Perchè la pittura di Caravaggio è innovativa. Cosa sapere di lui: chi era e chi lo ha scoperto
Artista rivoluzionario, un talento assoluto ma con un pessimo carattere. Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (per il nome del paese lombardo natìo), diede vita a quella che è stata definita una vera e propria “rivoluzione caravaggesca”.
Fu Roberto Longhi, uno dei padri fondatori della critica d’arte del XX secolo, ad attribuire a Caravaggio un ruolo di artista rivoluzionario, definendolo il “padre fondatore dell’arte moderna”. Il primo a capire l’importanza di questo artista geniale, che aveva saputo farsi testimone di ben 3 scuole pittoriche cinquecentesche: la scuola padana, la veneta e la toscana. Anche se nessuna documentazione è riemersa al riguardo, si può ipotizzare come fonte di ispirazione iniziale la pittura lombardo-veneta del ‘500.
Nato a Milano, il 29 settembre 1571, Michelangelo Merisi da Caravaggio ha avuto un’influenza profonda sulla pittura italiana ed europea. Ha lasciato un segno indelebile affidando al contrasto fra luce e ombra il compito di restituire sulla tela l’evidenza del reale.
Cosa dipingeva. I temi
La vita di Caravaggio incise fortemente sulla sua carriera artistica. Con il trasferimento a Roma iniziò a muovere i primi passi artistici attirando l’attenzione di importanti committenti romani.
In questi anni si dedicò tanto alla realizzazione di composizioni di genere -“Ragazzo morso da un ramarro”, “Bacchino malato”, “Buona ventura”, “I bari”, “Concerto”, “Bacco”- quando a quella di pale d’altare con temi religiosi – la Cappella Contarelli con la “Vocazione e il Martirio di San Matteo” fu la prima importante commissione pubblica-.
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I capolavori di Caravaggio spaziano anche su temi mitologici. Unici nella produzione dell’artista sono l’affresco raffigurante “Giove, Nettuno e Plutone” del Casino Boncompagni Ludovisi e la “Canestra di frutta” che viene poi ripresa all’interno di altri dipinti -come la “Cena in Emmaus” del 1601-.
La fotografia di Caravaggio nella pittura. Le ultime scoperte di Roberta Lapucci
Giustapponendo idealmente i dipinti dei primi anni, è possibile riscontrare un’evoluzione. Sembra di ammirare tante sequenze di fotogrammi. Le opere sono accumunate da elementi simili resi però in diverse varianti. Si parte da una stasi assoluta per poi arrivare al movimento improvviso, bloccato come in un fermo immagine, una tecnica che apre la strada alla moderna fotografia. Non è fotografia nell’accezione di ritratto posato, è fotografia alla ricerca di una realtà che coglie lo spettatore di sorpresa. Ricorda la filosofia dell’«attimo decisivo» tanto cara ad Henri Cartier-Bresson: la fotografia vissuta come attesa e cattura del momento in cui la realtà si sta determinando.
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A svelare la tecnica fotografica del pittore è stata Roberta Lapucci, esperta di storia dell’arte. La studiosa italiana ostiene che Michelangelo Merisi trasformò il suo studio in un’enorme camera oscura. Qui avrebbe sistemato i suoi modelli, illuminati attraverso un foro nel soffitto da cui filtrava la luce. In seguito, ne avrebbe proiettato l’immagine sulla tela attraverso una lente ed uno specchio.
Dalle ultime ricerche scientifiche si scopre infatti che Caravaggio usava sostanze chimiche per trasformare le sue tele in primitive “pellicole” impressionabili. La preparazione che usava, composta di diversi elementi sensibili alla luce, permetteva di fissare l’immagine sulla tela per circa una mezz’ora. Nell’oscurità quasi totale e in questo lasso di tempo, il pittore abbozzava l’immagine proiettata sulla tela con una mistura di diverse sostanze, elementi chimici e minerali visibili anche al buio. Sulle tele del Caravaggio, ha spiegato Lapucci, sono stati ritrovati sali di mercurio, sensibili alla luce e utilizzati nelle pellicole. Il maestro non faceva mai schizzi preliminari, è quindi plausibile che utilizzasse queste proiezioni per dipingere.
Caravaggio e il Barocco: dalla mezza figura al “grido dannato”
Un elemento ricorrente riguardo i personaggi di Caravaggio è la scelta iniziale della mezza figura, che si tratti di adolescenti (“Ragazzo morso da un ramarro”), di giocatori (“I bari”), e così via. Con la realizzazione della Cappella Contarelli invece il pittore sfida se stesso nella realizzazione di figure intere, coinvolte in movimenti sempre più accentuati. Il più delle volte le sue mezze figure sono raffigurate dietro un appoggio -spesso un tavolo- posto in primo piano e avente doppia funzione: da un lato crea profondità al quadro, dall’altro dà all’osservatore la sensazione di sentirsi parte della scena. È questa una delle grandi eredità che Caravaggio ha lasciato all’arte barocca.
