“Saul e la strega” di Salvator Rosa nasce intorno al 1668, è un quadro particolare, dai toni religiosi eppure profondamente eretici. L’artista, nato e vissuto nel Seicento, ha portato avanti la sua arte in maniera libera e spontanea, lontano dalle restrizioni delle commissioni. Il suo tocco si riconosce immediatamente per le ambientazioni oscure e misteriose, popolate dalla magia e dalla stregoneria e con elementi macabri.
Saul e la strega di Salvator Rosa. Un soggetto biblico visionario
In questo dipinto, oggi conservato al Louvre di Parigi, l’artista raffigura il momento in cui la negromante di Endor, le cui fattezze sono quelle di una vecchia strega, ha invocato lo spirito del profeta Samuele. Re Saul è inginocchiato al cospetto dello spirito, il suo volto non si vede intero, ma si può individuare un sentimento di rispetto intriso da un’alta dose di timore, probabilmente perché i connotati di Samuele denotano rabbia. Saul indossa una veste di tonalità rossa, sopra porta l’armatura da combattimento, Samuele invece è avvolto da un semplice mantello bianco.
Accanto Saul vi è la negromante: la donna è anziana, inquietante e malefica, i capelli bianchi appaiono in disordine e anche la sua nudità è indice di disgusto. La pelle è raggrinzita in più punti e per il corpo ritratto in maniera naturalistica si possono ipotizzare influenze caravaggesche. Mostri animaleschi la circondono, mentre a Samuele corrispondono in lontananza altri due soldati, anche i loro volti lasciano trasparire sentimenti quali incredulità e paura.
«Innamora più una graziosa bruttezza che una beltà soverchiamente sostenuta» – Salvator Rosa
Magia, mistero e macabro nei quadri di Salvator Rosa
La scena è rappresentata in maniera naturalistica e abbastanza realistiche sono anche le espressioni dei soggetti. Il dipinto però nella sua complessità è visionario, intriso di magia e mistero, due elementi molto cari all’artista napoletano. Proprio il realismo accentua la componente misteriosa perché i volti ben definiti rendono meglio l’idea di spavento. Infatti nel caso dello stile di Rosa si può parlare di cruda espressività.
Com’era tipico della sua pittura, anche in “Saul e la strega” le tonalità dominanti sono quelle scure. L’ambiente in cui si svolge la scena non è affatto riconoscibile e l’oscurità è appena rischiarata dal bianco mantello di Samuele, una delle poche fonti di luce all’interno del dipinto in grado di creare un leggero contrasto con il resto dell’opera e con il rosso della veste di Saul.
Magia barocca e preromantica
Salvator Rosa era attento ai suoi tempi, per questo motivo nei suoi dipinti tornano molto spesso la magia e la stregoneria, ambientazioni oscure e misteriose, abbastanza diffuse nel Seicento.
Già a Napoli aveva potuto ammirare i dipinti stregoneschi degli artisti olandesi Leonard Bramer e Jakob Swanenburgh, ma fu a Firenze che li scelse costantemente nella sua produzione. Erano molti collezionisti privati interessati a soggetti simili, e Rosa era solito vendere senza intermediari le sue opere. Per un periodo lavorò anche su commissione della corte fiorentina, ma si trattò di una breve parentesi perché non amava alcun tipo di imposizione e sapeva bene quali soggetti avrebbero potuto interessare i suoi futuri acquirenti.
Salvator Rosa non contestava le pratiche magiche. Nei suoi quadri se vi è una critica è davvero impercettibile perchè descriveva descrivere tutto in maniera disincantata, per lui tutte le materie erano vane, solo l’arte era l’unica disciplina durevole meritevole di attenzione.
La sua produzione artistica abbraccia l’epoca barocca e in “Saul e la strega” la contorsione del corpo della strega può essere un chiaro esempio del dinamismo barocco. Tuttavia diversi critici classificano la produzione di Rosa come preromantica, soprattutto per la bravura dimostrata nel rendere espressioni e stati d’animo dei personaggi, come si apprezza anche in questo dipinto.
