
A soli 24 anni, il grande artistica Michelangelo Buonarroti realizza la “Pietà“, una scultura che verrà ammirata, come avviene tutt’ora, dimostrazione del genio del giovane toscano che dal semplice marmo tira fuori, porta alla luce, fa partorire un’opera eterna. L’opera marmorea appartiene all’ideologia dell’artista di credere che l’opera sia dentro il marmo, l’idea è già circoscritta nella materia ed è necessario solamente togliere ciò che eccede, per arrivare alla forma perfetta. Quando l’immagine appare, l’artista si ferma e mostra a tutti la visione che ha avuto.
Cosa rappresenta la Pietà di Michelangelo? Perfezione e umanità
L’opera scultorea, sita ora nella Basilica di San Pietro, fu creata in un anno di tempo. Il giovane artista tra il 1498 e il 1499 riuscì a dare forma al dolore della Vergine che abbraccia a sé il figlio morto e alla sofferenza del Cristo immolato per l’intera umanità. Michelangelo riprende un modello assai adoperato nel Nord Europa. Il modello consta di una spigolosità maggiore, di una durezza dei lineamenti. Tutto ciò non è riscontrabile nel gruppo marmoreo dove si avverte la morbidezza della carne, la fluidità delle vesti, una dolcezza nei gesti che i due protagonisti stanno compiendo, il loro dolore vissuto nel silenzio, il miracolo della salvezza dell’umanità.
La Vergine è rappresentata centrale, frontale allo spettatore, sulle sue gambe mantiene il corpo straziato e senza vita di suo figlio. Una mano lo stringe, lo tiene forte a sé, l’altra è aperta verso chi guarda, per dimostrare quel dolore incompreso di una madre che perde suo figlio, quasi un modo per partecipare al suo dolore. Un’ampia veste copre le gambe, una veste ricca di pieghe abilmente scolpite. I panneggi sono creati in modo elegante, veritiero. Il giovane Cristo, privo di vita, completamente inerme, è vegliato dalla madre, sdraiato completamente su di sé. Il suo viso si è lasciato andare, dimostra l’assenza della vita, l’umanità strappata dal sacrificio. Un semplice telo copre le nudità, il resto del corpo nudo all’occhio umano dimostra lo sforzo che ha dovuto compiere. La composizione è perfetta, i corpi sembrano veri, tutto è naturale, porta davvero a vivere questo momento intimo, ma in realtà appartenente all’intera umanità.
La giovinezza della Vergine, colei che non conobbe mai il peccato
Uno dei dettagli ampiamenti discussi riguarda il viso della Vergine. Michelangelo ha concepito la madre di Dio come una fanciulla, con un viso assai giovane, per alcuni critici troppo giovane per la raffigurazione della Vergine che piange sul Cristo morto. Quella giovinezza sarebbe maggiormente appropriata per la Vergine che ha appena saputo dall’Arcangelo Gabriele che darà alla luce il Salvatore. Come spiegare questa decisone dell’artista?
Michelangelo ha già dimostrato bravura, attenzione nei dettagli e scelte ponderate. La decisione di creare il volto della Vergine in tal modo è una scelta decisa, non lasciata al caso. La sua giovinezza non indica l’età anagrafica, bensì l’incorruzione della donna, colei che non ha mai conosciuto il peccato. Davanti a questa giovinezza, davanti a questa giovane madre, il corpo sfinito di Cristo viene messo maggiormente in risalto. Un paragone, dunque, tra chi non ha mai conosciuto l’errore e chi invece è morto per i tanti commessi dagli uomini.
La prima firma di Michelangelo e la rivendicazione della Pietà Vaticana
Delle opere precedenti non abbiamo traccia di rivendicazione da parte dell’artista. Questo caso, invece, è un’eccezione. Dopo che venne iniziata l’opera, cominciò a circolare la voce che essa fosse frutto di un autore lombardo. Non era certa la sua identità, ma si era sicuri della sua provenienza. Michelangelo, a seguito delle voci della diversa attribuzione che non si placavano, decise di opporre la sua firma sulla cintola che attraversa il petto della Vergine. Michelangelo incide il suo nome, si dichiara con orgoglio fiorentino e testimonia in primis la creazione dell’opera.
Chi commissionò la Pietà?
Dopo l’opera “Bacco”, la “Pietà” rappresenta il secondo importante incarico per Michelangelo. Ricevuto da Roma, è il capolavoro che lo consacra; lui che era a quel tempo molto giovane. Ad agosto del 1498 venne stipulato il contratto tra l’abate di Saint-Denis, il cardinale Bilhères de Laugraulas ovvero il committente, e l’ambasciatore di Carlo VIII. L’opera era destinata alla sua tomba nella Cappella di Santa Petronilla, dove sorge l’antica basilica di San Pietro. Il tema – il dolore della Vergine che ha perso il figlio e il dolore del Cristo immolato per l’umanità – alcuni critici ipotizzano che sia stato scelto per il lutto che visse papa Alessandro VI a seguito della perdita del figlio assassinato, il duca di Gandia, nel 1497.