
“Les demoiselles d’Avignon” di Pablo Picasso dà inizio al Cubismo e si cominciano ad intravedere anche i primi riferimenti all’arte africana. L’insofferenza nei riguardi di una tradizione figurativa, a suo avviso inadeguata a rappresentare la società e il mondo moderni, spinse Picasso a voler creare una pittura inedita, di cui le sue “signorine” da bordello ne costituirono il manifesto artistico. La nuova spazialità e il nuovo linguaggio messi a punto dal Maestro catalano generarono nell’estetica occidentale una cesura tale che non si verificava dai tempi di Giotto.
Come è nata l’opera “Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso? La conquista di una nuova logica volumetrica
La conquista di una pittura “moderna” fu per Picasso il risultato di un percorso artistico in continuo divenire. Non amava rimanere sempre uguale a se stesso, al contrario era costantemente pronto a trovare nuovi modi di esprimersi. Quando iniziò a dipingere “Les demoiselles d’Avignon” aveva 26 anni. Era già riuscito a costruirsi un’identità di artista attraverso la produzione del “periodo blu” e del “periodo rosa”.
Il crescente interesse per l’opera di Cézanne, i volumi essenziali della scultura arcaica iberica e la brutalità dell’arte africana lo portarono tuttavia ad accantonare il disegno realistico -caratteristico dei primi periodi- e a concepire una nuova logica della costruzione volumetrica.
Cambiò il titolo originario “Le bordel philosophique” in “Les demoiselles d’Avignon” per l’allusione alla Carrer de Avinyo – la famigerata strada di Barcellona in cui si praticava la prostituzione -. L’opera rappresenta 5 prostitute, che con il loro sguardo magnetico invitano l’osservatore ad accomodarsi nel bordello.
Il processo creativo che condusse a questo risultato fu abbastanza articolato. L’artista infatti impiegò 6 mesi di lavoro – dalla primavera all’autunno del 1907 – 3 versioni, 17 studi, una miriade di disegni prima di ritenersi minimamente soddisfatto. In verità le ridipinture trovate sul dipinto dimostrano come, anche una volta terminato, il maestro continuò a rimuginarci su per diverso tempo.
Che cosa rappresenta “Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso? Significato e analisi
Nel corso delle varie versioni la composizione del dipinto si fece sempre più compatta e tutte le citazioni allegoriche sparirono. In questo modo divenne la veemenza della pittura l’unica e vera protagonista dell’opera.
Inizialmente Picasso ideò “Les Demoiselles d’Avignon” come una sorta di memento mori, un’allegoria della vanità delle cose. Le 5 prostitute, in compagnia di altri due personaggi maschili – un marinaio e uno studente -, incarnavano l’indomabilità dei piaceri carnali, mentre il teschio al centro della composizione e le due nature morte alludevano chiaramente alla finitezza dell’essere umano.
Negli studi e ripensamenti successivi l’artista decise tuttavia di eliminare le due figure maschili e gli altri accorgimenti iconografici. In questo modo l’opera non avrebbe alluso ad altro che alla pittura in sé e all’arte in generale. A tal proposito infarcì “les demoiselles” di innumerevoli riferimenti artistici, contemporanei e del passato, per omaggiare quelli che considerava i fondamenti dell’arte, i modelli imprescindibili e indimenticabili.
“Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso si ispira a diverse culture. Si può notare a sinistra un chiaro riferimento all’arte egizia. Le due donne centrali con le braccia alzate richiamano alcune figure de “Le grandi bagnati” di Cézanne e de “La gioia di vivere” di Matisse – senza dimenticare che la ponderazione con cui sono rappresentate affonda le radici nella statuaria di epoca classica -. L’opera omaggia anche l’arte africana nei volti delle due donne sulla destra. Infine la posa della figura di spalle ricorda “La grande odalisca” di Ingres.
Tutti questi riferimenti, molto radicati nel passato, dimostrano come l’artista portò avanti la sua rivoluzione della pittura a partire dalla tradizione. Assimilò l’antico e ne fece l’asse portante dell’arte moderna.
