanti, facendo diventare l’artista un vero e proprio espositore della realtà.