Jackie Brown di Tarantino. Una nuova eroina per la Blaxploitation

"Jackie Brown" di Quentin Tarantino

“Jackie Brown” di Quentin Tarantino è il terzo film in cui il cineasta lavora sia come regista che come sceneggiatore. La storia nasce dal romanzo noir “Rum Punch” di Elmore Leonard, a cui Tarantino apporta qualche modifica per rendere omaggio al genere del Blaxploitation.

Il significato di Blaxploitation deriva dall’unione di black, “nero”, e exploitation, “sfruttamento”, per indicare la produzione cinematografica dei primi anni 70 che si avvaleva di bassi costi di produzione avendo come target di pubblico gli afroamericani.

Diversamente dalle pellicole precedenti e da quelle successive, il regista non si concentra sull’azione o sull’aggressività – ad esempio, manca il classico stallo alla messicana che si ritrova, invece, ne “Le Iene” e in “Pulp Fiction” -. Preferisce allontanarsi da questi elementi, senza eliminarli del tutto. Infatti l’omicidio di Melanie avviene fuori campo, mentre quello di Ordell al buio. Con “Jackie Brown”, Tarantino si dedica più ai suoi personaggi, alla loro interiorità e alle intenzioni, rendendo il lungometraggio crime più realistico. 

“Jackie Brown” di Tarantino omaggia la Blaxploitation e la sua icona Pam Grier

«- È quello che penso? 
Sentiamo: tu cosa pensi?
Penso c’è una pistola puntata sul mio pisellino. 
Hai pensato bene! Ragion per cui toglimi quelle cazzo di mani dal collo.» – Ordell e Jackie 

La protagonista del romanzo “Rum Punch” è Jackie Burke, un’assistente di volo alta e bionda. Quentin Tarantino, però, ha voluto affidare il ruolo della protagonista a Pam Grier e ha preferito cambiarle il nome in Jackie Brown. Le scelte non sono casuali. Si sa, Tarantino prima di essere un cineasta, è un cinefilo. In effetti, vuole celebrare le pellicole della Blaxploitation e, in particolare, le sue eroine. L’attrice Pam Grier è una delle icone del genere. È la protagonista di “Coffy” (1973), di “Foxy Brown” (1974) – che probabilmente ha dato il nome alla Jackie di Tarantino – e di “Sheba, Baby” (1975). Come loro, Jackie è una donna forte, coraggiosa e indipendente che riesce a ribellarsi al potere maschile. 

Lei riesce ad esprimere sé stessa e a mostrare le sue fragilità soltanto ad uno dei personaggi: Max Cherry. Seppur non in modo diretto, lo spettatore sa che tra loro c’è un sentimento che nasce quando Max va a prendere Jackie in prigione. In effetti questo momento viene sottolineato dalla camera che pian piano si avvicina al viso di Max – come a voler entrare nei suoi pensieri – e viene accompagnato dal brano “Natural High” dei Bloodstone.

La musica diventa parte integrante del film. Aiuta a entrare nella psicologia del personaggio e a intensificare l’atmosfera di una sequenza. È a Max che Jackie racconta le cose come stanno e come vuole che vadano. Senza questo personaggio, lo spettatore potrebbe essere sempre in dubbio sui propositi e la volontà della protagonista, poiché fa il doppio gioco tra Ordell e la polizia. 

La fotografia di Guillermo Navarro 

“Jackie Brown” di Quentin Tarantino, nonostante la presenza di flashback, ha una narrazione piuttosto lineare che viene seguita durante tutta la pellicola. Soltanto la sequenza dello scambio dei soldi ha delle particolarità. Anche in questo caso si segue la successione cronologica degli eventi. Tuttavia la vicenda viene rappresentata prima dal punto di vista di Jackie, poi la si vede da quello di Louis (Robert De Niro) e, infine, da Max Cherry. La fotografia di Guillermo Navarro appare luminosa e ricca di colori. Prevalgono le tonalità dell’uniforme di Jackie: blu e bianco, anche se spesso è presente il marrone. La luce è ben distribuita sugli elementi presenti nelle scene, eppure in alcuni casi vengono ricreati degli intensi contrasti che riportano alle atmosfere noir. 

«Se oggi come oggi, senza un’occupazione, avessi la possibilità di scappare con mezzo milione di dollari, l’afferreresti?» – Jackie 

Il lungometraggio si apre con “Across 110th Street” di Bobby Womack e su Jackie Brown che viene presentata in un mezzo primo piano laterale come Dustin Hoffman ne “Il Laureato”. A differenza di quest’ultimo, lei guarda di fronte a sé in modo piuttosto sicuro. Appare come una donna capace e forte. Lo stesso brano chiude la pellicola e qui, in un primo piano frontale, Jackie ha uno sguardo più malinconico. Durante il film ha abbandonato la sua corazza e ha mostrato sia le sue capacità che le sue paure. È evidente che Tarantino non solo ha riportato sul grande schermo un’eroina audace, ma che le ha dato una profondità convincente e realistica. In “Jackie Brown” non c’è artificiosità ed è anche questo che rende la pellicola una delle migliori di sempre. 

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