“Easy Rider” di Dennis Hopper. Per chi sogna la libertà anni ’60

“Easy Rider” di Dennis Hopper

“Easy Rider” di Dennis Hopper è il lungometraggio icona del cinema della New Hollywood, che rientra nei 100 miglior film statunitensi dall’AFI. Si tratta di una pellicola innovativa che segue le ideologie della Controcultura degli anni ‘60. In questo periodo sorsero numerosi movimenti sulla sovversione della leadership, i diritti delle donne e la sessualità.

Si cercava la realizzazione del Sogno Americano e della libertà – soprattutto attraverso l’anticonformismo, la vita on the road e l’uso di sostanze stupefacenti -. Nacquero nuovi stili di vita come quello bohémien e quello hippie. Tutti questi elementi trovano spazio nel lungometraggio del 1969, che mostra la voglia di vivere in modo autonomo, indipendente e libero dalle convenzioni sociali, da regole che stanno troppo strette. “Easy Rider” di Dennis Hopper dimostra quanto la libertà altrui possa far paura a chi non la comprende. 

«Hai mai voluto essere qualcun altro? Io non vorrei mai essere un altro.» – Wyatt  

«”Easy Rider” utilizza il viaggio non come momento di ricerca dell’essenza americana, ma come incontro con le sue varie mentalità, differenti culture, elevate contraddizioni, dandone un’immagine certamente non completa ma sintomatica del pensiero del periodo.» – Giampiero Frasca

“Easy Rider” di Dennis Hopper

La fotografia di László Kovács fa da protagonista insieme ai personaggi di Wyatt (Peter Fonda) e Billy (Dennis Hopper). Il paesaggio americano dalla California alla Louisiana, con i suoi molteplici colori e la luce naturale, accompagna i motociclisti nel loro viaggio. Il marrone della terra e della zona desertica, il verde degli alberi, l’azzurro del cielo di giorno e il tipico violaceo dell’imbrunire, rendono le immagini ricche di tonalità diverse.

Alcune scene sembrano più vecchie di altre, come se fossero riprese da filmati preesistenti. In realtà si tratta di un effetto dato dalla pellicola. In questi casi sono state girate in 16mm e poi allargate in un secondo momento. L’ingrandimento le ha rese più sgranate delle altre. Un’altra caratteristica di “Easy Rider” è l’improvvisazione.

La realtà per fingere meglio. Fumo, improvvisazioni e tecniche ad hoc!

La particolarità del lungometraggio, però, sta anche nel voler rendere visivamente le sensazioni dei personaggi. Lo stato allucinogeno dato dalla droga, quando i giovani si trovano al cimitero, è ben reso dalle loro frasi confuse, dalle inquadrature e dall’alternanza delle immagini. La stessa alternanza la si ritrova nei cambi di scena. Queste si susseguono in un modo piuttosto particolare: la sequenza che sta iniziando si sostituisce a quella che sta terminando attraverso un intervallo che le mostra entrambe a intermittenza. 

Gli attori non hanno seguito propriamente un copione, buona parte dei dialoghi è stata improvvisata. Difatti, fumando realmente sul set, è chiaro che alcune frasi sono dettate dalle sostanze assunte, il che rende il film ancora più realistico. Il lungometraggio si avvale di una colonna sonora non originale, tra cui spiccano diversi brani come “Born to Be Wild” degli Steppenwolf, “Wasn’t Born to Follow” di The Byrds, “It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding)” e “Ballad of Easy Rider” di Roger McGuinn. 

Libertà e paura. Wyatt e Billy sulle selle dei chopper

«Lo sai, una volta questo era proprio un gran bel paese e non riesco proprio a capire quello che gli è successo […]. Non hanno paura di voi, hanno paura di quello che voi rappresentate. Quello che voi rappresentate per loro è la libertà. […] Ma parlare di libertà ed essere liberi sono due cose diverse. Vuol dire che è difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato. E bada: non dire a nessuno che non è libero perché quello si darà un bel da fare a uccidere e massacrare per dimostrarti che lo è. […] Quando vedono un individuo davvero libero, allora hanno paura. […] li rende pericolosi.» – George Hanson 

“Easy Rider” di Dennis Hopper presenta dei personaggi innovativi. A bordo delle loro chopper, Wyatt e Billy sembrano i soliti cattivi ragazzi temibili. Eppure, non è per questo che sono temuti. Come evidenzia George Hanson (Jack Nicholson), i protagonisti rappresentano la libertà, vanno controcorrente. E questo fa paura a coloro che sognano la libertà senza mai riuscire a raggiungerla, senza capire ciò che effettivamente significa essere liberi.

Il film contrappone due visioni: quella dei motociclisti, dei giovani degli anni ‘60, dei figli dei fiori, a quella dell’America più bigotta e tradizionalista, quella che teme i cambiamenti. Non è un caso che il titolo italiano sia “Easy Rider – Libertà e Paura”. L’alterazione che rappresentano i due motociclisti non può essere accettata in un paese che ancora non ha compiuto i passi necessari per comprendere la loro libertà e il progresso a cui sta andando incontro. 

«(Il film ha avuto il merito di) miticizzare la tematica giovanile, di renderla, sì, indicativa, rappresentativa di una problematica americana contemporanea, ma al tempo stesso di farne una tavolozza mitologica» – Franco La Polla

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