“Vocazione di San Matteo” di Caravaggio. L’incredulità terrena

Vocazione di San Matteo di Caravaggio

Bellori nel 1672 descrive “La Vocazione di San Matteo” di Caravaggio  nel suo “Le Vite de’ pittori, scultori e architetti moderni”. Realizzata insieme al “San Matteo e l’angelo” e al “Martirio” tra il 1599 e il 1602, le tele furono soggette a violente critiche per il poco decoro che esprimevano. Realizzate per la Cappella Contarelli nella chiesa “San Luigi dei Francesi” a Roma, tutt’ora mostrano il loro fascino e la loro unicità.

«Dal lato destro l’altare vi è Cristo che chiama San Matteo all’apostolato, ritrattevi alcune teste al naturale, tra le qual il Santo lasciar di contar le monete, con una mano al petto, si volge al Signore; ed appresso un vecchio si pone gli occhiali al naso, riguardando un giovine che tira a sé quelle monete assio nell’angolo della tavola»

“Vocazione di San Matteo” di Caravaggio. Genesi di una vocazione

La composizione è dai toni caldi e contrastanti, sette figure dialogano tra loro attraverso il fascio di luce che definisce i corpi e gli sguardi increduli: tre esattori delle imposte, due giovani al centro e due figure sul lato destro in penombra. Nella scena si notano pochi elementi d’arredo, una finestra, un tavolo e costumi tipici dell’epoca, che rendono ardua la comprensione del messaggio liturgico.

Sul lato destro, Cristo, con il braccio alzato, chiama Matteo l’esattore per convertirlo alla fede cristiana, mentre gli altri due uomini, non avvertendo la presenza divina, continuano a contare il denaro sul tavolo, simbolo della cupidigia terrena. I giovani, invece, colgono la sacralità dell’avvenimento, essendo ancora anime pure. Matteo, figura centrale con la barba e il cappello che indica se stesso con il dito, è quasi sorpreso della sua chiamata.  È come se chiedesse: “Sono proprio io?”, e questa incredulità, espressa perfettamente dal gesto, illustra il perfetto equilibrio tra ciò che è umano e ciò che è terreno.

Il Signore, che chiama Matteo con la destra imponente, riprende certamente Michelangelo nel “Giudizio Universale” della Cappella Sistina, con la figura del Cristo giudice che si connette all’umanità nella “Creazione di Adamo”. Accanto e di spalle c’è Pietro, che simboleggia la chiesa cattolica. Un ciclo pittorico che, ovviamente poteva esprimersi solo in una chiesa francese a Roma, nel cuore della cristianità.

Il ciclo pittorico del “San Matteo” nella cappella Contarelli

Nel cuore di Roma, si entra in una chiesa bellissima, “San Luigi dei Francesi”, divenuta famosa per il ciclo pittorico del Caravaggio che illustra le “Storie di San Matteo”. Al centro della cappella Contarelli si erge l’opera del “San Matteo e l’angelo”, e sui due lati, si aprono le opere della “Vocazione” e del “Martirio del Santo”.

Le critiche si rivolsero soprattutto al “San Matteo e l’angelo”, opera poco decorosa perché ritraeva un angelo che istruiva un ignorante alla scrittura – non certo un santo! -, conducendolo con la mano. Caravaggio eseguì una seconda versione che rispetto alla prima presentava San Matteo nelle fattezze di un pover’uomo, scalzo, ma finalmente ispirato dall’angelo, che compare in alto e detta il Vangelo senza intervenire direttamente sulla scrittura. “Il Martirio” si presenta in tutta la sua drammaticità terrena. San Matteo cade a terra, vittima del suo carnefice che compare al centro della composizione, mentre l’angelo cerca di consegnare al Santo, caduto a terra e con l’abito sacerdotale, la palma del martirio.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.