“Saul e la strega”, dopo la realizzazione, fu acquistato da Luigi XIV intorno al 1683
L’episodio biblico
Nel primo libro di Samuele si narra che re Saul, in lotta contro il popolo dei Filistei, dopo aver cacciato dal suo regno i negromanti e i maghi perché tale pratica era proibita, prima della battaglia del monte Gelboe in cui avrebbe perso la vita, pensò di invocare Dio e i profeti per chiedere aiuto ma non ottenne alcuna risposta probabilmente perché aveva già peccato. Decise così di recarsi in incognito a Endor, luogo in cui viveva una strega sfuggita alle sue persecuzioni. La donna possedeva un talismano per mezzo del quale era in grado di evocare le anime dei defunti, secondo la tradizione ebraica sarebbe stata identificata in Zefania, madre di Abner il quale fu cugino di Saul nonché comandante del suo esercito.
Lo spirito di Samuele apparve al cospetto di Saul ma non gli diede alcuna indicazione utile per combattere i Filistei, gli predisse soltanto la sua morte imminente.
«Saul si camuffò, si travestì e partì con due uomini. Arrivò da quella donna di notte. Disse: “Pratica la divinazione per me con uno spirito. Evocami colui che io ti dirò” […] Saul comprese che era veramente Samuele e si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. Allora Samuele disse a Saul: “Perché mi hai disturbato e costretto a salire?” […] Samuele rispose: “Perché mi vuoi consultare, quando il Signore si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico?”»– I libro di Samuele
Questa interpretazione è avvallata dagli ebrei in quanto credono che lo spirito di un defunto rimanga nei pressi del corpo per un anno, tempo in cui può essere evocato; al contrario i teologi cristiani sostengono altre ipotesi: per alcuni lo spirito evocato non è quello di Samuele, per altri è il profeta ma è apparso per volontà di Dio e non per intercessione della negromante condannando così i rituali magici.
L’episodio comunque ha lo scopo di condannare la corruzione morale di Saul, di conseguenza la scelta dei colori da parte di Rosa non sarebbe casuale: il bianco indossato da Samuele simboleggerebbe l’innocenza, il rosso di Saul il peccato.
Salvator Rosa in breve
Salvator Rosa, nato a Napoli nel 1615, inizia il suo apprendistato artistico presso lo zio materno Paolo Greco, in seguito frequenta gli studi degli artisti Aniello Falcone, la cui potenza espressiva venne paragonata a quella dell’artista contemporaneo Diego Velàzquez, e Jusepe de Ribera, gran debitore della pittura caravaggesca.
Trasferitosi a Roma, sotto la protezione del Cardinale Cardacci, affina la sua arte accostandosi al classicismo e dedicandosi soprattutto ai paesaggi.
Tra il 1640 e il 1649 soggiorna a Firenze su invito del Cardinale Giovan Carlo De Medici, qui privilegia paesaggi resi con una natura aspra e selvaggia, ritratti allegorici, battaglie e soggetti magici inquietanti, si tratta di una fase pittorica da Rosa definita letteraria e filosofica, sempre in questo periodo scrive le sue “Satire”, infatti il pittore fu pure uno scrittore ma la sua opera letteraria è stata pubblicata postuma; tra i vari argomenti trattati ci sono la politica (Rosa critica il malgoverno italiano che ha favorito le mire franco-spagnole sulla penisola) e l’arte (Rosa disprezza apertamente la pittura di genere).
Tornato a Roma si dedica all’incisione e comincia ad esporre i suoi dipinti nelle mostre, pratica abbastanza inusuale per un artista del seicento. Dipinge molti quadri destinati alla Chiese ma in essi l’artista non abbandona del tutto la componente fantastica.
Ai suoi tempi fu considerato un pittore fuori epoca ed è stato rivalutato soltanto nel 1963 quando lo storico dell’arte Luigi Salerno ha parlato di Rosa in un suo articolo dedicato ai pittori del dissenso.