Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman gioca a scacchi con la Morte

"Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman

“Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman si basa sull’opera teatrale “Trämålning” scritta, dallo stesso cineasta, tra il 1953 e il 1954. Il drammaturgo fu ispirato dal dipinto murale di Albertus Pictor “La morte gioca a scacchi / Döden spelar schack”, che si trova nella chiesa Täby.

Infatti inizialmente il titolo doveva essere “Il Cavaliere e la Morte”, ma finì per fare riferimento al Libro dell’Apocalisse. Bergman voleva richiamare la sua paura della morte e lo fece sia alternandone due visioni differenti attraverso i personaggi di Antonius Block (Max von Sydow) e Jöns (Gunnar Björnstrand) sia impersonificando la Morte con un uomo vestito di nero. Ha realizzato un film d’arte che grazie ad elementi simbolici e alla profondità dei dialoghi, sonda le pieghe dell’animo umano, i suoi timori e il modo di affrontare la propria esistenza.   

«E quando l’agnello aperse il settimo sigillo, si fece nel cielo un profondo silenzio di mezz’ora, e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono date loro sette trombe. Poi un altro angelo si fermò davanti all’altare con un turibolo, e gli fu data gran quantità d’incenso. E allora il primo angelo die’ fiato alla tromba e ne venne grandine e fuoco misto a sangue. E così furono gettati sopra alla terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi fu arsa, e fu arsa l’erba verdeggiante. E quindi il secondo angelo die’ fiato alla tromba. E una specie di grande montagna di fuoco ardente fu gettata in fondo al mare, e la terza parte del mare diventò saggia.»  

“Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman. La ricerca della fede 

«Sentiamo che deve accadere qualcosa ma non sappiamo cosa.» – Plog
«Forse è la fine.» – Jöns 

“Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman ruota intorno all’inevitabilità della morte, che ne diventa protagonista, e alla fede religiosa che viene messa in dubbio, a causa della crisi del XIV secolo e in particolare della peste. Nonostante l’ambientazione, si tratta di un’opera senza tempo, di un’allegoria sempre attuale. Bergman contrappone due modi di affrontare il corso della vita: quello dello scudiero e quello del cavaliere. Uno si mostra piuttosto indifferente nei confronti della fede, l’altro è assalito dall’incertezza. La fede del cavaliere vacilla, ma ci si aggrappa per dare un senso sia alla crociata che alla vita stessa. Si interroga, cerca Dio, eppure tutto ciò che trova è la Morte. 

«Tu ci svelerai i tuoi segreti?» – Antonius
«Io non ho alcun segreto da svelare.» – Morte
«Allora non sai niente?» – Antonius
«Non mi serve sapere.» – Morte 

La Morte non si pone i quesiti che affannano gli uomini, lei non teme cosa ci sarà dopo perché non morirà. Tuttavia questa afflizione è piuttosto estranea anche a Jof. La sua fede è così stabile che lo rende l’unico personaggio in grado di vedere più di quanto dovrebbe. L’attore – che con Mia e Mikael potrebbe rappresentare la Sacra Famiglia – riesce a vedere la Morte che gioca a scacchi con il cavaliere e, all’inizio, la Madonna che passeggia con suo figlio. La sua capacità di vedere la Morte -la cui esistenza è data per certa in contrapposizione alla vita- legittima anche la sua visione della Vergine. In questo modo agli interrogativi che si pone Antonius viene data una risposta velata. 

“La morte gioca a scacchi” di Pictor inserisce la pittura nel film con una Danza Macabra

La pellicola si ispira all’iconografia medievale. “La morte gioca a scacchi” di Pictor mostra un uomo che gioca a scacchi con uno scheletro. Lo scheletro è chiaramente la Morte che mette in gioco la vita degli individui, seppur nella loro inconsapevolezza. Prima o poi vincerà la partita. È un’allegoria, ma Antonius gioca letteralmente a scacchi con la Morte. Riesce a prendere tempo e ad ingannarla, non per sottrarsi a essa e prolungare la sua vita, ma per salvare quella degli attori.  

«Chi sei tu?» – Antonius
«Sono la Morte.» – Morte
«Sei venuta a prendermi?» – Antonius
«È già da molto che ti cammino a fianco. […] Sei pronto?» – Morte
«Il mio spirito lo è. Non il mio corpo. Dammi ancora del tempo! […] Tu giochi a scacchi, non è vero?[…] L’ho visto nei quadri. Lo dicono le leggende.» – Antonius
«Sì, […] non ho mai perduto un gioco.» – Morte 
«Forse anche la Morte può commettere un errore.» – Antonius 

Nel film Albertus Pictor compare in chiesa nell’atto di dipingere un affresco: una “Danza macabra” o “Danza della Morte”. La Morte -ancora una volta sotto le sembianze di uno scheletro con un mantello nero- porta con sé degli uomini. Di solito coloro che seguono la Morte nella danza sono vestiti in modi differenti, poiché ciascuno rappresenta una classe sociale diversa.

Tutto concorre a sottolineare non solo la caducità della vita, il memento mori, ma anche la sua ineluttabilità. La Morte arriverà per tutti. L’affresco preannuncia l’epilogo dei personaggi.

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