
Paura del contagio e paura dell’ignoto. “Train to Busan” di Yeon Sang-ho è tutto questo, ma non solo. Questo film è anche il ritratto della società attuale, crudele e arrivista. Un misterioso virus infetta la popolazione trasformandola in un’orda di zombie assetata di sangue. Come il misterioso virus, anche la malvagità insidia l’animo umano infettandolo irreversibilmente. Ciò che emerge è una chiara critica alla società moderna che si presenta agli occhi dello spettatore sottoforma di scontro fra umanità e zombie.
«Signore, lei è infetto.» – Seok-woo
L’atmosfera in “Train to Busan” è decisamente tetra. Nonostante la fotografia luminosa, i colori risultano freddi e inospitali contribuendo a costruire un clima di puro terrore. L’epidemia zombie si diffonde in pieno giorno e la terribile orda di infetti è perfettamente visibile ed è per questo ancora più inquietante. Le inquadrature sono spesso strette e claustrofobiche e l’ambientazione chiusa, delimitata dai vagoni del treno diretto a Busan, accentua la sensazione di soffocamento. Il ritmo della narrazione è incalzante scandito da eleganti movimenti di camera che aumentano la tensione e lasciano letteralmente col fiato sospeso.
“Train to Busan” di Yeon Sang-ho. Critica alla società classista e spietata
In accordo con lo stile cinematografico di Romero, “Train to Busan” non è un semplice film di zombie. Al contrario, nasconde in sé un potente messaggio politico e di denuncia sociale. La rapida diffusione dell’infezione fa ben presto emergere i punti critici della società moderna: individualismo e immobilità sociale. Entrambi gli aspetti sono denunciati in modo sottile, ma ugualmente efficace.
Il protagonista è un perfetto esempio di come l’egoismo sia fonte di sofferenza. Seok-woo (Gong Yoo) è talmente preso dal suo lavoro che non si preoccupa minimamente di instaurare un rapporto con sua figlia e appena si rende conto della gravità del contagio, la prima cosa che consiglia alla piccola Su-an è di pensare solo a sé stessa. Rispettando a pieno il ruolo che gli viene imposto dalla società, Seok-woo mette al primo posto i suoi interessi personali lasciando da parte tutto ciò che non può portagli beneficio. Tuttavia il suo arco narrativo si sviluppa in modo inaspettato. Grazie al contributo di Seong-kyeong e Sang-hwa, una coppia che come lui lotta per salvarsi dal contagio, il protagonista capirà il valore degli affetti famigliari, arrivando a compiere un atto di estremo altruismo e sacrificandosi per sua figlia.
Il mondo racchiuso nei vagoni di un treno
Ogni passeggero a bordo del treno simboleggia un aspetto specifico della società coreana moderna. Se Seok-woo rappresenta l’uomo d’affari egoista e perfettamente inserito nella società, altri personaggi simboleggiano gli emarginati, tutte quelle persone che non sono riuscite a reggere il ritmo della società frenetica, restandone escluse. A bordo del treno vi è un senzatetto, il perfetto esempio di quanto il mondo possa essere crudele con i meno fortunati. Alla sua vista molti inorridiscono e Yon-suk – un altro ricco uomo d’affari – arriva addirittura a deriderlo lasciando intendere che l’uomo si sia meritato quel destino infelice.
È tristemente risaputo che chiunque non riesca ad accedere ai livelli più alti dell’istruzione sia a tutti gli effetti condannato a vivere ai margini della società, abbandonato al suo destino. Chi non soddisfa gli stringenti requisiti imposti dalla società è considerato indegno e non meritevole di comprensione. “Train to Busan” è particolarmente efficace nell’evidenziare questa crudele realtà.
«Visto, ragazzina? Se non studi come si deve farai la sua stessa fine.» – Yon-suk
Due anziane sorelle, In-gil e Jong-gil, rappresentano un’altra grande piaga sociale su cui Yeon Sang-ho vuole porre l’accento. Si tratta di un fenomeno molto diffuso soprattutto in Corea del Sud: gli anziani vengono isolati poiché ritenuti ormai inutili. Infatti, le due donne sono sole sul treno e quando arriva il momento di fuggire, nessuno si preoccupa della loro salvezza. Quando una delle due sorelle viene presa dall’orda zombie, la sopravvissuta si ritrova a fare i conti con la vita di solitudine che l’attende. Non solo, la donna è anche costretta ad assistere all’egoismo dei sopravvissuti. Nel momento in cui le persone che hanno causato la morte della sua amata sorella cacciano via i protagonisti, la donna scopre la crudeltà del mondo che la circonda e sceglie volontariamente di gettarsi in pasto agli zombie.
«Hai sempre pensato agli altri anziché a te stessa. Perché hai vissuto così? Quale era lo scopo?» – Jong-gil
Responsabilità e colpa convivono
«Signore, tutto ha avuto inizio alla Biotech, il pezzo forte del nostro piano! Signore, noi non c’entriamo nulla, non siamo responsabili, vero? Facciamo solo quello che ci dicono di fare! È forse colpa mia, eh?» – segretario Kim
La diffusione del virus porta ben presto i protagonisti a riflettere sulle loro vite e a fare i conti con il peso che grava sulle loro coscienze. Primo fra tutti, Seok-woo scopre che la compagnia dove lavora ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione del virus. Questo scatena in lui un grande senso di colpa che lo porta a rivalutare interamente la sua esistenza. Inseguendo continuamente il profitto personale, Seok-woo si è reso complice della propagazione di una malattia che ha colpito l’intera nazione. A questo punto, il messaggio è perfettamente chiaro.
L’umanità è strettamente interconnessa, vivere pensando solo a sé stessi è un’illusione. Ogni essere umano è direttamente responsabile anche della vita degli altri, oltre che della propria. L’unico modo per sopravvivere è quindi abbandonare ogni egoismo. Non a caso le uniche due sopravvissute finali, Seong-kyeong e Su-an, sono i due personaggi che si sono dimostrati più altruisti. La loro sopravvivenza è quindi un messaggio di speranza per l’avvenire. Il futuro può ancora essere luminoso, se ogni essere umano impara l’importanza della gentilezza e della collaborazione.