Un’altro elemento che sopravvivrà nel Barocco è il cosiddetto “grido dannato” -raffigurazioni di figure con bocche spalancate-. Si pensa alle opere giovanili come “Ragazzo morso da un ramarro”, “Medusa”, ma anche “David con la Testa di Golia”. Un’idea di teatralità coinvolge l’osservatore come in una sorta di sinestesia, attraverso gli occhi e le bocche spalancate si percepisce quasi il grido. Si può quindi dire che con queste innovazioni pittoriche, Caravaggio non anticipò il Barocco, ma lo creò.
Il realismo dei personaggi
«Il Caravaggio non apprezzava altri che se stesso, chiamandosi egli fido, unico imitatore della natura» – Giovan Pietro Bellori
Un’altra caratteristica importante nella pittura di Caravaggio è quella di raffigurare la realtà così come appare. Per Caravaggio la pittura è una seconda natura, ma per rappresentare la realtà così come è bisogna aderire al dato di natura.
I suoi personaggi, che si tratti di figure religiose o meno, indossano abiti contemporanei, quindi abiti che si indossavano nell’epoca del pittore. Le figure sono sempre rappresentate all’interno di uno spazio chiuso, lo studio di Caravaggio o l’osteria che era solito frequentare. Questi luoghi sono rappresentati così come apparivano ai suoi occhi in quell’istante creativo. Così una Maddalena viene raffigurata seduta nel suo studio e San Matteo risponde alla chiamata del Signore seduto al tavolo di un moderno locale romano.
Chi sono i modelli
L’adesione del pittore al dato reale la si vede soprattutto nei soggetti dei suoi quadri. I personaggi sono reali, si trattadi modelli presi dalla strada, come poveri, garzoni e prostitute. Per la prima volta nell’arte veniva presa in considerazione una realtà di pezzenti, un’umanità dai piedi sporchi e dalle vesti lacerate, talvolta con affetto o anche con compassione.
Pier Paolo Pasolini, allievo di Roberto Longhi, vedeva i personaggi di Caravaggio pieni di vita. Li sentiva come fratelli, amici. A Roma lo scrittore praticava la sua omosessualità nel completo anonimato, nelle borgate, con uomini identici a quelli ritratti da Caravaggio secoli prima, nella stessa città.
Chi ha ucciso Caravaggio e chi uccise. Fuga e morte in pittura
Come un eroe di un romanzo noir romantico, lo stesso Caravaggio finì vittima della sua arte e del suo temperamento. Morì a 38 anni, il 18 luglio 1610 a Porto Ercole.
Reo d’un assassino che fu più un incidente che un delitto premeditato, fu costretto a fuggire da Roma poiché su di lui il Papa aveva imposto la decapitazione. Da questo momento in poi Caravaggio, oltre a dipingere se stesso nei suoi dipinti confondendosi tra i soggetti, si raffigurerà anche in teste mozzate -“David con la testa di Golia”. Queste diventano per lui un’ossessione, le vede ovunque.
L’uso di ritrarsi nelle proprie opere non deve essere visto come un’ostentazione del successo, ma anzi, si spoglia delle sue vesti privilegiate e si confonde con i soggetti umili della sua pittura.
Come si firmava Caravaggio? L’unico caso
La necessità di confondersi, di celare la propria identità negandone la conferma con una firma autografa, si potrebbe far risalire al divieto dell’epoca per gli artisti di firmare le proprie opere. Si pensi che dell’intera produzione pittorica di Caravaggio solo un dipinto riporta la sua firma autografa -, “La decollazione di San Giovanni Battista”-. Si tratta di una firma, F[ra] Michelan[gelo], realizzata con il colore rosso del sangue che esce dalla gola del Battista. Sono questi gli anni in cui Caravaggio è in fuga, ossessionato dalle decisioni di potere che possono essere scagliate contro di lui.
Il rapporto tra potere e corpi è una costante nell’arte di Caravaggio. I corpi sono messi al centro della scena, imprigionano le anime dei suoi personaggi. Sono corpi lacerati, feriti ma anche palpitanti e vibranti di vita.
