Forza di volontà e tenacia, fragilità, sensibilità ed insicurezza, ma anche eleganza, dinamicità, linee perfette e pura essenza della danza. Tutto questo è Alessandra Ferri, una delle più grandi interpreti al mondo e prima ballerina ed Étoile italiana.
Alessandra Ferri non voleva fare la principessa. Lei è la musica che danza
Alessandra Ferri fu la prima in casa Ferri ad avere la passione per l’arte e, piccolissima, alla sola età di 4 anni, chiese di essere iscritta ad una scuola di danza. Non voleva indossare tutù e scarpette, come la maggior parte delle bimbe della sua età: lei amava lo studio della danza. Era solo una bambina, ma già capì che si trovava davanti “al suo destino”.
Il tutù e le scarpette sono da sempre stati per lei oggetti magici, un rito. Vedeva l’arte che c’era dietro a chi fa le scene e a chi suona uno strumento. L’arte del teatro, un tempio, un portale verso una realtà magica, un qualcosa di sacro, una realtà parallela con una vibrazione particolare. Quello che l’ha fatta ballare è il rapporto che ha mentre danza con la musica: in quel momento lei diventa musica.
«Io non ascolto la musica io sono la musica che danzo» – Alessandra Ferri
Quando a 15 anni i genitori le lasciarono proseguire gli studi presso la scuola del Royal Ballet School di Londra, incontrò Mikhail Baryshnikov. Il grandissimo ballerino russo e al tempo direttore del American Ballet Theater di New York, la invitò a danzare nella sua compagnia. Collaborò negli anni con i maggiori coreografi come Roland Petit, William Forsythe, Wayne MacGregor dando vita alla sua carriera internazionale piena di successi.
Giselle di Alessandra Ferri rinnova la danza
Fu proprio con Mikhail Baryshnikov che Alessandra Ferri danzò per la prima volta nel ruolo di Giselle. L’incontrò fra i due fu molto importante. Ormai in chiusura della sua carriera classica, Baryshnikov le insegnò “a farcela” e a non mollare. Alessandra Ferri rimase al American Ballet per 30 anni, giovando della contaminazione favorita da tanti scambi internazionali e scoprendo la sua vera identità.
“Giselle” era da sempre il classico da lei più amato, eppure lo mutò, rendendo autentico e originale il suo ruolo. Inizialmente non fu semplice relazionarsi con la gestualità tipica del repertorio classico ottocentesco, ma – anche grazie all’appoggio dello stesso Baryshnikov – spogliò il personaggio da tutti quei movimenti non veri.
Alessandra Ferri recò una vera innovazione nella danza, specialmente con i suoi movimenti peculiari. Nel corso della sua carriera ha affinato sempre di più una qualità di movimento, morbido, silenzioso e sostenuto che nasce da un training di ginnastiche dolci e tecnica accademica americana. Ha sviluppato così una danza comprensiva di diverse sfumature musicali, naturalezza e ampiezza di movimenti. Queste caratteristiche la rendono un’artista capace di emozionare profondamente chiunque la guardi danzare.
Il significato della danza per Alessandra Ferri
Un faticoso lavoro di introspezione, insieme ai tanti ruoli che le sono stati cuciti addosso, hanno reso Alessandra Ferri una stella luminosa della danza. Una donna con una grande consapevolezza di sé e del proprio spazio nel mondo. Ha sempre affermato che un ballerino è un ballerino per passione, non per lavoro. Si nasce e si diventa ballerini perché si vuole esserlo.
Non ha mai diviso l’arte dalla vita: la danza è il suo modo di esprimersi e di vivere. Si rispecchia, si osserva, si conosce nella danza. Ma la ragione per cui continua a ballare è perché continua ad imparare. Ogni giorno riflette attraverso la danza.
Per Alessandra Ferri la perfezione non esiste o meglio, è relativa e individuale, ma esiste il talento. E fatto di tantissime cose messe insieme, una delle quali è la forza di volontà. Intelligenza, umiltà e doti fisiche insieme consentono all’anima di liberarsi. Il corpo è lo strumento attraverso il quale si esprime l’interiorità, si scopre l’essere, un tutt’uno con anima e corpo.
La Giulietta di Alessandra Ferri danza con gli occhi di Romeo
Ciò che contraddistingue Alessandra Ferri è il suo “essere”. Non si limita ad interpretare un personaggio, ma si insinua nella sua pelle e ne sperimenta le emozioni. Quando balla non recita, ma porta con sè tutta la sua vita. Anche la scelta del ballerino per le coreografie in coppia passa attraverso lo sguardo e l’anima.
Fondamentale per lei fu il coreografo Kenneth MacMillan, che ne scoprì il talento quando era ancora un allieva. Fu per lei un padre artistico. Le affidò sin da subito i ruoli importanti che la condussero alla fama, primo in assoluto il celebre passo a due “Romeo e Giulietta.
Alessandra Ferri sente di essere nata Giulietta e di conoscere e comprendere ogni sfumatura del suo personaggio. Comincia a vedere negli occhi del suo Romeo sul palco, l’amore, non il danzatore. Entrando nella profondità della psiche e della storia, arricchisce la sua interpretazione di volta in volta con nuovi dettagli. È per questa compenetrazione nel personaggio che si è aggiudicata il soprannome di “Eterna Giulietta”.
Heure Exquise di Maurice Bejart
In occasione dei suoi 40 anni di carriera, nello spettacolo “L’Heure Exquise” di Maurice Bejart, c’è un pezzo in cui Alessandra Ferri canticchia la Giulietta, il suo ruolo più significativo. La scenografia prevede una montagna di scarpette da punta, che per Alessandra rappresentano vita, sogni, desideri, delusioni, passioni, intimità. Non collazionando le vecchie scarpette per realizzare questa scenografia, ha coinvolto le sue colleghe internazionali. Entrando in questa montagna di scarpette non si è sentita più sola, rappresentava tutte loro.
Alessandra Ferri in “Chèri” di Martha Clarke. Il fascino delle donne mature
A 44 anni, con l’intento di godersi appieno il ruolo di madre, Alessandra Ferri ha lasciato le scene con un’ultima esibizione nel 2007: “La Dama delle Camelie” con Roberto Bolle alla Scala di Milano e un mese dopo “Giulietta” con l’American Ballet al Metropolitan di New York. L’unico rimpianto e stato di non aver mai lavorato con George Balanchine e il rammarico che sua figlia Emma, ancora troppo piccola, non avrà mai ricordi di lei in scena.
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Non ha ballato per 6 anni finchè, per le strade di New York, Alessandra Ferri ha incontrato Martha Clarke, regista e coreografa americana, figura determinate della sua rinascita artistica. La coreografa le ha proposto di essere la protagonista del suo spettacolo “Chèri”. Alessandra non voleva un ritorno sulle scene per necessità, ma desiderava andare avanti nella sua vita di donna e di ballerina. Il sogno era di interpretare delle donne della sua età, non più giovani innamorate e classiche eroine, ma donne mature con un vissuto, un passato interessante e un’interiorità piena di sfaccettature.
Nel tornare in scena, Alessandra Ferri si è ripromessa di non voler più interpretare ruoli di repertorio. Vive i suoi personaggi sia nell’aspetto interpretativo che in quello esecutivo, ricercando in sè sentimenti analoghi a quelli del personaggio. Si esprime in maniera eterea, rifiutando e allontanando le caratteristiche classiche della “ballerina idealizzata”.