Bataclan, Renato Aiello cattura il dolore della memoria

“Bataclan” un nome che già evoca orrore, panico, dolore, impotenza. Con questo diretto collegamento alla tragedia francese, Renato Aiello espone la sua prima personale fotografica. Un passato e un presente ricco di formazione e passione, impegno nel cercare di dare il giusto spazio all’amore per la fotografia studiando le diverse angolazioni e i modi in cui un fascio di luce può illuminare l’anima di una persona. Il sudore e l’amore per l’obiettivo confluiscono tutti in questa mostra. Si cerca di isolare il senso di vacuità e smarrimento che una tragedia, come fu l’attentato di Parigi il 13 novembre del 2015, inevitabilmente lascia dietro di sé.

“Bataclan” di Renato Aiello urla per non far dimenticare

Renato Aiello non ha voluto raccontare l’orrore in azione, non ha rappresentato l’esplosione dell’odio, piuttosto ha scelto di perseguire un’altra strada, forse meno sensazionalista ma certamente più intima. L’esposizione “Bataclan” nasce dal lavoro condotto dal giovane giornalista e fotoamatore a tre anni di distanza proprio al Boulevard Voltaire. Dagli scatti sembra quasi di riuscire a sentire il silenzio funerario di quanti ancora oggi si riuniscono nel luogo della tragedia per ricordare le persone amate che vi hanno perso la vita. Si osservano volti, sguardi che sono dolore, rughe che sono storie, dettagliatamente raccontate  in piccoli trafiletti giustapposti alle immagini. Lacrime evaporate negli anni dal volto dei passanti che però non si fanno protagonisti dell’esposizione, ma sono solo funzionali al dolore, al lascito di 300 vite strappati, di 300 vuoti lasciati nell’umanità.

30 immagini in bianco e nero, delle quali alcune candidate lo scorso anno al Magnum Photography Award 2017, che cercano nel rispetto della dignità di mostrare la prima commemorazione ufficiale degli attentati:

«Non è stato semplice da affrontare e metabolizzare anche dopo. Non sono mancati i momenti in cui pigiare sul tasto dell’otturatore si è rivelato più difficile di quanto pensassi, nonostante la regola della giusta distanza che questo mestiere ci impone quando si è impegnati nella cronaca di situazioni dolorose e tragiche. […] Non potevo non documentare, semplicemente sentivo il dovere di riprendere, di lasciare, per quanto possibile e nei miei limiti, un ricordo di quel giorno.» – Renato Aiello

Un reportage fotografico voluto dal caso

Renato Aiello quel giorno era un turista che girava per le strade di Parigi. Vide una folla silenziosa, piccola, perché pochi ricordano ancora, perché di fronte a tanta brutalità il cuore rimpicciolisce e si stringe in una morsa di dolore. Fu in quel momento che capì quale dovesse essere il suo compito. Decise così di immortalare il momento, tornare a casa e ricordare, non dimenticare e scuotere le anime addormentate, stravolgere.

Per l’uomo è difficile comprendere vicende come queste, la follia di una vita recisa senza colpe. Spesso si chiede aiuto alla religione. Nella mostra “Bataclan” il lutto viene rivissuto anche riportando le diverse risposte che i sopravvissuti si sono dati. Compaiono manifesti, totem roll up e rappresentanti di un Islam moderato che si avvicinano in un abbraccio sincero alle altre vittime.

L’esposizione si è avvalsa anche di ulteriori installazioni. Una transenna con fiori e candele, oggetti di sopravvissuti, amici e parenti che hanno voluto così rendere omaggio alle vittime. In un angolo mattoni e catene, rappresentanti come il peso di dottrine fondamentaliste ed estremiste sia capace di distruggere l’intero sistema di valori, religione e morale su cui si fonda l’Europa. Posizionate sul suolo, sono poste tra un susseguirsi di foto, tra una donna che piace, un passante che riflette cercando il senso di tutto ciò, un uomo che sostiene una croce. E rose, tante rose, e il vuoto.

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