“Ritratto di Marthe Bibesco” di Giovanni Boldini. Lusso e grazia

Ritratto di Marthe-Lucile Bibesco di Giovanni Boldini

Zanin, dall’ebraico Yehohanan, significa “Dio ha avuto Misericordia” o anche “Dono del Signore″. È il diminutivo con cui veniva riconosciuto Giovanni Boldini sin dalla più tenera età dalla sua famiglia. Nato a Ferrara dall’unione di una nobile donna e un artista intellettuale originario di Spoleto, il piccolo rimane affascinato dalle potenti virtù paterne, dimostrando chiari segni di inclinazione artistica. Tappezza interi quaderni di vari schizzi e numerosi disegni, tanto da fondare all’età di soli cinque anni un rudimentale atelier nel granaio di famiglia. Dalle sue opere trapela una predilezione e un amore per i soggetti femminili, come accade nel “Ritratto della principessa Marthe-Lucile Bibesco”.

Viaggiando instancabilmente per differenti mete, trova il suo rifugio più prezioso nel cuore di Parigi della Belle Époque. Conduce una vita attratto dagli innumerevoli caffè, ampi viali alberati, lampioni elettrici, musei e sale da ballo che popolano la città. Il suo spirito libero vive all’insegna di una realtà elegante e raffinata, affine al suo modo di essere e adatta al clima di Parigi che diventa per lui in una seconda patria.

«Per quanto superficiale e pieno di lenocini divenisse il suo lavoro, Boldini fu capace di trasmettere nello spettatore la gioia ispiratagli dalle assurdità che ritraeva. Anche il più insopportabile dei suoi ritratti rivela un immenso divertimento» – Cecil Beaton9

Ritratto della principessa Marthe-Lucile Bibesco di Giovanni Boldini

Marthe – Lucile Bibesco è stata una scrittrice, poetessa, politica rumena e francese, cavaliere della Lègion d’honneur. Originaria di un’illustre famiglia aristocratica, fu una delle prime donne a far parte della massoneria rumena e venne considerata come una delle figure femminili più belle di tutto il XX secolo.

Come nel caso del “Ritratto della principessa Marthe-Lucile Bibesco”, protagonista assoluta di gran parte delle opere di Giovanni Boldini è la donna. Ma non ci riferiamo ad uno stereotipo di donna perfetta, estrae la figura femminile letteralmente dalla sua realistica vita quotidiana per trasformarla in una spettacolare divinità terrena. La donna è per l’artista una limpida musa ispiratrice che occupa gran parte dei suoi principali ritratti nella società internazionale. Abiti sinuosi e distinti, acconciature signorili e l’attenzione per ogni minuto dettaglio sono le prerogative particolarmente accentuate nella poetica artistica del pittore ferrarese.

La bellezza e la psicologia della donna di Giovanni Boldini

Ma interpretando più a fondo il suo modo di realizzarsi, nei suoi dipinti si coglie un tratto decisamente distintivo: la cura per l’aspetto psicologico. Attraverso la riproduzione dei suoi quadri l’artista svelava l’intimità più profonda delle sue donne: le doti caratteriali, l’emotività, i sentimenti più nascosti e le pulsioni più autentiche e laceranti, quasi o del tutto represse in un clima di ipocrita morale borghese. L’artista così mette in atto non la semplice ed effimera idea di una splendida donna in tutte le sue sfaccettature estetiche, ma pone lo spettatore in un meccanismo di astrazione. Indaga la figura rappresentata e va oltre la mera apparenza.

Al di là della costosa stoffa che indossa, dei gioielli e dei particolari che abbelliscono la principessa Marthe-Lucile Bibesco, anche lei è mostrata come una semplice donna con le sue debolezze, fragile e sognante. La lotta per l’emancipazione femminile è un chiaro messaggio di quanto la donna abbia sofferto nei secoli passati per una mentalità legata a sistemi incentrati sulla figura maschile. Giovanni Baldini, dunque, non si limita a giocare sulle corde del fascino femminile, ma capta quella che è l’era di un nuovo clima sociale, in cui la donna acquisisce un certo prestigio, consapevolezza umana e orgoglio di se stessa. 

Una nota descrittiva sulla vita della giovane principessa rumena

Marthe – Lucile Bibesco, figlia di Ion N. Lahovary e di Smaranda Mavrocordat, fu terza di cinque figli, tutti morti molto giovani. Secondo le tradizioni della sua discendenza, e proseguendo con gli usi e i costumi dell’epoca, la sua educazione si formò alle spalle di una serie di governanti e insegnanti privati per così poi perfezionarsi in un monastero in Belgio. La sua figura si distingue per la sua postazione, il suo modo di porsi, di essere e di apparire, e naturalmente per la sua impeccabile e irrinunciabile eleganza.

La casa Dior, che la vestì per decenni, al compimento dei suoi 60 anni, realizzò per lei dei vestiti eccentrici, fastosi, lunghi abiti che toccavano terra. Durante la sua vita si riconobbe per un distinto impegno sociale e politico, essendo stata partecipe di una serie di importanti eventi storici. Venne riconosciuta la sua fama anche come scrittrice, con una serie di epistole, poemi, note di viaggio e saggi. L’abito della donna è di un colore neutro, quasi tridimensionale, sul petto spunta un fiore nero alquanto vistoso, la lavorazione del corpetto e della coroncina è decisamente attenta e minuziosa, le pennellate esprimono un forte senso di movimento grazie alla loro ondosità mutando la manifestazione della donna in una figura “divina”, dall’aspetto luccicante e sfarzoso.

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