Biennale Arte Venezia 2022. L’umanità nell’altrove per tornare in sé

Nel corso della Biennale d’Arte a Venezia 2022 sono stati affrontati diversi i temi, non sempre facilmente identificabili e fruibili, ma tutti volti ad analizzare il complesso tempo presente. La curatrice della mostra, Cecilia Alemani, ha dato voce e spazio alla creatività femminile, da sempre osteggiata e minimizzata rispetto all’arte maschile, capovolgendo la percentuale di artisti presenti- sono donne l’80% dei213 artisti provenienti da tutto il mondo-.

“Il latte dei sogni” di Leonora Carrington ispira la Biennale d’Arte

La mostra muove i suoi passi dal libro “Il latte dei sogni” di Leonora Carrington. Ne prende in prestito il titolo e ne declina la riflessione attraverso la lezione surrealista. Gli artisti danno voce alle ossessioni, mettono a cofronto con i fantasmi del proprio vissuto, con gli incubi e le paure più profonde, stravolgendo la realtà e facendo fluire liberamente l’inconscio.

«Le donne devono riappropriarsi dei loro diritti, inclusi quei poteri misteriosi che da sempre sono stati nostri» – Leonora Carrington

I quadri surrealisti di Leonora Carrington aiutano ad introdurre una riflessione che dà spazio alla femminilità e conduce verso altri mondi. Mondi per certi versi terrificanti, pieni di creature mostruose che, come un segreto filo di Arianna, indagano nella complessità dell’essere umano, portando alla luce il mostro che è nell’uomo e l’uomo che è nel mostro.

Cosa vedere alla Biennale di Venezia 2022? Le opere in mostra

Ai Giardini di Venezia accoglie i visitatori una grande scultura dell”Elefante” di Katharina Fritsch, realizzata in poliestere. La scultura giganteggia su un alto basamento e viene reiterata e frammentata in una serie di specchi a rappresentare la forza e l’intelligenza femminile, a cui quest’anno la mostra è dedicata. Presso gli elefanti, infatti, vige una società matriarcale articolata e altamente funzionante.

Nell’altro sito della mostra, all’Arsenale, ad accogliere i visitatori è una grande creatura totemica, un enorme busto in bronzo dell’artista Simon Leigh. Raffigura una donna di colore senza occhi, che invita e accoglie nel suo enorme ventre. Il formato extra large della donna ha qui l’intento di veicolare l’attenzione verso la cultura rappresentate, solitamente emarginate dal mercato e dalle istituzioni.

Le donne di Louise Bonnet

L’opera di Louise Bonnet raffigura donne colossali che sprigionano fluidi corporei. Dal seno di una zampilla del latte, mentre un’altra accovacciata rilascia urina. Si pone in primo piano l’intimità vulcanica del corpo femminile e le secrezioni assomigliano a coni di luce sprigionati da una sorta di riflettori.

“Donne Terra” di Precious Okoyomon

Una grande istallazione fatta di terra è quella dell’artista Precious Okoyomon, “To see the earth before the end of the word”, le cosiddette “Donne Terra”. Le donne sono immaginate fatte della stessa materia grazie a cui vivono e che lavorano. Una Terra che non è un Eden, ma è la terra della coltivazione della canna da zucchero in Nigeria, delle popolazioni schiavizzate per la raccolta e la lavorazione, dello sfruttamento coloniale.

La fabbrica di Gian Maria Tosatti

L’istallazione immersiva di Gian Maria Tosatti, invece, riflette sulla rapida obsolescenza della tecnologia e dei modi di produzione che implica. L’artista ricrea un’intera fabbrica di abbigliamento e un sito di produzione industriale dotato di macchinari obsoleti. Sul sito aleggia un senso del datato in una visione distopica dell’Italia post miracolo economico.

Le donne libere di Carol Rama

L’italiana Carol Rama ritrae un corpo femminile adagiato su un letto, ma senza arti. Il suo modo di liberare l’immagine delle donne dai cliché che lo imprigionano. Alla fine del lungo percorso ci si chiede cosa lascia nello spettatore la mostra, sicuramente tante immagini che toccano le corde più profonde, la capacità di riscoprire la complessità del reale, la capacità di vedere oltre le apparenze, l’ombra nascosta dentro ciascuno di noi.

Il messaggio della Biennale d’Arte 2022: l’evidenza dell’urgenza

Il grande formato delle opere prediletto in questa biennale esprime l’evidenza dell’urgenza dei problemi che attanagliano la società. Rispecchiano lo sforzo enorme che sarà necessario per rispondere ad essi e alle esigenze dei tempi contemporanei. Molti degli artisti immaginano una condizione post-umana con corpi di stoffa e corpi di terra, in cui viene esaltata una metamorfosi corporea che fa paura e rassicura al tempo stesso.

Una condizione oltre il reale che guarda oltre i classici binomi sociali (dominio-sottomissione, potere-ribellione) e si pone in sfida aperta con la moderna visione antropocentrica, che pone l’uomo al centro dell’universo e come misura di tutte le cose.

«Mi piacerebbe che fosse un viaggio al termine del quale non sentirsi sconfitti, ma […] presenti a se stessi. In grado di coltivare il confronto con altri esseri umani, ma anche prodotti delle macchine e con tutti gli elementi naturali che con il nostro pianeta, e l’altrove, presentano.» – Cecilia Alemani, curatrice

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