Le illustrazioni di Norman Rockwell. Emozioni d’inchiostro

Le opere di Norman Rockwell. La fortuna attraverso le illustrazioni

Illustratore di rassicuranti atmosfere in cui riecheggia il tepore del focolare domestico, cantastorie di situazioni bizzarre e al contempo esilaranti per la propria verosimiglianza, Norman Perceval Rockwell dà voce alla spensieratezza di un’epoca traducendo il sogno americano.

Scene raccontate con sconcertante e disarmante semplicità si traducono in minuziosi microcosmi di emozioni dal “Realismo romantico”. L’inedita teatralità nella narrazione elaborata da Rockwell e l’eccezionale dovizia di particolari del suo disegno, hanno fatto scuola a generazioni di illustratori e hanno reso l’artista uno dei maestri dell’illustrazione più importanti del ‘900.

I bambini di Norman Rockwell. La “Ragazza con occhio nero”

I bambini sono di certo tra i soggetti più rappresentati da Rockwell. La loro ingenua furbizia, l’innocenza e la spensieratezza prendono vita in decine e decine di illustrazioni, mettendo in scena le situazioni più bizzarre e tenere al contempo.

Davvero iconica è “Ragazza con occhio nero” che spalanca un ilare affaccio sulla presidenza di una scuola. La ragazzina .ripresa sulle fattezze di Mary Whalen- che aspetta di entrare nell’ufficio del preside per ricevere una ramanzina, mostra i segni della sua bravata con una beffarda espressione di orgoglio.

La composizione è lineare e geometrica, utilizzata dall’artista per far leva sull’immediatezza della sfera emotiva evocata. È arricchita dalla sterminata schiera di particolari che definiscono l’ambientazione. I capelli fuori posto, le calze calate giù alle caviglie, le scarpe sciolte, così come lo schedario che lascia intravedere la miriade di documenti al suo interno e la bacheca colma di avvisi e disegni. Sono tutti dettagli che rendono verosimile la scena e permettono di autoriconoscersi in quella situazione.

Lo stesso Norman Rockwell deve essersi immedesimato nella ragazzina ricordando l’episodio in cui dovette affrontare in prima persona un colloquio dal preside. L’artista ha infatti raccontato che all’età di 14 anni venne convocato a causa del suo scarso rendimento accademico. Venne posto davanti alla scelta di impegnarsi nella speranza di arrivare al diploma oppure cambiare radicalmente indirizzo e iscriversi ad una scuola d’arte. Rockwell optò per la seconda iniziando così ad investire nella futura carriera artistica.

Le illustrazioni di Norman Rockwell. Le libertà ispirate a Roosvelt

Ma Rockwell espime molto più della sola tenera irriverenza infantile, cimentandosi anche in illustrazione dal chiaro impatto civile. Un impegno che ben si esplica nel polittico delle “Libertà” ispirato al  discorso “Four Freedoms” di Franklin Roosvelt, tenuto al Congresso in qualità di Presidente. In questo ciclo di 4 dipinti, Norman illustra le libertà universali dell’uomo -“Libertà dal bisogno”, “Libertà di parola”, “Libertà di culto” e “Libertà dalla paura”-.

Le quattro “Libertà” di Norman Rockwell divennero il cuore di una mostra itinerante che, girando in 16 città diverse e attraendo oltre 1 milione di persone. Dall’incasso sono stati devoluti 133 milioni di dollari in favore dello sforzo bellico causato della seconda guerra mondiale.

“Triplo autoritratto” tra le opere più eccentriche

In “Triplo autoritratto” di Norman Rockwell quest’ultimo l’artista si ritrae di schiena, intento nello sporgersi oltre la grande tela su cui lavora al proprio ritratto per mirarsi nello specchio in secondo piano. Rockwell per questo suo omaggio pesca a piene mani nella tradizione degli autoritratti d’artista, riutilizzando vari elementi tipici del genere.

Si rappresenta come un pittore con tutti gli attrezzi del mestiere, dai pennelli alla tavolozza, fino al bastone poggia-polso indispensabile per la pittura di dettaglio -certamente una caratteristica fondamentale del lavoro di Rockwell- indugiando in particolar modo sull’elemento dello specchio. Questo strumento, prima dell’avvento della fotografia, era fondamentale per un artista che intendesse ritrarsi ed in molti casi venne sfruttato come elemento compositivo dell’opera stessa -si pensi a Van Eyck, Perugino e Velasquez per citarne alcuni -.

L’originalità è nei dettagli

Tuttavia l’immagine di Rockwell riflessa nello specchio non è quella che riproduce sulla tela. Nel disegno non compaiono i grossi occhiali che l’artista inforca per vedersi bene allo specchio. Per il suo ritratto lavora sfruttando gli studi preparatori fissati sull’angolo della tela in alto a sinistra, traendo inoltre ispirazione da altri celebri autoritratti del passato. Durer, Rembrandt,Van Gogh e, un probabile Picasso, scrutano l’artista restituendogli in cambio gli insegnamenti della propria pittura. La semplice composizione è arricchita anche in questo caso dalla miriade di dettagli con cui l’artista riesce a stratificare i livelli interpretativi dell’opera.

L’aquila americana che campeggia sullo specchio, il bicchiere pieno in bilico sul libro aperto, l’elmo d’oro appoggiato al cavalletto, ogni particolare inserito nel dipinto concorre ad impreziosirne il significato. Anche i pennelli sparsi a terra sono un’ammissione del proprio disordine, così come il fumo che fuoriesce dal cestino della spazzatura è un richiamo all’incendio scoppiato nel suo studio, che distrusse molti dei suoi lavori originali, nonché i costumi di scena e il repertorio fotografico che utilizzava a supporto del suo processo creativo.

Uno spirito sentimentale e nostalgico pregna questo dipinto come ogni altra opera del maestro. È proprio questo sentimento, espresso attraverso un eccezionale talento narrativo, a rendere Norman Rockwell l’artista più amato della storia dell’illustrazione americana.

Due parole su Rockwell

Uno spiccato talento per il disegno ha condotto Norman Perceval Rockwell a intraprendere la carriera artistica sin da giovanissimo. Nato nella New York di fine ‘800, aveva appena 16 anni quando ricevette la sua prima commissione, la creazione di quattro cartoline a tema natalizio, e inaugurò la collaborazione con alcune riviste giovanili. Le riviste sono state la sua fortuna e il fulcro attorno cui egli costruì la sua fama.

Al 1913 risale “Scout at Ship’s Wheel”, la sua prima copertina per “Boys’ life”, ma la vera svolta della sua carriera avvenne qualche anno dopo quando iniziò a pubblicare per il “The Saturday Evening Post”. Sono ben 323 le copertine che l’artista ha realizzato per la rivista nell’arco di 47 anni di collaborazione, molte delle quali veri e propri capolavori di grafica.

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