Decadentismo e la crisi dell’io. Il significato attraverso gli autori

Decadentismo e Simbolismo. La visione dei poeti maledetti

Il decadentismo è una corrente letteraria che nasce in Francia verso la fine dell’Ottocento e si diffonde in Europa verso gli inizi del Novecento. Il panorama europeo storico e sociale è mutato e vi è un netto rifiuto verso le convenzioni borghesi, verso il positivismo e verso il razionalismo scientifico. Nella letteratura è presente una pedissequa ricerca sul mistero e sui tormenti dello spirito.

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In questa corrente, vi sono i cosiddetti poeti maledetti, maestri di ingegno. Baudelaire, Mallarmè, Rimbaut, Verlaine e altri rappresentano nei versi il gusto per il degrado, per il sesso, per il male, etc. Questa corrente poetica non tralascia il dialogo sulla paura della morte, sulla sregolatezza dei sensi e sul mistero dell’anima, ricercando una dimensione onirica e immaginaria per sfuggire da un mondo deludente e colmo di scorie.

La profondità dell’esistenza viene colta attraverso le corrispondenze simboliche. Il poeta coglie l’infinito e l’arcano che si cela dietro il reale e percepisce le intuizioni, grazie alla sua delicata sensibilità. I poeti maledetti sono riusciti a trasformare gli eccessi in creatività valorizzandoli nelle loro opere.

Decadentismo italiano. Alcyone, D’annunzio e la suggestione della natura

Nella lirica decadente la natura viene percepita dal poeta come rinnovamento. Il panismo è presente nel Novecento letterario, ben rappresentato in italia da Gabriele D’Annunzio nella lirica: “La Pioggia del Pineto” (Alcyone, 1903). Il poeta descrive la bellezza vegetale della natura e il temporale estivo con musicalità e con la partecipazione di tutti i sensi. La natura può avere un dialogo con il poeta fondendosi con l’uomo, che chiede alla donna immaginaria Ermione di ascoltare i moti della vita delle piante, delle cicale, dei fiori, etc. Il poeta è consapevole che la pioggia lo coinvolge e lo comprende insieme alla donna.

Leggi la poesia: “La pioggia nel pineto” di Gabriele D’Annunzio

«Piove sui nostri volti /silvani, /piove su le nostre mani/ ignude,/ su i nostri vestimenti /leggieri,/ sui freschi pensieri /che l’anima schiude novella»

Il lettore percepisce un senso di estasi e di piacere. Può avere una funzione catartica questa lirica in quanto il poeta presenta la sua emotività e la vegetazione accentua la sua spiritualità. Vi è una componente bucolica nel panismo di D’Annunzio.

Il decadentismo in Pascoli: Myricae è panismo e purezza

Anche Giovanni Pascoli nella raccolta “Myricae” (la cui prima edizione risale al 1891) esalta le manifestazioni naturali e meteorologiche, come il lampo, il tuono e il temporale e vige una componente simbolica. La lirica “Il tuono” rivela una natura minacciata, ma compare verso la fine dei versi il canto materno che offre un rifugio e la speranza nell’esistenza dolorosa dell’anima tormentata dai mutamenti del suo tempo. Nonostante la presenza della notte nera, vi è la consapevolezza che i sogni non svaniscono e che il risveglio della primavera è vicino.

Leggi la poesia: “Il tuono” di Giovanni Pascoli

«Soave allora un canto/s’udì di madre e il moto di una culla»

Le allitterazioni, le sinestesie, le metafore e le onomatopee donano musicalità alla lirica e coinvolgono emotivamente il lettore. In Giovanni Pascoli si evidenzia la presenza dello sguardo innocente del fanciullino. Egli coglie le manifestazioni simboliche della natura e dell’infinito con immediatezza, senza filtri, in quanto la visione del bambino è schietta, priva di ipocrisia. La purezza è la condizione ideale per raccogliere i moti dello spirito.

Decadentismo in letteratura e gli Scapigliati. La “Fosca” di Ugo Tarchetti

Il decadentismo influenza anche la narrativa. Con il senso di languore ed il senso di disfacimento, questa corrente si intravede nel movimento degli Scapigliati, nato a Milano, intorno agli anni ’60 dell’Ottocento. “Fosca” di Ugo Tarchetti (1869) è un romanzo interessante.

Il senso della malattia e dell’oscura fascinazione della donna Fosca riusciranno a prevalere sul temperamento del protagonista. Il declino patologico sembra farsi spazio soppiantando la luce ed ingabbiando anche l’amore nel vortice del delirio nervoso. La morbosità di questa donna non permette al protagonista la guarigione. Giorgio si ritrova ingabbiato in una relazione vischiosa, e solo la morte della donna e il viaggio lo potranno liberare dal torpore che si è insinuato in lui.

«La vita e la gioventù hanno i loro diritti.» – “Fosca”

La prosa di Gabriele D’Annunzio: “Il Piacere” e il “Trionfo della morte”

Nella narrativa del poeta del superuomo, vi è l’ammirazione per il sublime. Nel “Piacere” di D’Annunnzio(1889), si presenta l’inclinazione all’edonismo, alla bellezza erudita ed alla sensibilità che riesce a commuovere il cuore. L’uomo raccoglie tutta l’armonia presente nell’universo e rende la sua stessa vita arte. L’armonia e la bellezza, che si presentano nella letteratura o nell’arte, attivano nelle persone i processi creativi che consentono di sublimare le pulsioni. E l’uomo può emergere nella società, grazie alla sua spiccata intraprendenza, intelligenza ed all’amore per l’arte che esalta le potenzialità della sua essenza.

Nel “Trionfo della morte” di D’Annunzio(1894), il protagonista desidera raggiungere la pienezza nella sua vita, ma il languore e il torpore ammutoliscono le sollecitazioni dello spirito. Ciò porta ad un disfacimento della personalità di Giorgio Aurispa, accentuato anche dalla fascinazione femminile, rappresentata da Ippolita, la nemica.

L’anima risulta, così, risucchiata da un vortice buio, da cui non riesce ad emergere. Il lettore viene coinvolto nel susseguirsi degli eventi che portano alla manifestazione del nichilismo dei due personaggi (Trionfo della morte). Il suicidio rappresenta il trionfo della morte sulla vita, del buio sulla luce. Nella produzione in prosa del poeta, si nota non a caso la presenza dell’istinto di vita e dell’istinto di morte. Gabriele D’Annunzio aveva compreso che la guerra introduce nell’uomo il senso di morte e fragilità.

Quadro: “Snow Storm, Steam-Boat off a Harbour’s Mouth” di Joseph Mallord William Turner 1775–1851

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