
“Hereditary” è il primo film del regista e sceneggiatore americano Ari Aster. All’apparenza potrebbe sembrare un classico horror caratterizzato semplicemente da elementi sovrannaturali, ma non è tutto qui. Ari Aster fin dal suo primo film riesce a calcare l’impronta della sua arte cinematografica che si ritrova anche nelle opere successive. In ogni minuto di “Hereditary” si sente forte il peso di qualcosa che c’è ma non si vede, qualcosa che si nasconde nel buio. Il terrore diventa una commistione di ansia e tensione. Gli elementi grotteschi e disturbanti presenti riescono a ricreare un profondo senso di insicurezza da cui non si può fuggire né rifugiandosi in casa, né chiedendo protezione alla propria famiglia dato che il male viene esattamente da lì.
Scalda il cuore vedere qui, oggi, tante facce sconosciute. Mia madre si sarebbe commossa, anche un po’ insospettita. – Annie
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Incipit con l’elaborazione del lutto
“Hereditary” si apre su un necrologio in cui si apprende della morte di Ellen – e non soltanto della sua – che dà inizio a uno dei temi che fà da filo conduttore dell’intero film: la sofferenza che va di pari passo con l’elaborazione del lutto. Si tratta di una tematica che si nasconde dietro alle altre, ossia la paura dell’abbandono, la responsabilità, la rabbia, la colpa e il trauma. Ognuno di questi temi viene incarnato da un personaggio differente che però si accomuna agli altri proprio attraverso la sofferenza che sfocia in maniera diversa: la confusione in Annie, l’interiorizzazione in Steve e il tentativo di evitare di affrontare gli eventi in Peter.
Nonostante la fotografia mostri delle giornate piuttosto soleggiate e luminose, quello che avviene non è altrettanto splendente. I colori non sono esattamente quelli che di solito caratterizzano un horror, la luce del giorno dovrebbe dare calore. Quindi perché il film continua a dare un senso di incertezza? L’atmosfera non è definita soltanto dall’ambientazione che tra l’altro sembra essere piuttosto tranquilla. No, c’è di più. Uomini e donne che sorridono, salutano. Charlie che crea le sue piccole miniature. Peter che vede il suo riflesso sorridergli. Questi sono tutti fattori che producono un’ansia costante.
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“Hereditary” di Ari Aster: Riferimenti e significati
“Hereditary” riesce a incutere paura o angoscia con dettagli ricchi di significato presentati ad un ritmo cadenzato tanto da renderli quasi impercettibili. Si tratta di piccoli indizi che evidenziano che quanto accade non è semplicemente ciò che si vede. C’è dell’altro. Un esempio è il suono dei passi in casa Graham subito dopo il funerale. Quei passi all’interno della casa si sentono ancor prima che loro rientrino. Più avanti si scoprirà un triangolo disegnato sul pavimento e un cadavere in soffitta. Gli eventi sono connessi tra loro. Un’altra particolarità si ritrova nella collana di Ellen e Annie. Quel simbolo non è un’immagine casuale, bensì è il simbolo di Paymon, uno dei re dell’Inferno che viene venerato dalla congrega di cui Ellen faceva parte. Quel simbolo sembra rappresentare tre teste appese: Ellen, Charlie ed Annie, i cui corpi alla fine sono decapitati.
Aveva rituali segreti, amici segreti… – Annie
Un altro dettaglio, la cui presenza è costante, è un raggio di luce. È proprio il demone che spinge i personaggi a compiere delle azioni. Impercettibilmente lo si ritrova quando sembra che Annie urti uno dei suoi vasetti di colore. Facendo attenzione a quella scena, si vede che in realtà la donna non urta quel vasetto, è quasi come se cadesse da solo. Poi, subito dopo, un fascio di luce alle sue spalle si allontana. Quella luce viene vista in diverse occasioni, fino a quella decisiva, quando Peter si getta dalla finestra. Qui, il giovane perde la vita e infatti dal suo corpo si allontana un’ombra, la sua anima, il cui posto viene preso proprio da quel fascio di luce. In diversi casi, i dettagli sono poco visibili a causa dell’ambientazione notturna. Ma è tutto lì, basta osservare meglio.
La casa di bambole: cosa rappresenta il piano del reale e della finzione
A volte, giuro che la sento nella stanza. – Annie
Il film si sviluppa su due piani: uno reale e uno fittizio. Il piano reale rappresenta tutto ciò che effettivamente avviene nella storia: gli eventi che si susseguono e si concatenano tra loro. Il piano fittizio invece è ricreato da Annie attraverso la sua casa di bambole e le sue miniature, attraverso cui riproduce stanze, persone ed eventi che le hanno lasciato un segno. È chiaro che Annie riproduca delle scene per rielaborare, per superare ciò che è accaduto. Eppure questo dettaglio cela un significato particolare.
Il piano verosimile, attraverso cui viene creata una riproduzione della realtà, ricostruisce ciò che può essere manipolato. Annie sposta e fa muovere le sue miniature a suo piacimento. Le posiziona come preferisce, secondo la sua volontà e non quella di qualcun altro. Il punto è esattamente questo. Non è un caso che la prima sequenza parta dalla casa di bambole per poi arrivare alla vera camera di Peter. I membri della famiglia Graham sono manipolati da qualcuno, non hanno libertà di scelta. Sono bambole nelle mani di Ellen, sono oggetti nelle mani della congrega. Come il demone manipolava Ellen, Ellen manipolava la famiglia e così fa Annie con le sue bambole.
“Hereditary” si configura come un horror quasi fuori dagli schemi. Non è caratterizzato da jumpscare o scene splatter. È l’atmosfera ambigua, tra luce e ombra, che riesce a creare una certa inquietudine che dall’inizio rimane presente fino alla fine. L’ignoto, l’incertezza, il timore, l’irrequietezza e l’angustia affiorano strisciando attraverso gli eventi comandati dall’occulto. Nonostante si tratti del primo lungometraggio di Ari Aster, si è di fronte ad un’opera cinematografica che segna un cambiamento nel cinema horror, insieme a “The Witch” di Robert Eggers e a “Scappa – Get Out” di Jordan Peele.
Hereditary

Regista: Ari Aster
5
Hereditary

Regista: Ari Aster
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