“Jojo Rabbit”, la geniale satira sul totalitarismo di Taika Waititi

Jojo Rabbit di Taika Waititi

Candidato a sei premi Oscar (incluso migliore attrice non protagonista a Scarlett Johansson e miglior film) e vincitore di uno alla miglior sceneggiatura non originale, “Jojo Rabbit” di Taika Waititi è di certo un film che fa discutere. Il protagonista della pellicola Jojo Betzler (Roman Griffin Davis) è un bambino vivace e allegro che nasconde un segreto: il suo amico immaginario è nientemeno che il temibile Adolf Hitler (Taika Waititi). Tuttavia non si tratta del dittatore che tutti hanno tristemente imparato a conoscere, ma di un simpatico ometto dall’aria buffa. Occhi azzurro brillante e tono di voce evidentemente caricaturale rendono il personaggio interpretato dallo stesso regista divertente e grottesco allo stesso tempo. La terribile realtà si scontra con la fervida immaginazione di un bambino di dieci anni restituendo allo spettatore un quadro surreale dai colori sgargianti.

È difficile incasellare “Jojo Rabbit” di Taika Waititi in un genere cinematografico preciso. Se il montaggio dinamico conferisce al film il ritmo tipico del war movie, i temi trattati suggeriscono una serie di alternative possibili. Non si può negare che nel corso della pellicola il percorso di formazione e crescita di Jojo ricopra un ruolo di importanza centrale. Essendo nato nel periodo di massima diffusione dell’ideologia nazista, il piccolo Jojo non ha conosciuto altro che propaganda antisemita e indottrinamento governativo a suon di slogan. È proprio per questo motivo che alla tenera età di dieci anni Jojo si presenta allo spettatore come il più fervente dei nazisti.

“Jojo Rabbit” di Taika Waititi è un’insolita storia di formazione

La leggerezza e l’ingenuità con cui Jojo affronta la vita è palesata dalla fotografia dai colori accesi al limite del fumettistico e luci calde e patinate che trasmettono spensieratezza, in aperto contrasto con la drammaticità del periodo storico. Tuttavia, la prepotenza della guerra fa presto irruzione nella vita di Jojo ed è a questo punto che la tonalità dei colori cambia, le luci si fanno più cupe, l’atmosfera cessa di essere allegra e il protagonista è costretto a fare i conti con le numerose bugie del regime.

«Non sei un nazista, Jojo. Sei un bambino di dieci anni che ama vestirsi con uniformi buffe e che vuole far parte di un gruppo. Non sei uno di loro.» – Elsa

Quando per Jojo arriva il momento di prendere delle decisioni importanti, lo spettatore si stupisce nel constatare quanto queste divergano decisamente dall’ideologia nazista. Nonostante si mostri terrorizzato da Elsa (Thomasin McKenzie) – una ragazza ebrea nascosta dalla madre in soffitta – Jojo riuscirà ben presto a superare il suo astio verso di lei. Inevitabilmente l’amicizia con Elsa porterà Jojo a riflettere sulle sue convinzioni e darà inizio ad un lento processo di crescita che culminerà con la cacciata del suo amico immaginario. Nella scena del confronto finale fra Jojo e Hitler, il simpatico ometto ha subito una brusca trasformazione arrivando ad assomigliare pericolosamente allo spietato dittatore passato alla storia per la sua crudeltà. Quando finalmente l’immaginazione arriva a coincidere con la realtà, Jojo ha raggiunto la maturità necessaria per defenestrare (letteralmente, ndr.) il suo amico immaginario ed iniziare una nuova fase della sua vita, più saggia e consapevole.

L’attualità del razzismo

«Ma come potresti riconoscerli se ne vedessi uno? Potrebbero essere come noi.» – Yorki

Gli ebrei sanno leggere nel pensiero ed emanano un forte odore di cavoletti di Bruxelles. Sebbene sembri assurdo pensare che qualcuno possa aver creduto a simili insensatezze, è terrificante apprendere che queste erano solo le più innocue fra le bugie riguardanti gli ebrei diffuse dal regime nazista.

L’instancabile campagna di de-umanizzazione portata avanti dalla propaganda ha avuto come conseguenza il cieco antisemitismo perfettamente incarnato dalla figura di Fräulein Rahm (Rebel Wilson). La donna accetta con entusiasmo il suo ruolo secondario all’interno della società e la sua fedeltà al regime non vacilla nemmeno quando ormai Berlino è a un passo dall’essere conquistata. Il suo sconfinato odio verso gli ebrei le impedisce di rendersi conto di quanto anche lei stessa sia una vittima del regime. Al raduno della gioventù hitleriana, mentre i bambini sono incoraggiati a costruire trappole e adoperare granate, alle bambine viene insegnato come rifare letti e medicare ferite. È tremendo constatare quanto queste scene possano risultare attuali, se adattate ad un contesto moderno.

Chiaramente l’intento di Taika Waititi è quello di mostrare l’attualità questioni credute ormai superate. La satira sul regime nazista cela in sè anche la critica al totalitarismo e al razzismo che ancora oggi tormentano la società moderna. Il connubio fra l’ambientazione anni ’40 e una colonna sonora moderna creano un effetto volutamente anacronistico che sottolinea un’importante verità: l’odio, il razzismo e le discriminazioni sono senza tempo e sono ben lontane dall’essere superate.

“Jojo Rabbit” di Taika Waititi. La libertà ritrovata a passi di danza

Se Fräulein Rahm rappresenta lo stereotipo della donna pienamente asservita al regime, Rosie Betzler (Scarlett Johansson), la madre di Jojo, è il suo esatto opposto. Solare e spiritosa, Rosie è l’incarnazione della gioia di vivere. Nonostante non approvi le convinzioni politiche di suo figlio, non lo obbliga in nessun modo a cambiare idea, ma cerca di trasmettergli gli ideali di libertà e uguaglianza in cui lei stessa crede. In una particolare scena dall’alto valore emotivo, realizzata interamente in piano-sequenza, Rosie si traveste da papà di Jojo e recita un coinvolgente monologo in cui interpreta contemporaneamente sé stessa e suo marito. Successivamente invita suo figlio a ballare per ricordare la gioia dei tempi passati.

La danza diventa così espressione di libertà, soprattutto nell’intensa scena finale in cui Elsa e Jojo festeggiano la fine della guerra danzando accompagnati dalle note dalla versione tedesca di “Heroes” di David Bowie. Il futuro è incerto, ma quella breve danza è un inno alla libertà ritrovata e alla speranza di un avvenire luminoso.

«Quale sarà la prima cosa che farò quando sarò libera? Ballare.» – Elsa, “Jojo Rabbit”

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