L’arte laica di Caravaggio e il rapporto con la religione. La libertà dell’artista
«Egli (il Caravaggio) dice infatti che tutte le cose non sono altro che bagatelle, fanciullaggini o baggianate – chiunque le abbia dipinte – se esse sono fatte dal vero» – Karel van Mander
Pur avendo un’attenzione verso gli ultimi, l’arte di Caravaggio è stata definita dagli studiosi un’arte laica. Ribelle, scontroso, aggressivo, eppure non fu un uomo senza Dio. Ancora oggi però i pareri sull’orientamento spirituale di Caravaggio sono diversi e contrastanti. Certo è, che per i suoi contemporanei, la pittura del Merisi ricca di Madonne e santi rozzi e sudici risultava evidentemente sacrilega. Ma non si può negare che il tema del sacro non manca nei suoi dipinti, semplicemente riesce a restare fedele alle sue idee.
Una delle più grandi innovazioni portate da Michelangelo Merisi è la totale libertà dell’artista. Nei secoli precedenti il pittore lavorava su commissione, il più delle volte di maestranze religiose. Secondo le sue esigenze il committente sottoscriveva un regolare contratto di compravendita in cui specificava anche il soggetto da dipingere. Con Caravaggio il committente viene accontentato, ma solo in parte. A lui resta la scelta del soggetto, ma come dipingerlo spetta al pittore.
Caravaggio sceglie un modo tutto suo di stare alle regole dettate dal “sistema”. Così i temi religiosi vengono celati e mischiati a storie di vita quotidiana. Per la prima volta San Giuseppe appariva come un lavoratore assistito da Gesù nella falegnameria di casa. Una fanciulla seduta nella sua stanza viene finta per Maddalena con un unico elemento che funge da sacro: l’ampolla contenente l’olio che simbolicamente usò per ungere il corpo di Cristo.
Come dipingeva Caravaggio? Che colori utilizzava, quale tecnica adoperava, come preparava le tele e l’imprimitura
Caravaggio utilizzava prevalentemente supporti in tela, sui cui stendeva una preparazione (o imprimitura) di colore variabile dalle preparazioni brune o verde smeraldo per le opere giovanili a quelle sempre più scure fino ad utilizzare il nero per le opere più tarde. L’imprimitura spesso era lasciata a vista come linea di contorno delle figure, per realizzare le ombre o lo sfondo.
Un elemento fondamentale di cui si è venuti a conoscenza dalle fonti e poi confermato dalle radiografie, è la totale assenza di disegno preparatorio. Caravaggio usava le “incisioni”, cioè segni sintetici tracciati sulla preparazione ancora fresca con uno stilo o la punta del manico del pennello. In questo modo riusciva ad abbozzare le figure. Si trattava di una tecnica derivata dagli affreschi e comune ad altri pittori, iniziata intorno al 1600 e poi ridimensionata nelle opere di Napoli, Malta e della Sicilia -doveva lavorare a mente perchè scappando da Roma aveva abbandonato lì i modelli-, ma mai da lui completamente abbandonata.
Per la stesura pittorica Caravaggio procedeva per velature, cioè per strati di colore chiari, poveri di pigmenti e ricchi di leganti. Nel Seicento si era affermato l’utilizzo di preparazioni molto scure, in rosso o in bruno. Si era infatti riscontrato che certi colori, quali l’azzurro, il verde o il bianco, acquistavano maggior potenza e splendore se applicati su uno strato rossastro (che però, col tempo enfatizza i contrasti perchè assorbe le mezze tinte e rafforza le ombre). Ne derivava una pittura molto raffinata, basata su superfici piatte e pennellate poco visibili che, in contrasto con la preparazione sottostante, permetteva di lavorare velocemente e di ottenere un effetto molto simile alla percezione reale. Ciò che è scuro segna la profondità rimando”lontano”, ciò che è chiaro la vicinanza dando l’impressione di passare “avanti”.
Come usava la luce Caravaggio per illuminare i modelli. Un nuovo linguaggio pittorico
Anche nell’utilizzo della luce scelse di restare fedele alla natura. La luce che Caravaggio utilizzava era quella naturale, intensa e fortemente direzionata. In molte opere di Caravaggio ritroviamo quasi un fascio di luce che investe i protagonisti e ne definisce le forme, creando un forte contrasto con lo sfondo scuro. Caravaggio otteneva dal vero questo effetto avvalendosi di una fonte di luce esterna, grazie a piccole finestre posizionate in alto o a fori creati appositamente nel soffitto che, in un ambiente buio, creavano questo effetto fortemente contrastato. Quasi a ricreare un faro da teatro ante litteram puntato sui soggetti delle tele.
Caravaggio creò così un nuovo linguaggio pittorico, intervallando violenti sprazzi luminosi che trapassano vaste zone d’ombra. Attraverso la luce scolpisce i corpi palpitanti di vita, creando una scena fortemente emotiva, drammaticamente teatrale, perciò, pienamente barocca.