Gli aspetti rivoluzionari di “Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso: il Cubismo e la quarta dimensione
Alla base della ricerca picassiana c’era il desiderio di creare una realtà nuova e diversa, capace di destare l’arte occidentale dal torpore in cui versava. Elaborò così un modo per rappresentare la natura che non soggiacesse alle regole prospettiche con cui Giotto era riuscito a dare un’ordine e una verosimiglianza alle immagini dipinte. Infranse le tre dimensioni e ne scoprì una quarta. Diventava in questo modo possibile rappresentare gli oggetti guardandoli simultaneamente da un’infinità di punti di vista.
È così che Picasso poté mostrare la prostituta, accovacciata in primo piano, sia di spalle che di fronte. L’artista spezzò l’organicità dei corpi delle 5 donne in una miriade di spigoli, forme geometriche piane e sfaccettature che svelavano la totalità della figura in un solo colpo d’occhio. Questo modo di scomporre la realtà in forme elementari fu la ragione per cui il critico Luois Vauxcelles coniò, con una certa dose di ironia, il termine Cubismo da cui in seguito prese nome il movimento.
Il totale disinteresse verso un resa volumetrica dei corpi portò Picasso ad abbandonare l’uso tradizionale del chiaroscuro e delle ombreggiature. L’incarnato aranciato dei corpi infatti è steso con campiture piatte, interrotte dai netti segni grafici che evidenziano i dettagli delle figure e i diversi passaggi di piani prospettici. L’uso del colore in “Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso è assolutamente sconcertante specialmente nei volti delle donne a cornice dell’opera. La donna in piedi sulla sinistra ha un viso squadrato e molto scuro, come se fosse intagliato nel legno, quelle sulla destra hanno il volto completamente sfigurato da una serie di pennellate oblique che intendono ricreare le striature tipiche delle maschere africane.
Lo scandalo e il rifiuto della critica
Quando Picasso terminò “Les Demoiselles d’Avignon” fu subito scandalo. Decise di non mostrarlo immediatamente al grande pubblico. Organizzò un’esposizione privata nel suo studio parigino di Bateau-Lavoir alla quale invitò una cerchia ristretta di amici, colleghi e critici per sapere cosa ne pensassero. Il rifiuto iniziale fu quasi unanime!
Matisse rimase sconcertato alla vista del dipinto, che definì un oltraggio al movimento moderno. Il critico Fènèon, con estremo sdegno, suggerì all’artista di lasciar perdere la pittura e iniziare dedicarsi alle caricature. Apollinaire, da sempre amico ed estimatore di Picasso, ritenne l’opera assolutamente incomprensibile. Persino Braque e Derain rimasero scettici alla prima visione del quadro.
Picasso non fu capito e l’opera venne considerata brutta.
«Ogni capolavoro viene al mondo con una dose di bruttezza congenita. Questa bruttezza è il segno della lotta del suo creatore per dire una cosa nuova in maniera nuova.» – Pablo Picasso
La forma ricondotta all’essenziale
La diffidenza con cui l’opera fu accolta riguardava l’eccessiva astrazione e semplificazione delle forme, la concezione dello spazio totalmente irrealistica e contro natura, un linguaggio pittorico troppo aspro e tagliente. In effetti la rivoluzione picassiana consisteva proprio nel rendere la realtà attraverso una costruzione dell’immagine più mentale che ottica.
Piuttosto che imitare le forme della natura, Picasso preferiva interpretarla, riducendola a semplici segni grafici e geometrici. Lo scopo dell’artista era quello di ricondurre ogni figura, così come lo spazio, alla propria forma essenziale. A coloro i quali ritenessero la sua arte troppo troppo costruita e tutt’altro che naturale, non tardò la sua risposta.
«Mi piacerebbe sapere se qualcuno ha mai visto un’opera d’arte naturale. Natura e arte, essendo due cose distinte, non possono essere la medesima cosa. Con l’arte esprimiamo la nostra concezione di ciò che non è natura.»
L’ostilità iniziale, riservata alle novità introdotte da Picasso nel panorama artistico di inizio secolo, venne accantonata e -come noto- il movimento del Cubismo decollò dimostrando la lungimiranza dell’artista. “Les demoiselles d’Avignon” da opera-scandalo divenne presto un capolavoro indiscusso e una pietra miliare della storia dell’arte e della cultura occidentali.