Margaret Bourke-White. Prima, donna reporter dai mille primati

Margaret Bourke-White. Prima donna fotografa
© Oscar Graubner

Margaret Bourke-White è una fotografa statunitense che ha collezionato parecchi primati in quanto donna nel campo: prima fotografa di guerra donna, prima fotografa straniera ad avere il permesso di scattare foto in U.R.S.S. e prima fotografa per il settimanale “Life”.

Primi passi e stile di Margaret Bourke-White nella fotografia industriale

Fu il padre ad iniziarla alla fotografia; con lui sviluppò le prime fotografie nella vasca da bagno di casa. Con il padre, ingegnere ed inventore, visitava le acciaierie dove si fondevano le macchine tipografiche: da qui la sua ammirazione per il potere dell’uomo capace con le sue invenzioni di assoggettare la natura e di produrre oggetti utili. La prima macchina fotografica fu un regalo della madre, l’imitazione di una Graflex, del costo di 20$ e con una lente crepata: non è il mezzo bensì il modo per osservare e guardare in profondità, per andare oltre, per vedere quello che altri non vedono che caratterizza la tecnica fotografica di Buorke-White.

Negli anni del college frequentò alcuni corsi di fotografia che rafforzarono la sua passione. Iniziò a fotografare soggetti industriali a 20 anni, ma la svolta avvenne nel 1929, quando Henry Luce, caporedattore di Time, la volle per collaborare ad una nuova rivista, “Fortune”. La fase iniziale di Bourke-White fotografa riguarda soprattutto la fotografia industriale, quella delle navi, delle dighe, delle costruzioni frutto dell’ingegno dell’uomo che sfida la natura. Crede nella ”bellezza inconscia” delle navi e delle officine, nel potere della macchina e della tecnologia. Una sua foto sulla copertina del primo numero di “Life” (23 novembre 1936) riproduceva la diga di Fort Peck nel Montana.

Lo stile delle foto di Bouyrke-White inizialmente fu legato all’espressione pittorica cubista, con un effetto bidimensionale ed incursioni nel cinema espressionista russo e tedesco. L’ iniziale astrattismo si rivela nella composizione di fotografie che non hanno un vero e proprio punto focale, ma si esprimono in un dinamismo totale. Ne è un esempio il murales fotografico realizzato per il palazzo della NBC presso il Rockfeller Center (1933).

Margaret Bourke-White, foto ed opere della prima reporter di guerra donna

«Quando raggiungi un certo livello di professionalità non è più una questione di essere uomo o donna»

La collaborazione con “Life” porterà ad un’altra svolta nella sua vita. Inviata come fotografa di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale, fu prima donna reporter di guerra accreditata con l’esercito americano  -venne creata una divisa appositamente per lei-.

È come fotografa di guerra che Margaret dà il meglio di sé, con i ritratti dei militari in azione, le foto di vita quotidiana, i reportages sui bombardamenti. Vuole essere la prima e la migliore e ci riuscirà. Nei suoi reportage di guerra Bourke-White utilizza il bianco e nero per creare distanze soggettive e rendere meno cruenti i soggetti delle foto stesse. Non c’è gusto per l’orrido o desiderio di mostrare crudeltà terribili nelle foto dei mucchi di cadaveri a Buchenwald o nei morti allineati sull’asfalto dopo un bombardamento. È documentazione, è informazione.

L’inquadratura si concentra su un particolare, come gli alberi scheletrici e bruciati al centro delle rovine dei palazzi, che evidenziano con la loro spettrale nudità il trionfo della morte. Soldati in fila per deporre lettere dai familiari, marines schierati sulle navi da sbarco, i volti tesi prima dell’ assalto. Margaret Bourke-White è lì con il suo obiettivo grandangolare, con i suoi soggetti che non sono messi in posa e riescono a conservare le loro spontanee paure. Il primo piano non è rivolto al soldato che carica la mitragliatrice, ma proprio alla canna dello strumento di morte, la figura umana passa in secondo piano. I chiaroscuri, che solo il bianco e nero può dare, evidenziano marcatamente le angosciose e crude immagini di guerra.

«Davanti allo strazio della realtà ho scattato senza guardare, l’obiettivo mi serve come barriera tra me stessa e l’agghiacciante verità dell’orrore che ho di fronte» – frase di Margaret Bourke-White

La fotografia è documento, denuncia, testimonianza

Quando coraggiosamente si propone come inviata di guerra – ne sarà l’antesignana-, Bourke-White si propone di documentare ciò che vede, di denunciare l’orrenda realtà dei campi di concentramento appena liberati. Perché la fotografia non sia solo immagine, ma anche dimostrazione di ciò che può fare l’animo umano quando manifesta il peggio di sé.

Sarà presente nel momento della liberazione di Buchenwald. Convinta del potere dell’informazione, è la prima fotografa e l’unica a trovarsi in Russia nel momento dell’invasione nazista. Suo il primo ed unico ritratto di Stalin a restare in circolazione per lungo tempo. Fortissimo il legame professionale con il Mahatma Gandhi, che Burke-White fotografò nella sua quotidianità . Un patto tra i due: se lei avesse accettato di usare l’arcolaio di Gandhi, quest’ultimo avrebbe acconsentito a divenire oggetto del suo obiettivo fotografico. Margaret accettò e nacque tra i due un profondo rapporto di amicizia e rispetto.

Fu l’unica fotografa occidentale, assieme a Henry Cartier-Bresson, a fotografare i funerali del Mahatma Gandhi dopo il suo feroce assassinio. Alla fine del conflitto, la Margaret Bourke-White non si ferma. Prima si reca a documentare la guerra in Pakistan e poi in Corea, poi a documentare la vita dei minatori scendendo assieme a loro in profondità nelle gallerie. È inviata a fotografare la condizione dell’apartheid in Sudafrica. Lungi dal considerare l’aspetto della fama, che naturalmente ebbe nel corso della sua attività professionale, Margaret Biurke-Withe considerò quello della fotografia non soltanto un lavoro ma soprattutto una missione, per la quale rinunciò anche alla maternità.

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