“Io” il film Netflix di Jonathan Helpert dai toni fantascientifici su un presente post-apocalittico. La terra sembra non avere più posto per i suoi abitanti. L’aria è irrespirabile e gli esseri umani si trasferiscono su un satellite di Giove “Io”, da cui dovranno partire per cercare un nuovo pianeta da abitare attraverso il programma Exodus. “Giove e Io” è un chiaro riferimento alla mitologia greca, ma non è l’unico presente. Si cita anche il mito di “Leda e il cigno”, fino a menzionare il Simposio di Platone. Seppur con solo tre attori presenti sulla scena, “Io” riesce a essere una pellicola di profondo significato che porta gli spettatori a riflettere sulla condizione attuale del nostro pianeta.
«È come se fossimo stati destinati a distruggere il nostro pianeta. Alcuni dicono sia stato l’aumento dell’inquinamento. Io lo imputo alla natura umana.»
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“Io” di Jonathan Helpert esprime l’agonia della Terra attraverso i colori
L’inquinamento, lo sfruttamento delle risorse e l’indifferenza degli uomini, portano ad un punto di non ritorno. La Terra non riesce più a dare i suoi frutti e non può più accogliere il suo popolo.
La fotografia di André Chemetoff mostra un ambiente ormai inabitabile. La città è caratterizzata dal blu che, in sfumature più o meno intense, copre l’intera area. L’opacità dei colori è indicativa della tossicità dell’aria. Tuttavia questa tonalità va pian piano ad abbandonare la scena per le sequenze ambientate in montagna. Qui i colori sono più caldi perché l’aria è più pulita.
«La terra non sta morendo, sta rinascendo.» – Sam
Le scene iniziali sono contraddistinte dall’assenza di dialogo. Sam Walden (Margaret Qualley) è sola. Tutto ciò che si riesce a sentire è il suo respiro nella maschera, che fa da sottofondo alla sequenza. Più avanti sono le sue riflessioni e i suoi aggiornamenti inviati alla colonia ad accompagnare le immagini.
I primi dialoghi si hanno all’arrivo di Micah e ai ricordi legati alla presenza di suo padre. Nonostante la solitudine sulla Terra, Sam ha continuato a portare avanti gli studi iniziati dal Dr. Harry Walden (Danny Huston). Si prende cura in questo modo del pianeta, dimostrando un amore più autentico, sano e perdurante rispetto quello dei tanti che l’avevano precedentemente abitato Lei mostra il rispetto che si dovrebbe avere per la Terra, per far sì che rinasca e possa continuare a vivere.
I miti greci per capire il film: “Leda e il Cigno”
Il film Netflix “Io” di Jonathan Helpert ricorre al fertilissimo bacino della mitologia greca per creare suggestioni e regalare linee parallele di significato e simbolismi. Compare anche in forma di rappresentazione pittorica. Si tratta del mito di “Leda e il Cigno”.
Come spesso accade, la storia si basa su uno degli amori infedeli di Zeus. Leda, regina di Sparta, era stata sposa di Tindaro e dalla sua unione aveva avuto due figlie, Clitennestra ed Elena (per la quale poi si scatenerà la guerra di Troia). Zeus se ne invaghì e per sedurla questa volta si trasformò in un candidissimo cigno dal lungo collo. Le si avvicinò mentre riposava adagiata sulle sponde di un fiume. La avvolse in un intenso profumo di ambrosia. Quando la donna si svegliò, Zeus le si rivelò e le preannunciò il concepimento di due gemelli semidei e semi-mortali: i Dioscuri, Castore e Polluce.
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Il significato del film “Io” nel mito. Parallelismi e assonanze
Il parallelismo tra mito e film è evidente nella scena in cui Micah e Sam vanno in città alla ricerca dell’elio necessario per raggiungere Io. In quest’occasione, infatti, visitano un museo dove si soffermano proprio sul dipinto di Leda e il Cigno. Micah spiega l’immagine definendola come l’unione del divino e del mortale capace di creare qualcosa che non ha eguali, qualcosa di armonioso. E Sam, ispirata dalla bellezza dell’opera, si lascia andare alla fede proprio come Leda si lascia andare alla divinità. Quindi dando fiducia alla sua idea, nutrita da un suo sogno ricorrente, la giovane si toglie la maschera e riesce a respirare. Questo evento inverte il parallelismo dell’unione tra divinità e mortale. Micah dovrebbe essere il Cigno e probabilmente lo è, ma l’attribuzione di divinità va a Sam perché è lei che riesce a respirare sulla Terra senza maschera, nonostante l’aria dannosa.
Come finisce?
Inoltre, negli ultimi fotogrammi si vede che, mentre Micah è partito per arrivare al satellite di Giove, Sam è rimasta sulla Terra. Ma non è sola, con lei c’è un bambino. È il semidio nato dalla loro unione. Questo dettaglio finale sottolinea che i due hanno dato inizio ad una nuova generazione, proprio come Leda che fa nascere una nuova progenie di semidei. Grazie all’unione di Sam e Micah, avviene un miracolo: la venuta di una nuova stirpe che dà inizio a un nuovo equilibrio sul pianeta. Grazie a loro, quindi, la sopravvivenza sulla Terra è ancora possibile. Grazie a loro, nonostante l’ambiente ormai avverso, c’è ancora speranza di vita. Nel finale, le parole di Sam vengono accompagnate dalle note del “poeta del pianoforte” che con “Nocturne N.2” dà più profondità al messaggio di speranza e rinascita in cui la protagonista ha sempre creduto.
Il mito di “Io e Giove” dà il titolo
Un altro riferimento al mond della mitologia greca, immediatamente evidente sin dal titolo del film “Io”, è quello al mito di “Io e Giove”.
Giove -nome romano corrispondente allo Zeus degli antichi greci- si invaghì di Io, la bella figlia di Inaco, re di Argo. La sedusse e conquistò avvolgendola sotto forma di una nuvola, per non far scorgere l’infedeltà alla moglie Giunone -originariamente chiamata Era nella mitologia greca-. Nonostante ciò, i sospetti di Giunone ebbero la meglio e, dissolvendo le nubi, svelò il tradimento. Giove, per proteggere la giovane Io dalla gelosia della dea, la trasformò in una bianca giovenca, ma quando Giunone la chiese in dono, non potè rifiutarsi. Giunone sfogò la sua ira su Io facendola sorvegliare da Argo dai mille occhi.
Giove cercò di nuovo di aiutare la giovenca e affidò l’incarico a Mercurio. Il messaggero degli dei assunse le sembianze di un pastore e, recatosi da Argo, lo fece addormentare raccontandogli la storia di Pan e Siringa per poi decapitarlo. Giunone ebbe pietà del defunto Argo, gli prese i cento occhi e li pose sulla coda del pavone, animale a lei sacro. La sua ira fu allora ancora più distruttiva nei confronti della giovenca Io. La condannò a vagare senza sosta per la Terra con un tafano che le infastidiva le calcagna per l’eternità. Un epilogo felice del mito prevede che dopo varie peripezie, Io raggiunse le sponde egiziane del Nilo, dove riacquisì forma umana, partorì Epafo, figlio di Giove, e venne onorata come dea Iside.
Io, terminata la sua vita sulla terra, assurse nei cieli a costellazione per l’eternità. Non è un caso che Galileo Galilei quando nel 1610 scoprì un satellite di Giove – terzo per grandezza-, gli dette proprio il nome di “Io”.
«Il futuro che ci aspettava era impensabile.» – Micah









