“Napoli Velata”. Sensualità e mistero secondo Ferzan Özpetek

"Napoli Velata" di Ferzan Özpetek

“Napoli Velata”diFerzan Özpetek è un film estremamente complesso. Colori vivaci e ambientazioni folkloristiche si mescolano con atmosfere sinistre e inquietanti misteri dando vita ad una narrazione unica nel suo genere. Fin dalla primissima inquadratura è chiaro che si andrà presto in contro ad un racconto strutturalmente stratificato e ricco di significati nascosti. Infatti, la camera offre una panoramica della scala elicoidale creando un gioco di volumi quasi ipnotico. Il simbolismo della scalinata che si avvolge su sé stessa in una spirale apparentemente infinita suggerisce un intreccio narrativo affascinante, ma di difficile risoluzione.

Successivamente, attraverso una carrellata lenta che non interrompe la sequenza precedente, la narrazione ha inizio. La scena iniziale è concitata e in aperto contrasto con la calma delle prime inquadrature. La brutalità dell’omicidio che si consuma nei primi minuti, però lascia ben presto il posto a scene languide, dal ritmo decisamente più lento che creano fin da subito un legame fra morte e sessualità. “Napoli Velata” fa dell’unione fra amore e morte uno dei suoi punti chiave, ma è l’originalità dell’approccio al tema a far sì che il risultato sia un successo.

“Napoli Velata” di Ferzan Özpetek ritrae il lato oscuro dell’amore

Il collegamento e il contrasto fra amore e morte, Eros e Thanatos, è evidente fin dalle prime scene. La sensualità dell’incontro fra Adriana (Giovanna Mezzogiorno) e Andrea (Alessandro Borghi) è repentinamente sostituita dalla crudeltà dell’assassinio del giovane. Il passaggio traumatico da una scena idilliaca ad una raccapricciante è reso attraverso l’uso antitetico dei colori. Se nelle sequenze della coppia dominano colori caldi, luci soffuse e ombre morbide, le scene ambientate nell’obitorio- dove Adriana analizza il cadavere di Andrea- sono caratterizzate da luci fredde e volumi spigolosi. La freddezza della morte contrasta energicamente con la vitalità dell’amore.

L’atmosfera greve del lutto di Adriana dominerà il film fino al suo incontro con Luca, gemello di Andrea. Infatti, fra i vicoli di Napoli che incorniciano il loro primo incontro, le luci ritornano calde e la scala cromatica vira sui toni del giallo. Il ritorno dell’amore nella vita di Adriana è segnato da una regia sinuosa che si focalizza sugli sguardi dei due amanti.

«Siamo pari, io e te. Non sappiamo niente di Andrea, eppure non riusciamo a dimenticarlo.» – Luca

Come finisce il film? Il significato di “Napoli Velata” in bilico tra verità e immaginazione

Eppure la relazione fra Luca e Adriana è ben presto oscurata da un’ombra ingombrante. Entrambi sono perseguitati dal fantasma di Andrea, anche se per motivi diversi. Se Adriana pensa ad Andrea come un’occasione di felicità sprecata, Luca è schiacciato dal paragone con suo fratello. La sua insicurezza lo rende morbosamente attaccato ad Adriana, fino a renderlo quasi violento.

Quando il loro rapporto sembra essere irreversibilmente scivolato nell’abisso della tossicità, ecco che una sconcertante rivelazione rimescola tutte le carte in tavola. Luca in realtà non esiste. L’uomo che Adriana credeva di frequentare era nientemeno che una proiezione della sua mente. Una creatura prodotta dal suo inconscio per proteggersi dal trauma della perdita di Andrea. Gli scatti di rabbia e le minacce di Luca non erano altro che ricordi dei litigi dei genitori di Adriana. Quindi, Luca è solo la materializzazione delle ferite nell’animo di Adriana. La delusione per l’amore perduto e il dolore di una famiglia distrutta dalla follia di sua madre si uniscono dando vita a Luca. Quando Adriana decide di farsi aiutare e di rinunciare a Luca, la struggente supplica del ragazzo non è altro che il ricordo della disperazione di sua madre che, folle di gelosia, pregava suo marito di non abbandonarla.

