Un incontro fra passato e presente, tra Oriente e Occidente, pervaso da un forte senso di spiritualità. È così che si presenta la mostra personale “Namsal Siedlecki: Mvaḥ Chā”.
Namsal Siedlecki è il nome di un giovane artista che si esprime attraverso la scultura. Nato negli USA con il cognome di origine polacca ma di madre italiana, ha vissuto quasi sempre in Italia, in Toscana per la precisione. Ha frequentato l’Accademia a Carrara ma ritiene che lavorare il bronzo sia più facile perché il marmo è duro e se si sbaglia non si può tornare indietro.
Affascinato dall’arte e dalla cultura orientale, è andato tre volte in Nepal. Alloggiando ogni mese in una diversa residenza, ha avuto modo di sperimentare e approfondire la tecnica della fusione a cera persa in uno dei Paesi asiatici più antichi del mondo. In Nepal non usano il gesso e la tecnica si è sviluppata in modo diverso, anche le materie prime sono differenti. Namsal Siedlecki era particolarmente interessato ai passaggi che precedono la fusione, il momento in cui il modello in cera viene ricoperto da strati di “Mvaḥ Chā” (fango giallo) che forma un involucro così spesso da nascondere la forma originale. Lo scultore ha lavorato con diverse fonderie per imparare, ma soprattutto per carpirne tutti i segreti.
Namsal Siedlecki: Mvaḥ Chā. Il fango giallo
Le sculture in bronzo patinato nero sono senza titolo. Sembrano bozzoli o insetti allo stato larvale il che spiega il nome “Crisalidi”. Al primo impatto ricordano i lavori di Henry Moore, Bràncusi, esponenti dell’estetica arcaicista della scultura del primo Novecento. Si tratta di pezzi lavorati e intermedi di sculture che, se assemblati insieme, andrebbero a formare un Buddha o altra divinità nepalese. La particolarità sta nel fatto che Namsal Siedlecki ha scelto solo delle parti, dei frammenti non finiti – un busto, le gambe di Ganesh, teste – liberi da canoni proporzionali e da precisi riferimenti anatomici. Forme dalle masse indeterminate, ma dotate di un’espressività forte e primitiva.
Ciò che differisce tra Oriente e Occidente è il concept alla base del processo di lavorazione delle statue. La scuola nepalese inizia dall’astrazione per arrivare a qualcos’altro. Partendo da porzioni di sculture sacre, la forma si astrae e l’astrazione delle forme è funzionale per arrivare alla figura intera di carattere religioso. In Occidente invece si usa una procedura diversa, dato che si è arrivati all’astrazione dopo millenni.
Il pezzo forte della mostra “Namsal Siedlecki: Mvaḥ Chā”
Il nucleo principale della mostra è costituito da cinque grandi sculture in bronzo, realizzate da Siedlecki nel 2019. Oltre a queste ce ne sono altre simili di dimensioni minori, nate dal proseguimento delle esperienze all’interno delle fonderie che costituiscono un corpus unico legato a questa ricerca. Accanto alle opere si trovano dei piccoli oggetti: uova, frutti, dolci, alcolici o soldi. Sono piccoli doni. Secondo l’artista le sue sculture, essendo pezzi di divinità devono essere accompagnate da offerte.
«Lavoro per idee, frutto dei viaggi in Nepal. Lì accanto alle sculture sacre i fedeli, per accattivarsi i favori delle divinità, lasciano dei doni. Ognuno offre quello che gli piace, secondo le sue possibilità. Offrono qualsiasi cosa. In questa mostra l’idea è che le sculture coesistono con le loro offerte e si basa su due scelte: la mia, quella delle forme, e quella di colui che offre. Anche i visitatori potranno, se lo vorranno, fare le proprie offerte» – Namsal Siedlecki
A complemento delle sculture sono in esposizione anche due elementi estranei a mo’ di documentazione. Il primo è un forno fusore, dove avviene la fusione del bronzo, ed è riempito di offerte. Il secondo è una bacchetta di grafite, unico oggetto che può essere usato per mescolare il bronzo fuso senza subire danni. Funge da mestolo, fragile e leggero, ma molto resistente.
Namsal Siedlecki. Premi
Namsal Siedlecki è nato a Greenfield (USA) nel 1986. Vive e lavora a Seggiano (GR). Nel 2015 ha vinto la quarta edizione del Premio Moroso e il Cy Twombly Italian Affiliated Fellow in Visual Arts presso l’American Academy in Rome. Nel 2019 vince il Club Gamec Prize e il Premio Cairo. Negli ultimi anni ha esposto il proprio lavoro presso numerose istituzioni nazionali ed internazionali tra cui: In extenso, Clermont-Ferrand; MAXXI, Roma; Villa Medici, Roma; Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; Galeria Boavista, Lisbona.
Ancora Villa Romana, Firenze; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; 6 Moscow International Biennale for Young Art, Mosca; Chertludde, Berlino; Magazzino, Roma; American Academy in Rome. Infine Museo Apparente, Napoli; Fondazione Pastificio Cerere, Roma; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Antinori Art Project, Bargino; Galeria Madragoa, Lisbona; Frankfurt am Main, Berlino; Cripta747, Torino. Dal 2008 al 2013 ha gestito lo spazio indipendente GUM studio, prima a Carrara e poi a Torino.
Progetto Crisalidi
“Crisalidi” il nome del progetto realizzato nell’ambito dell’Italian Council che comprende i risultati di questi viaggi di studio. Mostrati in anteprima a gennaio 2020 presso il Museo di Patan a Kathmandu, vengono presentati per la prima volta in Italia a Roma presso la Fondazione Pastificio Cerere, con la curatela di Marcello Smarrelli, Direttore Artistico della Fondazione.
«L’interesse scientifico e antropologico per i fenomeni, l’approccio quasi alchemico alla materia e ai suoi “passaggi di stato”, l’attenzione a stili e tecniche diverse, la riflessione sul valore dell’opera sono le ragioni che hanno guidato la scelta dell’artista e del progetto, con il quale la Fondazione Pastificio Cerere ha partecipato al bando Italian Council» – Marcello Smarrelli
Autore: Anna Amendolagine






