Joe Wright a confronto. ‘Anna Karenina’ e ‘Orgoglio e Pregiudizio’

Joe Wright. Anna Karenina e Orgoglio e Pregiudizio

Joe Wright, nato e cresciuto a Londra dove i suoi genitori avevano un teatro di marionette, è un ormai ben noto regista che ha visto il suo esordio nell’arte dei lungometraggi con l’adattamento cinematografico del romanzo di Jane Austen: “Orgoglio e pregiudizio”. Questa pellicola gli ha regalato quattro candidature agli Oscar, due ai Golden Globe e sei ai BAFTA dove si è distinto come «nuovo arrivato più promettente» vincendo il “Miglior esordio britannico da regista”. Amante dell’arte, pittorica e non, Joe Wright ha spesso basato i suoi film su opere letterarie tra cui “Espiazione”, “Il solista”, “Peter Pan”. “Anna Karenina”, basato sull’omonimo romanzo di Lev Tolstoj vinse quattro candidature agli Oscar, una ai Golden Globe e sei ai BAFTA, portando a casa quest’ultimo e un premio Oscar per i migliori costumi.

Nelle pellicole, il regista propone un duetto composto da Keira Knightley e Matthew Macfadyen che in “Orgoglio e pregiudizio” vestono rispettivamente i panni di Elizabeth Bennet e Fitzwilliam Darcy. In “Anna Karenina”, l’attrice rimane la protagonista che dà il nome all’opera e l’attore ne interpreta il fratello: Stiva Oblonskij. Entrambi i film sono accompagnati dalla colonna sonora del compositore italiano Dario Marianelli che ha ricevuto per il suo lavoro delle nomination ai premi Oscar, ai Golden Globe e ai BAFTA.

“Orgoglio e Pregiudizio” di Joe Wright. La pittura nel cinema

L’adattamento di “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen è girato nel formato Cinemascope, ovvero l’aspect-ratio è 1:2,35. L’inquadratura include uno spazio ampio, sia nelle scene esterne che in quelle interne. Nel primo caso si notano meravigliosi paesaggi, scanditi da tinte chiare: verde, giallo e bianco. Se ne aggiungono di più marcate come il marrone e il blu per caratterizzare anche gli interni.

Spesso i colori sono sbiaditi sullo sfondo, come delle pennellate, dando così allo spettatore l’idea di essere di fronte ad un vero e proprio dipinto. Inoltre, è interessante ricordare il piano sequenza del ballo. La camera segue il movimento delle figure principali e secondarie che accompagnano lo spettatore in varie stanze per concentrarsi sui diversi soggetti. Nella stessa scena, mentre Lizzie e il signor Darcy ballano, gli altri spariscono: si vedono solo i due protagonisti concentrati l’uno sull’altro, anche se è sottintesa la presenza dei personaggi secondari.

Le pennellate di colori e la scena del ballo

Lo spazio è per lo più naturale. La volontà del regista è quella di ricreare un ambiente reale per permettere agli attori di rilassarsi e sentirsi un tutt’uno con i luoghi. Questi ultimi sono particolarmente dettagliati e ben pensati. Un esempio è la differenza tra la residenza del Signor Bingley (Simon Woods) e la casa del signor Bennet (Donald Sutherland): la prima presenta una prevalenza dei colori dorato e azzurro, con un arredamento fine ed elegante; la seconda è più malridotta ma allo stesso tempo è più realistica.

Si pensi al momento della colazione: una soffice luce entra dalle finestre, c’è molta confusione a tavola, un cane lì vicino aspetta di ricevere qualcosa da mangiare mentre il signor Bennet legge tranquillamente il giornale. Tale scena può contrapporsi alla cena che avviene nella residenza di Lady Catherine de Bourgh (Judi Dench) il cui ambiente è più ordinato ma leggermente incupito dalla serietà dei personaggi, dalla loro compostezza imposta dal ceto più elevato e dai colori più scuri. Infatti qui l’illuminazione è data dalle candele, dai lampadari quindi da una luce artificiale e non da quella naturale del sole.

“Anna Karenina” di Joe Wright. Il teatro nel cinema

La pellicola basata sul romanzo di Lev Tolstoj, anch’essa girata nel formato 1:2,35, comincia con l’apertura di un sipario teatrale che mostra una scenografia dipinta che gli fa da sfondo. Si nota sin da subito che le scene si svolgono in un vero e proprio teatro di cui viene utilizzato ogni spazio, anche le quinte e la platea, dove gli oggetti di scena vengono sistemati dalle comparse davanti agli occhi dello spettatore. Queste infatti cambiano le scene, modificando gli elementi presenti per creare nuovi ambienti dove i personaggi principali possono interagire. Anche in questo caso si è di fronte ad un piano sequenza dove tutti si spostano in modo armonioso attraverso movimenti coreografici, come ballerini.

Ancora una volta, le tinte prevalenti sono il giallo, il bianco, il blu e il marrone con l’aggiunta di due colori particolari: il rosso e il nero. Entrambi hanno un significato nascosto. Il nero indica l’andamento drammatico dell’opera e il suo triste epilogo, mentre il rosso sottolinea il fulcro intorno al quale gira la storia: la passione e l’amore. Non è un caso che la protagonista viene presentata allo spettatore con abiti di colore scuro e proprio nel momento in cui sta cedendo alla passione verso il conte Vronskij indossa un abito rosso.

L’ambientazione teatrale e la scena della danza

L’ambiente è esplicitamente artificiale, del tutto ricostruito, a sottolineare l’artificialità della società stessa. Anna si trova spesso negli interni anche se in alcuni casi indicano luoghi all’aperto, il che sottolinea l’ipocrisia presente nella sua vita. Può essere contrapposta a Konstantin Levin (Domhnall Gleeson) che si trova spesso en plein air ed è lontano dall’ambiguità e falsità delle società di Mosca e Pietroburgo. È connesso alla natura e dimostra sempre di essere un uomo onesto, puro.

Anche in questo film, il ballo ha una certa importanza. Al passaggio della protagonista che danza con il conte Vronskij (Aaron Taylor-Johnson), gli altri ballerini restano fermi fino a sparire dall’inquadratura, lasciando Anna e il conte nell’intimità. Questa scena mostra i personaggi secondari fermi a guardare i due innamorati con uno sguardo giudicante, bisbigliando tra loro, come degli spettatori che giudicano l’opera. Si torna quindi nuovamente alla presenza del teatro e della teatralità.

Sia in “Orgoglio e pregiudizio” che in “Anna Karenina” Joe Wright usa delle forme d’arte diverse – rispettivamente la pittura e il teatro – per rappresentare le sue pellicole. Questi film oltre ad appartenere alla cosiddetta “settima arte”, nascono originariamente da un’altra arte ancora: la letteratura.

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