In una sorta di paradiso mitologico e incantato prende vita “La Primavera” di Sandro Botticelli del 1481-82, nel periodo cosiddetto “profano” dell’artista, durante il quale si dedicò a soggetti mitologici. L’opera è stata commissionata da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici – cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico -, ed oggi è conservata agli Uffizi. Innumerevoli sono simboli, interpretazioni, riferimenti umanistici e curiosità.
“La Primavera” di Sandro Botticelli. Descrizione di una scena mitologica raffinata ed elegante
In una dimensione irreale, ma sognante, prende vita l’opera.L’intera storia rappresentata è calata in un magico e ricco giardino con 9 personaggi della mitologia classica. Sulla destra il vento primaverile Zefiro afferra la ninfa Clori, dalla cui bocca cominciano ad uscire fiori. In seguito alla loro unione la ninfa si transforma in Flora, genitrice di fiori e Dea della Primavera, che sparge i fiori raccolti in grembo sul mondo diventando simbolo di fecondità. I fiori della bocca della ragazza si mescolano con quelli che crescono nel prato, ricreati con una particolare attenzione e verità.
Dall’altra parte, a sinistra, tre fanciulle ballano insieme, in un ballo lento e melodioso. Sono le Ore, divinità al seguito di Venere, oppure le Tre Grazie, dee della bellezza e della grazia, ancelle di Venere. Le fanciulle sono vestite di soli veli trasparenti e raffinati gioielli che ricordano la formazione da orafo di Botticelli. Indicano l’amore che si dona, che si riceve e si restituisce. Le Tre sono affiancate da un Mercurio che allontana le nubi grazie al caduceo, una verga con due serpenti intrecciati, simbolo del Dio. Questo sfiora le nuvole, tenendo lontano il maltempo dal meraviglioso giardino.
Al centro de “La Primavera” di Botticelli dinnanzi ad un cespuglio di mirto, pianta consacrata alla dea, viene inserita, secondo l’interpretazione più accreditata, la figura di Venere. Recentemente però gli studiosi hanno riconosciuto in questa figura Giunona incinta di Marte. Sopra di lei Cupido (figlio di Venere), che vola nel cielo e con le sue frecce svolge il compito di far innamorare le persone. Il piccolo dio dell’amore sta per lanciare i suoi dardi verso una delle Grazie.
Alle spalle dei personaggi, lo sfondo è completamente naturale, alberi di un boschetto, alberi di aranci, oltre i quali vi è un paesaggio luminoso che dona profondità alla scena – recuperato a seguito di un restauro del 1983 -. Alla base, un vero e proprio “tappeto naturale”, con migliaia di fiori realizzati in modo attento e veritiero, è la base sulla quale i personaggi non solo prendono vita, ma sembrano danzare.
Non una realtà vera, ma una realtà perfetta
I personaggi vengono dipinti con una grande cromia e luminosità, stagliati su uno sfondo naturale più scuro che gli conferisce maggiore risalto. L’opera per lo più è resa con colori freddi, tranne gli arancioni di frutti e fiori e il rosso presente sul vestito di Mercurio e Venere.
Nonostante l’attenzione e la precisione nella resa del dettaglio (propoaggine della pittura fiamminga), Botticelli non vuole riprodurre una scena realistica, ma tutte le sue scelte pittoriche rimandano ad un contesto fortemente idealizzato. Concorrono a questo scopo la flessibilità e lunghezza delle forme, le pose eleganti, la leggerezza della danza e dei corpi, quasi incorporei. Così sui prati non compaiono le ombre dei corpi, che invece vengono inebriati da una forte luce astratta, senza una precisa provenienza, e disposti in una composizione teatrale.
