“Riso amaro” è un film del 1949 diretto da Giuseppe De Santis, regista del neorealismo. Il movimento culturale si sviluppò intorno alla rivista di critica cinematografica “Cinema”, in cui De Santis scriveva affiancato da altri cineasti, tra cui Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni. La pellicola fa parte della “Trilogia della terra” insieme a “Caccia tragica” e “Non c’è pace tra gli ulivi”. Ed è un mezzo per mostrare la società per ciò che è, al punto tale che diventa evidente l’ideologia del regista stesso.
Vivo morendo in caserma non in tempo di guerra ma in tempo di vita. – Marco
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Le dicotomie e i personaggi
È il 1948, la voce di un giornalista radiofonico apre “Riso amaro” sulle mondine che si preparano alla stagione in risaia evidenziando sin da subito la connotazione neorealista. Tale espediente documentaristico è accompagnato da generi cinematografici differenti. La trama è un misto tra melodramma e thriller o detective story, in quanto lega le vicende che riguardano le problematiche del lavoro delle mondine al furto di una collana.
Quindi il neorealismo si lega a sua volta al cinema hollywoodiano, criticandolo ma al tempo stesso attingendo ad esso, denotando diverse e numerose dicotomie come l’etica e l’estetica dei corpi, ma soprattutto una contrapposizione tra le protagoniste. Francesca (Doris Dowling) e Silvana (Silvana Mangano) si presentano come due personaggi provenienti da situazioni opposte che poi si incrociano e si scambiano. Stereotipando le donne, si ha una ladra da un lato e una lavoratrice dall’altro. Ma si è realmente ciò che si vorrebbe essere?
È sempre una questione di faccia. – Marco
Da una parte c’è una vita reale e concreta, nel pieno dell’azione, ma sofferta. Dall’altra una vita immaginaria e astratta, scandita dalle fatiche del lavoro e dalla cultura di massa americana come via di fuga. Francesca parte dal primo estremo e si fa strada verso una vita più onesta, mentre Silvana è dal lato inverso ma viene corrotta dalla ricchezza che potrebbe avere, da oggetti e fantasie.
Allo stesso modo si inseriscono Walter (Vittorio Gassman) e Marco (Raf Vallone) che però rimangono legati ai propri ideali. Il primo, il vero ladro, è caratterizzato dal suo egoismo e dalla ricerca di soddisfazione personale, mentre il secondo rappresenta la consapevolezza di classe, lontano da mire individualistiche. Ed è per questo che Francesca pur presentandosi come compagna di Walter, se ne allontana per avvicinarsi a Marco, mentre Silvana si allontana da quest’ultimo e si avvicina a Walter. C’è quindi un incrocio di ideologie, persone, situazioni e azioni.
“Riso amaro” di Giuseppe De Santis mostra il dualismo del capitalismo
Il film è chiaramente l’immagine dell’ideologia di Giuseppe De Santis. Partendo dal dualismo presente nel lungometraggio si nota che mentre da un lato si ha il capitalismo con tutto ciò che ne consegue, dall’altro c’è il comunismo.
Il capitalismo porta allo straniamento dell’individuo che perde qualsiasi tipo di personificazione poiché diventa soltanto uno strumento per la produzione. Il volto di ogni singolo è cancellato e ciò viene reso in modo evidente dai cartonati, privati dei tratti del viso, per l’allenamento al poligono. Quelle silhouettes conducono direttamente alla questione delle maschere e, in particolare, al concetto di Charaktermaske di Marx. Rifacendosi alla Commedia dell’Arte in cui i personaggi seguono dei comportamenti definiti e hanno un atteggiamento fisso e costante fino a diventare delle maschere, Marx descrive l’alienazione causata dal capitalismo che riduce l’essere umano quasi a macchina. De Santis, a sua volta, riprende tali concetti per la stereotipizzazione non tanto dei personaggi, quanto dell’immaginario di Silvana.
Tu porti la maschera qualche volta? – Silvana
La proiezione sulla sessualità
Silvana vede in Walter qualcosa di positivo, una sorta di salvatore che può aiutarla a fuggire dalla situazione in cui si trova, per farle vivere una vita nella ricchezza e nella sua interezza. Tuttavia, l’interesse per il denaro e per il benessere personale fa sì che i rapporti statici e designati dall’economia si trasferiscano anche sul piano dei rapporti interpersonali.
Perciò la sessualità diventa sadomasochistica ed esercizio del potere di Walter su Silvana. L’allontanamento di Silvana dal proletariato verso il capitalismo a causa della collana falsa porta la giovane al suicidio. Tale atto è simbolicamente ricreato con una caduta dall’alto. Silvana è salita verso un mondo nocivo, su una struttura instabile, che non le appartiene. Così con la sua caduta ritorna alla terra, al rapporto con essa, segno che la vicinanza alla natura potrebbe essere realmente una via di salvezza.
Riso amaro

Regista: Giuseppe De Santis
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