
“Midsommar” di Ari Aster è il secondo lungometraggio del regista e sceneggiatore americano. A differenza di “Hereditary”, però, non presenta elementi sovrannaturali – tipici degli horror movie – ma dà una nuova veste al folclore rendendolo inquietante e grottesco. Aster tende a stravolgere le regole generali dell’horror, di cui mantiene le paure e le sensazioni, creando dei forti contrasti. L’ambientazione, la fotografia e i disegni presenti, danno l’idea di essere in una favola, ma gli eventi dimostrano tutt’altro. Si ha quindi una pellicola folk horror che mostra come, sotto l’illuminazione costante del sole di mezzanotte e in un luogo idilliaco, si possano vivere degli incubi.
La particolarità è l’incipit classico, al buio, di notte, e la successiva presenza costante della luce. Si apre su un paesaggio cupo che riporta subito all’ansia e alla preoccupazione di Dani, di cui si sente il peso attraverso le sue grida angosciose. Ma l’omicidio-suicidio della sorella è una delle pochissime scene che si svolgono nell’oscurità. Non è un caso che durante il viaggio, la strada venga mostrata sottosopra per poi tornare diritta soltanto all’entrata del villaggio. È l’ingresso in una dimensione differente, dove la luminosità e i colori di Hälsingland vanno in contrasto con le usanze ambigue degli abitanti. Si tratta di un espediente semplice ma efficace che riesce a dare soggezione e turbamento.
«Dove stiamo andando?» – Dani
«Nel luogo per cui siamo venuti.» – Pelle
“Midsommar” di Ari Aster. Le misteriose Rune attorno le quali ruotano i significati
Girato nel formato 1:2,00, “Midsommar” di Ari Aster presenta un’eterogeneità di inquadrature. Dai primi piani che intendono cogliere la psicologia del personaggio inquadrato, si arriva fino a dei campi totali che mostrano un paesaggio ampio e bucolico. La camera, in alcuni casi, segue i movimenti degli attori. In altri, rimane fissa facendo sì che i personaggi possano entrare e uscire dalla scena. Quando si ha un dialogo tra due interlocutori, non è detto che si abbia un piano ravvicinato. È importante la totalità del paesaggio e tutto ciò che avviene. In una sequenza che vede Dani (Florence Pugh) e Christian (Jack Reynor) in un mezzo primo piano, infatti, rimane chiaro ed evidente anche lo sfondo dietro. I personaggi non danno mai le spalle allo spettatore. Ciò avviene grazie all’utilizzo degli specchi che mostrano il loro riflesso sempre di faccia.
Le immagini manifestano una ricorrente simmetria, accompagnata dalla presenza di figure geometriche. I tetti delle abitazioni sembrano dei trapezi, mentre il tempio una piramide che potrebbe essere la runa Kenaz. È da tenere presente come le rune possano cambiare il significato originale se poste in un altro senso. Così il tempio sta ad indicare la perdita e la fine di un amore, mentre la geometria formata dai tavoli – prima della cerimonia del senicidio – corrisponde ad Othila o Oþalan, che esprime la fine del viaggio e l’entrata al Regno degli Dei. Proprio quello che stanno per fare i due anziani, arrivati al ciclo invernale della vita. Inoltre, Dani ha delle rune al rovescio sul suo vestito bianco. La prima è Raido, ossia “viaggio spiacevole” e “turbamenti”. La seconda è Dagaz, sinonimo di persona immobile nella sua posizione e di frustrazioni. Dritta, però, quest’ultima runa indica il risveglio e una farfalla pronta a trasformarsi e liberarsi come fa Dani.
L’elaborazione del lutto
Come “Hereditary”, uno dei temi principali di “Midsommar” è l’elaborazione e la reazione al lutto. La protagonista cerca un conforto nel suo ragazzo ma, improntato su un atteggiamento egoistico e incapace, Christian non riesce mai a prendere piena parte al suo ruolo di fidanzato. Si sa, la coppia è in crisi. Nonostante ciò, nessuno riesce a lasciare andare l’altro. Proprio per questo, c’è chi ha visto nel film una metafora della fine di una relazione, dove Dani Ardor sta per Ari Aster.
