“Le Ragazze della rivoluzione” di Giancarlo Bocchi per il Digifest

Le Ragazze della rivoluzione di Giancarlo Bocchi. Freedom Women

La proiezione al PAN de “Le Ragazze della rivoluzione” di Giancarlo Bocchi si inserisce in un progetto molto grande, “Freedom Women”, che segue le lotte di donne dalle diverse nazionalità, culture e lingue. Vivono nei quattro continenti e combattono in prima linea in alcune delle zone più pericolose al mondo: Afghanistan, Birmania, Colombia, Cecenia, Kurdistan, Sahara Occidentale.

Giancarlo Bocchi, dopo aver documentato negli ultimi 25 anni conflitti e violazione dei diritti civili in ogni parte del mondo, ha realizzato con “Freedom Women” una delle più ampie produzioni documentaristiche italiane indipendenti di tutti i tempi. “Le ragazze della rivoluzione” è un documentario corale girato in Kurdistan, che racconta la lotta in armi per la libertà e diritti civili di donne curde della Siria, dell’Iran, della Turchia e yazide contro l’Isis e l’invasione turca nei territori del Rojava (Siria del nord). In occasione della proiezione del documentario è stato possibile ascoltarne la presentazione e l’approfondimento dello stesso autore.

“Le Ragazze della rivoluzione” di Giancarlo Bocchi

Il documentario è girato nel Kurdistan iracheno, nelle città di Kirkuk, Sinjar, Makhomour. Dà voce alle diverse combattenti curde che si alternano nel raccontare la loro vita ed esperienza.

«La lotta è resistenza. È come respirare.»

Una necessità, quella di lottare, che viene raccontata dalla comandante Tamara, curda turca di trent’anni, figlia della guerra, che sin da bambina ha visto il nemico turco attaccare il suo popolo. Quarantasette minuti di testimonianze di donne coraggiose, guidate proprio da Tamara. Per loro entrare nella lotta armata non è stata una scelta, ma una necessità.

«Nella realtà di questa guerra, la donna lotta anche per difendere la propria identità, la propria esistenza, quindi il suo essere donna. Noi qui difendiamo l’onore, l’esistenza, la dignità, i nostri stessi corpi. È per questo che lottiamo.»

Tamara e le ragazze-soldato si sono sacrificate molto per non far spegnere il fuoco di questa lotta. Hanno dimenticato gli interessi personali, le loro vite private.

«Il mondo è già pieno di ragazze sposate,che pensano alla famiglia, io invece voglio lottare per tutti i popoli oppressi» – una combattente yazida.

La posizione delle donne in lotta 

In nome della libertà e dei propri diritti le combattenti hanno abbandonato la paura e sono scese in campo per lottare. È incredibile che questo avvenga ad opere di donne a lungo sottomesse da un patriarcato di origine islamica. “Le Ragazze della rivoluzione” racconta come la donna abbia preso il posto degli uomini nel ‘900 nella lotta per le libertà e come l’idealismo riaffiori in territori saturi e stanchi di essere alla mercè di capi di stato potenti e inferociti, come Erdogan.

Alcune di loro raccontano come sono riuscite ad attaccare l’Isis e quanta paura fa il loro sesso ai miliziani.

«Quelli dell’Isis credono che essere uccisi da una donna, non li porti in paradiso»

Ciò fà comprendere quanto la radicalità del credo religioso, il fanatismo, abbia portato e continui a portare anni di vero e proprio odio nei confronti della donna. Da qui il bisogno di imbracciare fucili e combattere per la giustizia, per l’unificazione sociale e di genere e per diffondere un’ideologia anticapitalistica. Nasce così il progetto politico del Rojava di Giancarlo Bocchi, testimone oculare della situazione in Siria del Nord.

«Un progetto politico interessante, una grande speranza contro i regimi totalitari»

“Le Ragazze della rivoluzione” di Giancarlo Bocchi mette in luce soprattutto come queste donne facciano parte ormai del tessuto civile e militare in lotta per il proprio popolo. Immagini che lasciano con il fiato sospeso su un sottofondo di bombardamenti continui. La lotta, la speranza e la forza, è quanto trasmettono le donne intervistate. Nell’aspettativa che questo documentario riesca a spezzare il silenzio internazionale ed aiutare i popoli in lotta contro i propri oppressori.

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