La Danza contro la Guerra. Da sempre l’arte in difesa della pace

Il mondo della danza è più unito che mai contro la guerra perché l’arte è da sempre un linguaggio universale senza confini di popoli, terre ed appartenenze. Fin dai tempi primitivi la finalità della danza è stata quella di ringraziamento e di unione tra i popoli. Con il linguaggio del corpo, sotto forma di danze, venivano celebrati avvenimenti importanti della vita.

La guerra nella danza primitiva fino ad oggi

Nella danza primitiva non esisteva confine tra corpo e anima, in origine infatti portava potere e salute, evocava le forze della natura, guariva i malati ed era il legame che univa il popolo con i defunti. Rappresentava quindi la felicità dell’anima e il benessere del movimento. Non c’era avvenimento nella vita dei popoli primitivi che non veniva rappresentato attraverso la danza.

Da sempre sono state rappresentative di scene di caccia e di guerra. Quest’ultima era di carattere imitativo, nella coreografia veniva imitato il combattimento attraverso l’utilizzo di armi. Era richiesta per questo forte agilità, precisione nei gesti e riflessi pronti. Spesso durante la coreografia si ferivano davvero e nel peggiore dei casi la scena di morte diventava realtà. Quando gli uomini partivano per la guerra, le donne rimanevano a casa e danzavano giorno e notte con lo scopo di assicurare la salvezza dei loro cari.

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Il passaggio tra danza-rito a danza-arte

Quando avviene il passaggio tra danza-rito a danza-arte, la danza viene professionalizzata e di conseguenza rivolta non più soltanto a se stessi, ma ad un pubblico. Cambia anche il suo scopo non più soltanto celebrativo, bensì narrativo. La guerra, che prima veniva imitata ora viene raccontata attraverso il movimento al pubblico presente. Ecco che l’arte diviene educazione ai sentimenti e diviene divulgazione di una storia di guerra che forse ad oggi non ci ha insegnato a non rifare gli stessi errori di un tempo.

Molti danzatori nella storia si sono ribellati ed opposti alla guerra. Isadora Duncan, la madre della danza libera, si pensa sia scesa in piazza a protestare l’8 marzo del 1917 a San Pietroburgo insieme a tante altre donne contro la guerra. Tanti sono fuggiti dalla guerra alla ricerca di una vita migliore come Rudolph Nureyev, noto il suo esilio dalla Russia durante la Guerra Fredda.

La “Danza Macabra Europea” di Alberto Martini e “Xenos” di Akram Khan

Un tentativo di sensibilizzazione al pubblico nei confronti dell’oscenità di un conflitto, lo troviamo nel grande artista italiano Alberto Martini che allo scoppio della Prima Guerra Mondiale realizzò la sua “Danza Macabra Europea”. La “Danza Macabra” è una rappresentazione a tema iconografico tardomedievale di danza tra uomini e scheletri, dove rappresentano rispettivamente le diverse categorie della società, dai personaggi più umili ai più potenti e la morte.

Il celebre coreografo Akram Khan nel 2019 ha vinto il Laurence Olivier Award con lo spettacolo “Xenos”, dedicato a tutti quei soldati ed alle battaglie che non sono mai raccontate nella storia sulla Prima Guerra Mondiale. Secondo il coreografo quegli anni vanno riscritti ancora una volta, specialmente oggi se ne vedono le conseguenze nelle sciagure che accadono nei nostri mari.

L’Akram Khan Company, una delle compagnie più visionarie della scena contemporanea internazionale, propone la rivisitazione di “Xenos” pensata per i ragazzi. La coreografia accompagna i giovani spettatori nella toccante storia del protagonista, un uomo che diviene soldato per un ideale, ma che si ritrova a camminare verso un qualcosa a lui sconosciuto. L’attraente fusione tra movimenti di danza kathak e contemporanea descrive precisamente l’addestramento, l’arruolamento e la dura vita della trincea. I sentimenti di paura, solitudine e speranza provati dal protagonista che morirà nel terrore dei bombardamenti assordanti.

