“Dolor y gloria” di Pedro Almodovar. Cinema dal potere liberatore

Dolor y gloria di Pedro Almodovar

Il cinema salva la vita. È l’importante lezione che si impara con la visione di “Dolor y gloria” di Pedro Almodovar. L’arte, in ogni sua forma, ha il potere di scuotere la coscienza e risvegliare lo spirito. Ne è la prova il protagonista Salvador Mallo (Antonio Banderas), regista affermato, ma in piena crisi artistica che è convinto di non avere ormai più nulla da offrire al pubblico. La sua vita è costellata da sceneggiature mai completate e rimpianti, tuttavia sarà proprio la fiamma eterna dell’arte ad illuminarlo e salvarlo.

«Se Marcelo si salvò,  fu lontano. Quanto a me, restai a Madrid e il cinema mi salvò.» – Alberto Crespo

Il film – come suggerito dallo stesso titolo – è interamente costruito sulla convivenza di dolore e gioia. La sofferenza è distruttiva, ma è solo attraverso la distruzione che può avvenire la rinascita. Salvador vive la sua vita convinto di essere affetto da un’infinita serie di malattie mortali. Sarà solo dopo aver toccato il fondo che inizierà un processo di guarigione – sia fisica che emotiva – che lo porterà a dare vita al suo capolavoro definitivo.

“Dolor y gloria” di Pedro Almodovar. Tutte le forme dell’arte sono protagoniste

In “Dolor y gloria” l’arte assume un ruolo così fondamentale da poter essere considerata alla stregua di un personaggio vero e proprio. L’arte instaura un dialogo con i personaggi che arrivano addirittura ad identificarsi con essa. Salvador trova nell’arte il riflesso perfetto della sua vita ed è solo attraverso lei che può esprimere la sua vera personalità. Non a caso, in tutte le sue sceneggiature Salvador parla sempre di sé, del suo passato e degli avvenimenti che hanno influenzato la sua esistenza.

Il parallelismo fra il protagonista e il regista è immediato. Come Salvador anche Pedro Almodovar non manca di inserire dettagli della sua vita all’interno delle sue opere. In questo caso l’elemento autobiografico emerge nella caratterizzazione emotiva del protagonista Salvador. Almodovar sembra voler addirittura comunicare con lo spettatore tramite Salvador, suo alter ego. Attraverso le scene della vita del protagonista si assiste alla descrizione dei sentimenti e delle paure del regista. Il timore di non aver più nulla da comunicare, l’angoscia derivata dal non sentirsi all’altezza, sono tutte emozioni che Salvador mutua da Pedro Almodovar, completamente a nudo in questo film nello svelare al mondo i suoi sentimenti più profondi.

«Sia il personaggio che io viviamo il grande problema di credere di non poter vivere senza il cinema, proviamo il grande senso di smarrimento che può venire dalla crisi di ispirazione e anche dalla sensazione di non poter tornare sul set per dolori fisici e la depressione. Quando nel monologo lui dice ‘il cinema mi ha salvato’ è esattamente quello che è successo a me» – Pedro Almodovar

Il cinema come personaggio del film

Il cinema occupa un posto speciale nella vita del protagonista. Oltre a rappresentare la sua più grande preoccupazione è anche una presenza costante. È evidente nelle scene dell’infanzia di Salvador che fin da subito dichiara di amare il cinema. Questo amore non lo abbandonerà mai. Sarà l’àncora di salvezza a cui il protagonista si aggrapperà per dare una svolta significativa alla sua esistenza, ormai giunta ad un punto morto.

Il cinema guida Salvador nel delicato processo di rinascita che lo porterà a dare vita a “Il primo desiderio”, il film che parla della sua infanzia e della scoperta della sua sessualità. Con la scena che mostra Salvador ormai tornato dietro, la macchina da presa rivela la struttura circolare della narrazione legata a doppio filo con la realtà. Come Salvador racconta tutto sé stesso in “Il primo desiderio”, anche Almodovar porta a compimento la sua opera più introspettiva e personale in “Dolor y gloria”.

Sebbene Salvador non sia altro che un alter ego del regista, “Dolor y gloria” non è un racconto completamente autobiografico. Al suo interno presenta degli elementi che si distaccano dalla vita di Almodovar e che costituiscono degli interessanti spunti di riflessione. Un esempio calzante è senza dubbio il rapporto del protagonista con sua madre Jacinta. Osservando attentamente le scene in cui Jacinta compare, si intuisce subito che si tratta di un personaggio ambiguo. È affettuosa, ma anche sospettosa e giudicatrice. Desidera che suo figlio abbia il meglio nonostante la loro povertà, ma non riesce ad accettare l’omosessualità di Salvador e prova in ogni modo ad impedire che emerga. Tuttavia, Salvador è molto legato a lei e si sente profondamente in colpa per non essere riuscito mantenere la promessa di riportarla a Paterna prima della sua morte. La scomparsa della madre perseguita Salvador che non può fare a meno di considerarla come l’ennesimo fallimento.

Il capolavoro definitivo

Con “Dolor y gloria” Pedro Almodovar raggiunge finalmente la piena consapevolezza del suo stile registico e lo celebra attraverso quest’opera raffinata ed elegante. I lunghi piani-sequenza donano alla narrazione un ritmo lento, ma non per questo noioso. Con l’aiuto di inquadrature strategiche e struggenti primi piani l’atmosfera diventa intima e carica di tensione emotiva. Ogni passaggio è perfettamente studiato per rendere “Dolor y gloria” un’opera sentimentale e profonda. In particolare nella scena della rappresentazione a teatro di “Dipendenza”, la camera gira intorno ad Alberto, l’interprete del monologo, concentrandosi sulle sue espressioni e sul linguaggio del corpo.

colori sono vividi e intensi con predominanza del rosso che assume diversi significati. È il colore della passione, amorosa e artistica. Rosso è anche il colore del fuoco che arde nell’animo di Salvador che, sentendosene sopraffatto, cerca di anestetizzare facendo uso di eroina. L’uso di questa sostanza è una costante all’interno della narrazione ed è continuamente accostata agli avvenimenti più tragici della vita del protagonista. A causa dell’eroina Salvador ha dovuto terminare la relazione con il suo primo amore Federico, che ne faceva largo uso. A sua volta Salvador diventa dipendente dalla sostanza a causa dei malanni che stringono il suo corpo in una dolorosa morsa. Significativa è la scena in cui Salvador si disfa dell’eroina. Rinunciando all’uso della pericolosa sostanzaaccetta finalmente di scendere a patti con il dolore che ha dentro e lascia nuovamente fluire la sua creatività, permettendo così al cinema di salvargli la vita.

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