«Adriana mandalo via, per favore. Per favore, resta con me. Io ti amo più di ogni altra cosa, per favore guardami.» – Luca

Il velo e l’occhio di “Napoli velata” 

            «La gente non sopporta troppa verità!» – Adele

“Napoli Velata” di Ferzan Özpetek è interamente costruito sull’ambiguità. Come già suggerisce il titolo, un sottile velo avvolge i personaggi dando vita ad un racconto nebuloso, costantemente sospeso fra realtà e finzione. Il simbolo del velo che preclude la piena comprensione della verità ricorre spesso accompagnato dal suo esatto contrario, ossia l’occhio. L’occhio rappresenta la capacità di distinguere il reale dall’irreale, quindi incarna la verità che si svela.

Tuttavia, l’occhio umano può essere facilmente tratto in inganno e i personaggi di “Napoli Velata” ne sono il perfetto esempio. L’intera vicenda è filtrata attraverso gli occhi di Adriana che restituisce allo spettatore un racconto frammentato e ricco di punti oscuri. La protagonista si dimostra essere una narratrice inaffidabile che inganna lo spettatore, portandolo spesso a seguire false piste. Il tragico passato di Adriana le impedisce di vivere un presente sereno e di affrontare il mondo che la circonda. Perciò, Adriana si rifugia in comode bugie che le regalano l’illusione di vivere una vita tranquilla. Allora, la ricerca della verità si trasforma in dilemma esistenziale che condurrà la protagonista a compiere scelte dolorose, talvolta anche pericolose.

 «Quando si dice che non c’è una prova, rimane una leggenda.» – Adriana

Scegliendo di accettare la tragedia accaduta alla sua famiglia, Adriana riesce finalmente a fare pace col suo passato. Rivivendo la scena dell’omicidio-suicidio commesso da sua madre, Adriana comprende finalmente di non avere nessuna colpa della morte dei suoi genitori. Dopo aver fatto i conti con il suo trauma infantile, la protagonista riacquista finalmente la serenità a lungo cercata. Sollevare il velo della menzogna rende Adriana libera.

La città di Napoli protagonista 

L’omaggio di Ferzan Özpetek a Napoli è evidente fin dai titoli di testa in cui compare la dedica “a Napoli”. Infatti, la città partenopea ricopre un ruolo centrale all’interno della narrazione. Napoli interagisce attivamente con i personaggi, fino a diventare un personaggio a sua volta. Talvolta è un personaggio maligno, una madre noncurante che lascia che i propri figli muoiano ingiustamente. Principalmente, però, Napoli è un personaggio affascinante, nonostante le contraddizioni.

Infatti, sebbene sia una metropoli moderna, resta ancora profondamente legata al folklore. Özpetek sceglie di rendervi omaggio mettendo in scena “La figliata dei femminielli” – un rito propiziatorio particolarmente caro ai napoletani – e la “Tombola vajassa” in cui i numeri vengono annunciati seguendo la celebre smorfia. Tuttavia, questi elementi non sono decontestualizzati, anzi risultano perfettamente integrati nel tessuto narrativo. L’episodio della tombola si inserisce nel contesto investigativo della morte di Andrea, mentre la figliata fa da sfondo al primo incontro fra i protagonisti, oltre ad introdurre l’importantissimo tema del velo.

«Racconto i segreti di una città che conosce oro e polvere, una città pagana e cristiana, mistica e realistica allo stesso tempo. Il contrasto è la sua bellezza.»Ferzan Özpetek

Non è un caso che Özpetek abbia scelto Napoli come sfondo del film. “Napoli Velata” è intriso di un profondo misticismo e di un’aura misteriosa, quasi magica. Come il film, anche Napoli è circondata da segreti. Un velo di ambiguità l’avvolge, rendendola imperscrutabile, ma intrigante. Il Cristo Velato fa da sfondo all’enigmatico finale, in cui Adriana rinuncia a scoprire la verità sulla morte di Andrea e si allontana disperdendosi fra le strade della città. Napoli diventa quindi una madre affettuosa che accoglie i figli fra i suoi veli e li protegge dalle amarezze di una sgradevole verità.

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