La danza contro la guerra tra Russia e Ucraina

Ma ancora oggi, nel corso della guerra tra Russia e Ucraina, ci sono tanti ballerini che con grande coraggio decidono di fare un salto nel buio esprimendo a gran voce il loro NO alla guerra. Non sanno che strada potrebbe prendere la loro carriera dopo questo gesto dalla forte potenza simbolica, fuggono dai loro teatri, cercano rifugio altrove, non si sentono più a casa. Si pensa al clamoroso addio del direttore del Bolshoi, Tugan Sokhiev che ha lasciato la guida del teatro di Mosca insieme alle dimissioni della direttrice del teatro, Meyerhold Center. Anche la prima ballerina del teatro stesso, Olga Smirnova, ha abbandonato il prestigioso corpo di ballo.

«Non avrei mai pensato che mi sarei vergognata della mia Russia, sono sempre stata orgogliosa del talento dei russi, dei nostri successi culturali e atletici. Ma ora sento che è stata tracciata una linea che segna un prima e un dopo, non posso che dire che con tutte le fibre dell’anima sono contro la guerra. Fa male vedere che le persone muoiono, mentre altre sono costrette a lasciare le loro case, anche se non siamo nell’epicentro delle ostilità, non possiamo rimanere indifferenti di fronte a una catastrofe globale» – Olga Smirnova

Prima di lei, a dire addio alla stessa compagnia di danza, era stato Jacopo Tissi, il primo italiano nella storia ad essere nominato primo ballerino del corpo di ballo moscovita. L’ucraino Sergeij Polunin, il danzatore con il volto di Putin tatuato sul petto, dopo l’accaduto ha preso le distanze dal leader russo e si esibisce in scena senza tatuaggio. Proprio il Kiev city ballet ha trovato invece una nuova casa al Théatre du Chatelet di Parigi, dove i ballerini ucraini danzano per dire “Basta” alla guerra.

Alexei Ratmanski, direttore del balletto al Bolshoi dal 2004 al 2008, uno dei maggiori coreografi esistenti, di radici russo-ebree-ucraine, ha lasciato a metà una creazione sull’”Arte della Fuga” di Bach a cui stava lavorando andandosene. Risiede ora all’American Ballet Theatre. Anche Xander Parish, stella inglese del Mariinskiji, ha lasciato la compagnia e la Russia. Un caso a parte è rappresentato dal primo ballerino del teatro dell’Opera di Kiev, Oleksii Potiomkin che non ha lasciato le scene in segno di protesta contro la guerra, ma per “andare a difendere il suo Paese”. Note le foto che girano nel web che lo mostrano sul campo pronto in azione mentre indossa la divisa di soldato.

Il “Ballet for peace” al teatro San Carlo di Napoli. Ballerini Ucraini e Russi insieme contro la guerra

Sarà per il potere curativo della danza, che riesce a portare ad un profondo benessere e ad unire le persone, sarà perchè non importa che lingua parli quando danzi, né quale sia il colore della pelle. Tutta l’umanità può danzare insieme. Ci si scambia pelle, emozioni, origini, storia e vissuti. Si sta uniti. Si vive insieme. Il 4 aprile i Primi ballerini ucraini e russi provenienti dai più prestigiosi teatri del mondo hanno calcato insieme, uniti più che mai, il palcoscenico del Teatro San Carlo di Napoli per ballare il loro “Ballet for peace”.

Si esibiranno Iana Salenko, Dinu Tamazlacrau, Kateryna Shalkina Arthur Shesterikov, Oleksandr Ryabko, Silvia Azzoni, Maria Yakovleva, Denys Cherevychko, Timofej Andrijashenko, Nicoletta Manni, Maria Kochetkova, Sebastian Kloborg, Katja Khaniukova, Alexey Popov, Christine Shevchenko, Luisa Ieluzzi e Stanislao Capissi.

Con la straordinaria presenza di Anastasia Gurskaya, prima ballerina dell’Opera di Kiev, appena fuggita dalla guerra. Su iniziativa di Alessio Carbone, primo ballerino dell’Opera di Parigi, la serata ha previsto un susseguirsi di passi a due e assoli del grande repertorio classico e contemporaneo.

«La danza ha il potere di commuovere, di unire. Utilizzeremo la forza della nostra passione per mostrare al mondo che restiamo uniti per la pace» – Alessio Carbone

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