«Riuscite a sentire l’energia che proviene dalla terra?» – Pelle
In effetti, la giovane ritrova gradualmente nella comunità tutto ciò che non ha più. La condivisione dei sentimenti attraverso un’empatia estrema – si pensi alla scena in cui le ragazze riproducono i suoi suoni sofferenti – da un senso di appartenenza.
“Midsommar” di Ari Aster. Alla scoperta dei riferimenti nascosti
Il lungometraggio presenta diverse figure nascoste. Una di esse, è la composizione degli alberi che durante la processione forma il volto di Terri sullo sfondo. Ci sono anche dei riferimenti alle tradizioni locali. Oltre alla festa di mezza estate, alla leggenda svedese dell’Hårgasägnen e alle torture vichinghe, il film è ispirato ad alcune opere pittoriche. In particolare, quelle dell’illustratore svedese John Bauer. In una sequenza si vede l’opera “Stackars lilla basse!”, che rappresenta una ragazzina vestita di bianco con una corona sul capo, mentre dà un bacio sul muso del “povero piccolo orso”. Sin dai primi fotogrammi, quest’immagine rivela ciò che accadrà (allerta spoiler: Dani sarà la Regina di Maggio e Christian, in senso lato, diventerà un orso).
Come l’opera appena citata, così i disegni dell’artista Ragnar Persson rivelano il destino verso cui stanno andando incontro i personaggi. Nella sequenza in cui Pelle (Vilhelm Blomgren) e Dani sono seduti sul letto, si vedono alle loro spalle due corone accompagnate da rune. Dietro al giovane svedese, c’è la runa Perþo mentre dietro di lei, c’è la runa Othila. La prima ha un significato ancora incerto ma potrebbe voler dire “fato” o “profezia”. La seconda può significare “illuminazione” oppure “nuova vita spirituale in arrivo” (Spoiler! Pelle è la mano del destino che ha portato Dani ad una nuova vita, mentre la corona di lei prevede il suo divenire la Regina di Maggio). L’illuminazione si ha soltanto nel finale, quando finalmente sorride. Per cui, la sua espressione non è più in contrasto con il suo abito di fiori colorati.
Dal buio alla luce. La trama spoilerata in un dipinto a inizio film
“Midsommar” di Ari Aster è la storia di uno sviluppo, di un cambiamento dall’oscurità alla luminosità. Nell’appartamento di Dani si vede alla parete un disegno con delle lune, simbolo del buio interiore. La protagonista riesce a liberarsi pian piano di queste negatività soltanto con la comunità di Hårga, il cui ingresso è incorniciato proprio da un sole. Ma all’inizio del film compare anche un dipinto dalla forte carica simbolica che vede al suo interno diversi elementi. La separazione in sezione richiama le stagioni e i vari momenti della storia narrata nel film. Si comincia con l’inverno – l’inizio del film – e l’immagine di un cranio collegato alla morte e alla luna. Ai lati invece sono poi raffigurati due corvi con un chiaro richiamo ai messaggeri di Odino, e in basso compare la morte che taglia il filo della vita – o il tubo del gas – della famiglia Ardor.
«Non fa bene morire lottando contro l’inevitabile, corrompe lo spirito.» – Siv
Con la primavera si fa riferimento ad un periodo di transizione. Si può notare raffigurato in questa sezione Christian che cerca di consolare Dani, mentre tra gli alberi, si vede Pelle scrivere – o disegnare – il destino a cui sta per andare incontro la protagonista. È proprio lui a guidare i giovani nel villaggio, esattamente come il diavolo nella leggenda. Ognuno di essi mostra già alcuni elementi che li condurranno alla morte. Infine, si arriva all’estate con la danza per l’incoronazione. Qui appare un sole sorridente: la luce che Dani riesce a ritrovare alla fine del viaggio.
