
«Il mondo non è altro che una tela per la nostra immaginazione». Quando Henry David Thoreau scriveva queste parole, mai avrebbe immaginato di ispirare intere generazioni di street artists verso la creazione di una collezione di opere urbane che avrebbe permeato i muri di tutto il mondo. Tra gli urban poet più rappresentativi del movimento italiano, una menzione d’onore è riservata a Jorit Agoch.
Jorit Agoch contro le mancanze di un mondo che si è perso
Madre olandese e padre partenopeo, Jorit muove i primi passi nel capoluogo campano dove perfeziona la sua formazione presso l’Accademia delle belle Arti di Napoli e al contempo realizza le sue prime opere come graffitaro. Muri, stazioni, depositi industriali rappresentano lo scenario della sua primissima – e non sempre legale – attività pittorica. La condivisione di spazi e idee con colleghi provenienti da ogni parte d’Europa e del Mondo, gli permette di entrare in contatto con i movimenti no-global e, più in generale, con il mondo delle rivendicazioni dei diritti sociali da parte delle categorie meno abbienti.
È in questo periodo, tra il 2005 e il 2008, che Jorit inizia a disegnare la propria coscienza sociale. La passione e la militanza politica lo accompagneranno in tutte le sue attività e troveranno sfogo nelle sue opere concentrate per la maggior parte a Napoli, ma presenti anche in Paesi quali Argentina, Colombia, Bolivia, Cina e diversi paesi dell’Africa, che Jorit visiterà con periodi di permanenza sempre più lunghi.
Due strisce sul viso per riunire la sua Human Tribe
E proprio in Africa viene in contatto con riti iniziatici tribali come la scarnificazione, incisione sulla pelle dell’essere umano pronto, ormai, ad entrare nel mondo degli adulti. Questo rito rimane impresso nella mente e nella coscienza di Jorit, che decide di trasferirlo sulla pelle dei suoi soggetti come strisce rosse simmetriche sui due lati del viso. Inizia, cosi, la creazione della sua “Human Tribe”, persone di tutto il mondo, uomini e donne diverse ma unite da un comune sentire. Jorit parla, non a caso, di tribù. Una collezione di visi accomunati dall’idea che forse una società slegata dalle gerarchie sociali, dalla lotta di classe, dall’invidia e dall’egoismo civile è ancora possibile, nonostante un mondo sempre più veloce e che, sempre più spesso, lascia indietro chi a causa di uno svantaggio competitivo non riesce ad emergere tra la folla e troppo spesso viene dimenticato.
Attraverso la realizzazione di ritratti neo-realistici – alcuni critici associano il suo stile all’estremo dettaglio delle opere di Caravaggio, probabilmente anche per l’utilizzo di colori caldi tendenti alle diverse sfumature di rosso), Jorit sceglie di dar vita ad opere dal forte messaggio visivo e figurativo con sguardi intensi e attenti, occhi accesi e carichi. Tra le opere più iconiche della sua collezione, bisogna citare San Gennaro, gigantesca opera presente sui muri del rione Forcella, a pochi passi dal duomo che prende il nome del santo protettore di Napoli.
Alcuni dei murales più noti
A portare quei segni impressi sulla pelle sono anche personaggi che hanno saputo accentrare su di sè e trasformare in fatti i bisogni e i desideri di interi popoli. Maldonado a Buenos Aires (Argentina), Isabel Flores ad Aruba (Caraibi), Pablo Neruda A Santiago (Cile), San Gennaro, Ernesto Che Guevara e Diego Armando Maradona a Napoli (Italia) sono solo alcuni delle decine di soggetti che, pur vivendo in epoche storiche e in contesti differenti, entrano a far parte di quella tribù di attivisti, protettori del popolo e idoli di una parte di società stanca di soprusi, dell’ingiustizia sociale e che sogna un mondo di libertà e uguaglianza.
Si pensi, ad esempio, all’opera raffigurante Muhammed Ali, il più grande pugile di tutti i tempi, a Barra (Napoli, Italia) come metafora di lotta contro un avversario a prima vista imbattibile, come il virus che ha cambiato la quotidianità di tutto il mondo. Ancora, lo street artist rende onore a personaggi che hanno trasceso il proprio campo di applicazione. Di recente, il volto dell’ex cestista Kobe Bryant, morto tragicamente a causa di un incidente aereo, è apparso sui muri nei pressi di un campo da basket a Montedonzelli (frazione di Napoli, Italia). L’artista ha dato la possibilità, omaggiando quella che è stata una leggenda del basket mondiale già in vita, ai ragazzi e ragazze che vogliono avvicinarsi a questo sport, di poter avere accanto quotidianamente un punto di riferimento della storia dell’NBA.
Il San Gennaro di Jorit
Jorit, ad un primo sguardo, vuole rendere onore all’iconografia religiosa, forte come non mai nel capoluogo partenopeo. Bisogna stare attenti, però, ad un secondo livello di lettura: il viso del santo è diverso da quello presente su quadri e figure a carattere religioso. Jorit decide, infatti, di raffigurare un suo caro amico, 35enne e operaio di una fabbrica napoletana che per diversi mesi ha vissuto il dramma della cassa integrazione e del fallimento. Unire sacro e profano, religioso e umano, è una delle sfide più complesse dell’artista napoletano che sceglie i suoi soggetti anche in relazione al periodo e agli accadimenti di tutti i giorni.
I messaggi nascosti per la sua tribù
Ogni opera quindi ha un forte significato simbolico. Tra i colori caldi e le linee morbide dei soggetti raffigurati, Jorit nasconde dei messaggi e sceglie di giocare con la sua audience, con la sua tribù. Uno sguardo più attento, infatti, non può non notare alcune scritte nascoste nelle curve dei murales.
“Hasta Siempre” o “Tagliateci la testa” sui bordi dell’opera dedicata a Che Guevara sulla facciata di un palazzo di S. Giovanni a Teduccio a Napoli. “Ora rivoluzione” e “Essere Umani” negli occhi della sua opera raffigurante Maradona. Questi sono solo alcuni dei centinaia di messaggi nascosti, di slogan, citazioni che hanno come elemento d’unione la ricerca di un’azione, il suggerimento di un attivismo, non solo utile, ma necessario, affinchè più giustizia e più libertà possano far parte di un mondo che va veloce, ma non per forza nella giusta direzione. Jorit vuole, forse, iniziare un gioco con il suo pubblico: la ricerca delle sue opere e dei relativi messaggi possono essere un’ulteriore spinta a viaggiare, a muoversi, a scoprire il bello del mondo, magari disegnato su un muro.