Le opere di Damien Hirst. Apologia della morte nella Britart

Lo Squalo di Damien Hirst. The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living di Damien Hirst

Dalla Britart di Damien Hirst nasce il nuovo artista contemporaneo

Universalmente noto come l’autore del “teschio da 50 milioni di sterline”, Damien Hirst è l’artista degli eccessi spettacolari che ha smantellato la concezione dell’arte contemporanea e del suo mercato. Malattia, decadimento e morte sono il leitmotiv del suo lavoro. L’intuito formidabile per il marketing è la ragione del suo indiscusso successo.

Stella di punta della Young British Artists (YBA), Damien Hirst ha impiegato tutta la sua carriera a costruirsi l’immagine e la reputazione dell’artista sregolato e controcorrente. Si è affacciato sul panorama artistico londinese con la mostra collettiva “Freeze” quando, sul finire degli anni ‘80, era ancora uno studente al Goldsmiths College. La mostra, prodotta e curata da Hirst e dai suoi compagni della “British Waves”, fu un progetto rivoluzionario soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione dell’evento e le ripercussioni che questo ebbe sulla definizione dell’artista contemporaneo.

Damien Hirst in London. Dalla mostra “Freeze” 1988 al mercato

Azzerando le distanze tra curatore e autore, la generazione dei “giovani artisti britannici” erose la vecchia figura dell’artista creandone una completamente nuova, dinamica. L’artista contemporaneo, secondo la Young British Artists (di cui Hirst fa parte), non è colui che trascorre intere giornate nella tranquillità del suo studio, al contrario è chi rincorre il successo attraverso la ricerca di sponsor, la costruzione di una strategia pubblicitaria e una profonda conoscenza della multimedialità.

Damien Hirst è l’emblema di questo artista contemporaneo. Le proprie capacità imprenditoriali infatti lo hanno portato a vendere, a pochi anni dal suo esordio, il suo primo squalo nella formaldeide per la cifra di 50.000 sterline. Questo fu il primo di una lunga lista di successi che lo hanno portato ad essere l’artista vivente più quotato, conosciuto, ammirato – e criticato – al mondo.

La fonte della sua celebrità? Una frustrante incapacità nel disegno

«Avrei sempre voluto essere bravo della classe a disegnare. Non lo sono mai stato, il che mi ha aiutato. Dovevo trovare un altro modo per emergere»

L’ironia dietro questa frase riassume il segreto del successo di Damien Hirst. Un successo che non deriva dalla tecnica o da uno stile ricercato, ma dalla genialità nell’aver trovato la ricetta perfetta per trasformare ogni opera in un fenomeno.

Il suo catalogo, estremamente variegato per tipologia di opere, si contraddistingue per la grande risonanza mediatica e lo smisurato valore di mercato generati dai suoi lavori, oltre che per un tema che trasversalmente accomuna molti dei suoi capolavori: la morte. Dalle tassidermie nella formaldeide alle installazioni che riproducono interni di farmacie e vetrine di studi medici, dalle caleidoscopiche composizioni di farfalle ai teschi umani tempestati di diamant. Tutte le opere di Damien Hirst gravitano attorno al mistero della morte, l’eterno enigma irrisolto che affascina e atterrisce ogni essere umano.

Il significato dietro le opere. Lo “Squalo” in formaldeide di Damien Hirst

“The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living”, più noto come lo “Squalo” di Damien Hirst è l’opera che nel 1991 ha sancito il suo ingresso nel firmamento dei più importanti artisti contemporanei. Diventata parte integrante della cultura popolare come una delle immagini più iconiche dell’arte dell’ultimo secolo, consiste in uno squalo tigre di tredici piedi sospeso in una vasca di formaldeide dal peso complessivo di 23 tonnellate.

Oltre al gigantesco squalo, imbalsamato con le fauci spalancate, anche il titolo scelto dall’artista è studiato per scatenare nell’osservatore uno stato di ansietà e turbamento. Il titolo secondo Hirst è una perfetta rappresentazione dell’idea della morte.

Fa leva sulla condizione di sconcerto che si impone dinnanzi all’impossibilità di razionalizzare qualcosa che concettualmente è opposta all’esistenza. Tra le intenzioni che portarono l’artista a realizzare un’opera di tale portata tuttavia non c’era il semplice proposito di indurre alla riflessione sulla finitezza della vita. Ciò non avrebbe minimamente giustificato lo sforzo di introdurre in luoghi sicuri e tranquilli come gallerie e musei la salma di un squalo. L’intento dell’artista era quello di spaventare chiunque si trovasse davanti alla sua opera, e certamente ha centrato il suo obiettivo.

The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living. L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo

La scultura “Lo squalo”. una volta esposta. generò un’attenzione mediatica clamorosa che fece schizzare le sue quotazioni alle stelle. Sebbene i costi per la cattura dello squalo e il suo trasporto dall’Australia debbano essere stati ingenti, non influirono minimamente sul prezzo d’asta a cui l’opera venne venduta: ben 12 milioni di dollari!

Lo scalpore sollevato da “The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living” ha portato Hirst a realizzare un ciclo molto nutrito di opere simili. Mucche, pecore, maiali, persino unicorni, sono stati immersi dall’artista in teche colme soluzione di formaldeide. Alcuni di questi animali addirittura segati in due, come nel caso di “Mother and Child (Divided)” o “The Black Sheep with Golden Horns”. La possibilità di attraversare con lo sguardo tali corpi, come se ci si trovasse in un laboratorio di anatomia, oltre a calare l’osservatore in uno stato funereo, rievoca semanticamente scienze, come la biologia e la medicina, che studiano la maniera di preservare la vita.

Il significato dietro “Pharmacy” di Damien Hirst: la medicina come una menzogna

L’artista ha a lungo indagato il mondo delle scienze per cercare di capire il motivo della fiducia riposta in esse dagli individui.

«Non riesco a capire perché la maggior parte delle persone creda nella medicina e non creda nell’arte, senza fare domande»

Con l’installazione “Pharmacy”, realizzata per la prima volta ne ‘92, Damien Hirst ha esplorato le distinzioni tra arte e vita e il potere dato ai prodotti farmaceutici dalla nostra fede indiscussa in essi. Nell’opera lo spazio della galleria riproduce una farmacia con le pareti coperte da scaffali bianchi colmi di confezioni di pillole e un bancone da farmacista con sopra delle ampolle di vetro. Al centro della sala tuttavia alcuni oggetti inusuali da trovare in farmacia: alcune ciotole con nidi d’ape e un cattura mosche.

Con tali oggetti di disturbo, l’artista tenta di catturare l’attenzione degli osservatori per portarli a identificarsi con le mosche che in quella farmacia vengono intrappolate. Il miele attira potenzialmente le mosche solo per condurle a una morte rapida e brutale. Allo stesso modo, la medicina promette molto, ma può solo allontanare l’inevitabile fine.

«Tutti noi moriamo, quindi questo tipo di grande facciata felice, sorridente, minimale, colorata e sicura di sé che le aziende farmaceutiche mettono su non è impeccabile, tuttavia la gente vuole credere in una sorta di immortalità». 

La risposta che Damien Hirst dà a questa menzogna è la seguente.

«Accettiamo facilmente la realtà forse perché intuiamo che nulla è reale»

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