La “Bella principessa” di Leonardo da Vinci. Un altro enigma femminile

Quando si ammira un quadro di Leonardo da Vinci, soprattutto quando raffigura una donna, scatta subito il mistero. E di interrogativi ne aleggiano tanti intorno il dipinto “Bella principessa”, a partire proprio dalla paternità dell’opera.

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“Bella principessa” è davvero di Leonardo da Vinci?

Il soggetto, risalente al 1495 circa, è stato dipinto su pergamena utilizzando gesso, matita, inchiostro e biacca, una sostanza colorante bianca. La fanciulla è ritratta di profilo e il suo sguardo assorto, incurante di ciò che le sta intorno, lascia trasparire sentimenti di tristezza e malinconia.

Indossa una veste dorata con le maniche rosse chiamata camora – conosciuta ancora come gamurra – tipica del periodo rinascimentale. Al di sopra la fanciulla veste un abito verde arricchito da raffinati ornamenti. I capelli chiari sono raccolti in una treccia alla catalana, il coazzone, trattenuta da una scuffia dorata. Ogni particolare del volto, delle vesti e dei capelli è ben definito.

«I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio» – Leonardo da Vinci

L’attenzione su questo dipinto comincia a crescere nel 1998, quando venne battuto all’asta e acquistato dal collezionista canadese Peter Silverman. L’opera fu immessa sul mercato da una studiosa d’arte scandinava, Jeanne Marchig, vedova del pittore triestino Giannino Marchig. Fino a quel momento il quadro è classificato come prodotto della scuola tedesca del XIX sec. e realizzato da un artista anonimo.

È nel 2008 che Martin Kemp, professore dell’università di Oxford nonché uno dei maggiori studiosi di Leonardo da Vinci, afferma che “Bella principessa” è leonardesca, risalente al Quattrocento e realizzata durante il primo soggiorno milanese dell’artista.

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Martin Kemp: la paternità di Leonardo da Vinci da un’impronta lasciata sulla pergamena

Martin Kemp, supportato dagli scienziati francesi Jean Penicaut e Pascal Cotte, ha digitalizzato e analizzato a lungo l’opera. È così giunto alla conclusione che la pergamena è riconducibile ad un arco di tempo compreso tra il 1400 e il 1600, ma soprattutto ha riconosciuto nell’impronta di una mano proprio quella di Leonardo da Vinci.

Il Maestro era solito sfumare con i polpastrelli i colori allo scopo di ottenere un effetto morbido, quindi l’ipotesi dell’impronta sarebbe plausibile. Inoltre Kemp l’ha confrontata con quella rinvenuta sul “San Girolamo” di Leonardo da Vinci, conservato pressa la Pinacoteca vaticana, e sembrano essere abbastanza compatibili. “Bella principessa” è stato confrontato anche con le opere presenti all’interno del Museo Ideale della città di Vinci e la somiglianza è abbastanza alta.

Per alcuni studiosi la pergamena non era un supporto molto utilizzato da Leonardo nei suoi dipinti, ma giunge una testimonianza dal passato a chiarire questo punto. L’artista e architetto francese Jean Perréal nelle sue memorie ha scritto di essere stato a Milano proprio nel periodo in cui vi risiedeva Leonardo, e di averlo incontrato per condividere con lui i suoi segreti nell’utilizzo del gesso su pergamena.

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Un falso d’autore di Shaun Greenhalgh e la sua bella cassiera

Un nuovo colpo di scena arriva nel 2015. “Bella principessa” sarebbe opera dell’abile falsario Shaun Greenhalgh, famoso per aver contraffatto numerose opere d’arte, tra cui rilievi risalenti al periodo degli Assiri o ancora sculture di Paul Gauguin.

«Ho preso una pergamena del 1587 e l’ho disegnata ruotandola di 90 gradi per imitare l’arte mancina di Leonardo da Vinci» – Shaun Greenhalgh

In più il falsario in una sua autobiografia avrebbe aggiunto di aver ottenuto l’inchiostro facendo bollire la linfa di un albero di acacia con quella di quercia e di aver ritratto una collega di lavoro, una cassiera inglese. L’impresa pittorica sarebbe avvenuta nel 1978, periodo in cui il truffatore lavorava proprio in un supermercato.

Per Martin Kemp questa ipotesi è un’assurdità, pur non sottovalutando l’abilità falsaria di Greenhalgh – tanto che il Victoria and Albert Museum di Londra ha dedicato una mostra proprio ai suoi falsi d’autore -.

Il “Ritratto di una Sforza” di Leonardo da Vinci. Bianca Sforza strappata dal Codice

Chi è la “Bella principessa” di Da Vinci? Sempre sulla base degli studi condotti da Martin Kemp per certificare la paternità di Leonardo possiamo supporre che la “Bella principessa” sia Bianca Giovanna Sforza, figlia illegittima di Ludovico il Moro e della sua amante Bernardina de Corradis. Le teorie di Kemp sono state avvalorate anche da altri critici dell’arte, quali Carlo Predetti, Mina Gregori e Nicholas Turner.

Il dipinto con molta probabilità in origine era parte di un codice miniato, la “Sforziade”, dedicato alle gesta di Francesco Sforza, padre di Ludovico il Moro, e rinvenuto presso la Biblioteca Nazionale Polacca di Varsavia. Il codice possiede un frontespizio in cui si alluderebbe alle nozze tra Bianca Sforza, legittimata dal padre intorno i 7 anni, e il capo delle guardie ducali Gian Galeazzo Sanseverino, ma il foglio contenente il ritratto di Bianca risulta appunto strappato dal codice.

Il mistero che circonda Bianca Giovanna Sforza

Purtroppo non esistono altri ritratti ufficiali di Bianca ed è morta giovanissima (nel 1496) per poter attuare un confronto. In tanti sostengono che i connotati chiari della giovane ritratta siano stroppo distanti da quelli scuri del padre, però durante il Rinascimento andò di moda il culto della donna bionda. Infatti in quel periodo anche i poeti erano soliti descrivere la donna ideale con i connotati chiari. Molte donne scure quindi presero l’abitudine di usare vari espedienti per tentare di schiarire i capelli.

Potrebbe dunque essere stata la stessa Bianca Sforza ad imbiondire i capelli, con meno probabilità Leonardo da Vinci a seguire i canoni della moda, ma potrebbre anche aver semplicemente ereditato le fattezze e i colori dalla madre. Sono tanti gli interrogativi che gravitano intorno alla figura di Bianca, morta tra l’altro in circostanze altrettanto misteriose. Abbiamo dinanzi a noi un quadro in cui sono racchiusi misteri su misteri, ma una cosa è certa: l’arte mondiale ha guadagnato un’opera piena di grazia.

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