“Ex-novo” di Luciano Romano invita al recupero di un sentimento antico

Un voto alla memoria, al recupero di un sentimento antico, all’umanità ma soprattutto un atto di devozione nei confronti dell’Arte stessa. Con “Ex Novo” Luciano Romano porta “in scena” nella cappella del Pio Monte della Misericordia un’esperienza visiva capace di creare una profonda connessione tra presente e passato.

Leggi anche: Intervista a Luciano Romano. Il fotografo che si eleva dal reale

“Ex Novo” di Luciano Romano: in mostra l’azione catartica dell’arte

La sacralità del luogo riverbera e si amplifica nei 6 scatti che compongono il progetto espositivo studiato da Luciano Romano in questa occasione. Il fotografo, solitamente impegnato nella ricerca delle leggi fondamentali alla base del processo della creazione, rivolge ora il suo occhio indagatore all’arte e alle sue peculiari capacità di trasfigurare il visibile in immaginario, e viceversa.

Certamente l’attenzione dell’artista indugia in una rilettura di scelte stilistiche e formali del passato, ma non con uno scopo meramente estetico. Il reimpiego di iconografie sedimentate nella memoria infatti, attraverso un sentimento di familiarità, innesca un’immediata connessione tra l’immagine e l’individuo che ci si trova al cospetto.

Riconoscere un’immagine fornisce la chiave per dialogare con essa, per comprenderla, possederla, e solo attraverso l’utilizzo di un linguaggio condiviso può avere luogo quel processo pedagogico che conduce alla catarsi. Gli scatti messi in mostra da Romano sono dotati di una sconvolgente e catalizzante forza emotiva proprio perché fanno leva sul ricco bacino di suggestioni visive che l’arte alimenta da sempre.

La mostra si svoluppa in una via crucis di 6 stazioni

Il percorso espositivo circolare che asseconda la pianta della cappella, preziosa gemma del Barocco napoletano, propone come una “via crucis” 6 stazioni, 6 momenti di riflessione e di crescita, reinterpretando altrettanti capolavori del passato.

La scelta dei riferimenti iconografici affonda con coerenza le ragioni nell’arte del ‘600, fregiandosi di uno stile e una forma non solo particolarmente affini alla “teatralità” della fotografia dell’artista, ma anche assolutamente adatti alla cornice artistica e architettonica che ospita la mostra. È inevitabile infatti il dialogo che si instaura tra le opere fotografiche di Romano e le pale d’altare barocche – tra cui primeggia il meraviglioso capolavoro di Caravaggio – con le opere di misericordia di cui l’istituto assistenziale si faceva carico.

Sebbene le immagini proposte dall’artista abbiano un sapore antico e solenne, attraverso una sofisticata operazione di reinterpretazione si fanno portatrici di tematiche attuali. Gli attori e i ballerini protagonisti degli scatti non raccontano storie di uomini e santi vissuti in epoche remote e lontane dalla nostra, ma impersonano il dramma che trasversalmente accompagna l’umanità e si declina in sfumature diverse a seconda del tempo e dello spazio. Riassumendo, si potrebbe dire che l’artista ha selezionato iconici e significativi brani tratti dalla storia dell’arte per reinterpretarli “ex-novo”.

Il femminicidio e l’immigrazione

La donna con la testa scompostamente piegata indietro perché trattenuta per i capelli – in una posa che immediatamente riporta alla mente il dettaglio de “La Strage degli Innocenti” di Guido Reni – non è una semplice comparsa di un tragico episodio biblico. Lei è l’eloquente allegoria della violenza sulle donne, quella piaga sociale attualissima che quotidianamente riempie le pagine di cronaca e troppo spesso sfocia nel femminicidio. Tema analogo è riproposto nello scatto in cui una giovane donna dal volto fiero ma deluso – nella stesso atteggiamento della “Sant’Agata” di Francesco Guarinosi trasforma nell’ennesima martire vittima di un uomo violento.

Il corpo esangue con le piante dei piedi ben visibili – in un dettaglio che si riflette ne “Le sette opere di Misericordia” di Caravaggio, collocata sull’altare maggiore della cappella proprio di fronte all’opera di Romano – è invece quello di un immigrato. Il mare e il colore della pelle degli uomini che trasportano la salma chiariscono la sua triste condizione, condivisa da altri migliaia di uomini i quali hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

Dunque delicate quanto importanti sono le tematiche sollevate da Luciano Romano con questo ciclo fotografico che, come un ex-voto, si propone di accompagnare, tramite l’azione dell’arte, gli individui nella riscoperta di un sentimento etico antico con il quale sconfiggere l’indifferenza.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.