
Susan Meiselas, fotografa documentarista statunitense, ha vinto quest’anno il “Deutsche Börse Photography Foundation Prize“, in onore di quasi 50 anni di scatti indimenticabili focalizzati sulle zone più sensibili nel mondo e sui diritti umani. Tra i suoi reportage si ricorda “Nicaragua in the 1970s” con il “Molotov Man” sulla rivoluzione che sconvolse il Paese in quegli anni.
Una fotografa in prima linea
Nata a Baltimora, nel Maryland, nel 1948, Susan Meiselas ha studiato fotografia ad Harvard. Dopo la laurea dà inizio in quegli anni alla sua lunga carriera, che vede come punto di svolta una galleria nata alla fine negli anni Settanta. In quel periodo la fotografa, che ha da poco fatto il suo ingresso nel roster di Magnum Photos, si sposta in Nicaragua per documentare la vita quotidiana dei suoi abitanti. Al suo arrivo l’atmosfera è strana, la popolazione sembra aspettare qualcosa di indefinito. È infatti un periodo di forte tensione, in cui gli scontri tra il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) e il regime dittatoriale della famiglia Somoza, al governo da prima della Seconda Guerra Mondiale e appoggiato almeno fino a quel momento dagli Stati Uniti, sono sempre più frequenti.
“Nicaragua in the 1970s” di Susan Meiselas colpisce per la sua crudezza
Susan Meiselas gioca un ruolo importante nel documentare quello che sta accadendo e soprattutto nel farlo comprendere all’occidente. Il suo obiettivo cattura azioni private e azioni politiche attraverso immagini rubate e spesso, ma non sempre, crude e violente. Sono i giovani ad avere avuto un ruolo particolarmente attivo nell’insurrezione. Una delle manifestazioni del dissenso popolare, documentata dalla fotografa, è la processione a Jinotepe in memoria di una dei leader dei movimenti studenteschi, uccisa sulle montagne tre anni prima. A tal proposito, la fotografa, che da cittadina Americana si è trovata più volte a dover decidere da che parte stare, racconta del proprio personale dilemma interiore e degli interrogativi posti dalla sua critica posizione di reporter.
«Ad un certo punto una persona è venuta vicino a me con un proiettile made in USA, chiedendomi cosa stessi facendo qui e da che parte stessi è stato un momento cruciale. Gradualmente mi è diventato chiaro che, come americana, avevo la responsabilità di sapere che cosa stessero facendo gli Stati Uniti in altri Paesi.» – Susan Meiselas, “In History”
“Molotov Man” di Susan Meiselas, simbolo dei Sandinisti
La foto cardine in “Nicaragua in the 1970s” di Susan Meiselas, però, raffigura il momento più caldo della situazione in Nicaragua: il culmine dell’attività insurrezionale, i cui i Sandinisti stanno mettendo in seria difficoltà la Guardia Nazionale. Lo scatto in questione è diventato un simbolo dei moti sandinisti ed è noto in tutto il mondo come “Molotov Man” di Susan Meiselas. Il soggetto, un ribelle sandinista con un fucile in mano, è colto nell’atto di scagliare una bottiglia di Pepsi trasformata in esplosivo. La fotografa racconta.
«La foto in questione è del 16 luglio 1979, alla vigila del giorno in cui i Somoza sarebbero fuggiti dal Nicaragua per sempre. Quello che sta succedendo è tutto fuorché una rissa. L’uomo, infatti, sta lanciando la sua bomba ad una guarnigione di guardie nazionali Somoza, una delle ultime che restavano nelle mani dei Somoza. È stato un momento importante nella storia del Nicaragua – i Sandinisti avrebbero presto preso il potere e lo avrebbero mantenuto per un’altra decade – e quella foto ha finito per rappresentare quel momento per molti anni a venire.»
La sua opera fotografica è infatti stata oggetto di parecchie riproduzioni, e non solo. Una riproduzione pittorica dello scatto, ad opera di Joe Garnett, è stata al centro di una disputa sul fair use. Ciò che è certo, però, è che questa foto resterà indimenticabile, complici la maestria della donna dietro all’obiettivo e la sensazione di forza, velocità e azione fulminea che essa trasmette.
Processione funebre per assassinio della leader studentesca ©Susan Meiselas Auto di un informatore di Somoza ©Susan Meiselas Tradizionale maschera indiana da danzatore usata dai ribelli per nascondere la propria identità ©Susan Meiselas Ribelli in attesa di contrattaccare la National Guard ©Susan Meiselas ©Susan Meiselas ©Susan Meiselas ©Susan Meiselas