Lo spazio perde profondità. I 9 protagonisti di questa storia magica arricchiscono la superficie quasi in modo soffocante, facendo venire meno lo spazio in primo piano e anche tra di loro. I fiori danno un’idea di bidimensionalità che si perde nella zona degli alberi, dove vi è maggiore piattezza. Per come sono stati inseriti, tutti gli elementi danno un’idea di ritmo, di storia, una storia elegante e movimentata. Lo sfondo sembra quasi abbracciare l’intera composizione ritmata, per spingerla verso lo spettatore e mostrare tutta la sua bellezza.
Ne “La Primavera” di Botticelli si celebra un’idea di bellezza classica, probabilmente con un rimando al maestro di Sandro, Filippo Lippi. Basti guardare i meravigliosi veli trasparenti poggiati sui corpi delle Tre Grazie o di Flora. Sono una grande prova di linearismo ripreso dal maestro. Si nota anche nei corpi messi in evidenzia, morbidi e colorati con un effetto marmoreo. La Venere centrale sembra quasi una Madonna, con una posa elegante. Piccoli elementi stilistici che ricordano lo stile di chi lo avviò alla pittura.
Letteratura e Filosofia. Significato e interpretazione
“La Primavera” di Sandro Botticelli è sempre stata interpretata come l’Allegoria della Primavera, ipotesi vasariana. Recentemente, tuttavia, è stata avanzata un’altra ipotesi. L’opera ricorderebbe le nozze di Filologia e Mercurio. C’è da dire che sono innumerevoli le ipotesi di lettura e committenza dell’opera. Si presenta ricca di fonti e riferimenti di natura umanistica, destinati al trastullo di un pubblico elitario e coltissimo.
Alcuni storici riflettono sul ruolo della corte dei Medici, presso la quale si erano raccolti un certo numero di intellettuali che sposavano le idee del filosofo e poeta Poliziano. Ciò ha fatto pensare che una sua opera, “Le Stanze”, potesse essere una delle fonti adoperate per la creazione del dipinto. L’ambiente letterario fiorentino sembra convalidare l’idea un’allegoria della giovinezza, fecondità, amore e riproduzione. In tal senso le Grazie o le Ore rappresenterebbero il tempo che scorre.
Altri studiosi si soffermano sul legame con la filosofia neoplatonica del filosofo Ficino. In questo senso il dipinto indica l’ascesa del regno di Venere, fioritura di intelletto e spirito. Cambia l’intera interpretazione dell’opera. Venere rappresenta le virtù intellettuali che elevano l’uomo dai meri sensi fisici – Zefiro, Cloris e Flora – grazie all’uso della ragione – le Grazie o Ore – per poter finalmente giungere alla reale contemplazione – Mercurio -.
Curiosità. Perché dipinse così tante piante?
“La Primavera” di Sandro Botticelli prevede un giardino arricchito da 190 diverse piante, di cui 138 identificate tra alberi, erbe, fiori e arbusti. L’artista dà prova non solo della sua bravura, ma della conoscenza e della maestria nel riprodurre tante specie vegetali. Perché dipinse così tante piante?
In primis è il rimando al titolo dell’opera, quindi il periodo in cui si sboccia e si germoglia, poi ci sono dei sottili rimandi simbolici. L’arancio è un rimando ai Medici, famiglia legata non solo all’opera in questione, ma al pittore vero e proprio. L’agrume è simbolo di unione, quindi il rimando al matrimonio di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani
La viola e il mirto sono entrambi sacri a Venere, quindi un rimando alla Dea. Ai suoi piedi troviamo l’elleboro, pianta adoperata per curare la follia, che spesso l’amore vi conduce. O il ranuncolo, allegoria di morte, porta a ipotizzare che l’opera fosse inizialmente dedicata a Giuliano, caduto durante la congiura dei Pazzi. Botticelli, tra i tanti fiori, dipinse anche l’iris, ricordato come il giglio di Firenze. Questi e gli altri numerosi fiori hanno tutti un significato specifico. I fiori dipinti forse erano nella stessa dimora dei Medici. Resta sicuramente qualche pianta frutto della sua incredibile immaginazione.
“La Primavera” di Botticelli. Immagini





