Rom, i liberi figli del mondo dalla cultura millenaria

Rom

La parola “rom” è un vocabolo che deriva dal sanscrito e significa “uomo libero”. Proprio questa è la chiave per comprendere questo popolo unico, legato alla sua storia, alla sua cultura e alle sue tradizioni, che porta sulle spalle e nel cuore nei lunghi viaggi per il mondo.

«Mia madre mi disse non devi giocare
con gli zingari nel bosco.
Ma il bosco era scaro, l’erba già verde,
lì venne Sally con un tamburello,
ma il bosco era scuro, l’erba già alta,
dite a mia madre che non tornerò.»
– “Sally” di De André

La storia dei rom inizia ad Oriente, circa 2000 anni fa. Le tracce più antiche vengono da una regione che si trova tra India e Pakistan. si sono spostati seguendo il corso dei fiumi, probabilmente a causa delle invasioni del re afgano Mahmud di Ghazna. Ed è proprio lungo l’acqua corrente dell’Indro prima e di quella del Tigri poi, dell’Eufrate fino al Danubio e al Reno che arrivarono ad Occidente. In un primo momento in Armenia, zona di influenza bizantina, minacciati anche qui dall’Impero Ottomano, fuggirono  in Turchia fino a spostarsi nei Balcani, dove si stabilirono. Forse proprio questa lunga permanenza alimenta la credenza che provengano da questa zona. Hanno nel tempo raggiunto tutta Europa: Germania, Svizzera, Francia, Italia, Spagna, Inghilterra, Scandinavia.

Rom. Storia di un popolo che viene da lontano

Di questo viaggio non abbiamo molte testimonianze, perché la cultura rom è essenzialmente orale ed è stato facile confondere i fatti con le leggende. Un’interessante curiosità è che durante i loro viaggi i rom si sono spesso finti ricchi egiziani. Per questo motivo sono anche chiamati “gitani”, parola che deriva da “Aegyptus”, poi tramutata nello spagnolo “gitanos” e nell’inglese “gypsies”. Hanno sempre vissuto in Stati con popolazioni non nomadi, alle quali si sono dovuti adattare per poter sopravvivere.

La loro identità risiede, più che in una precisa area geografica, nell’insieme degli usi e dei costumi a cui sono fortemente legati, una cultura che affonda le radici in tempi remoti e di cui sono orgogliosi. Sono soliti dedicarsi ad attività regolari come artigianato, commercio, lavorazione dei metalli, addestramento di cavalli e gestione di giostre. Ma adattano anche all’ambiente urbano le loro antiche attività di caccia e raccolta, dando luogo a pratiche di accattonaggio, piccolo furto, pratica dell’arte divinatoria. Tali usanze, unite ad un abbigliamento eccentrico e non omologato, alla lingua, alle pratiche di chiaroveggenza – interpretate in passato come formule magiche – e a tutto ciò che li definisce e che li rende diversi, generano spesso diffidenza, incomprensione, paura ed astio.

Discriminazioni e accuse

Giorgio Bozzecchi, dal campo rom di Milano racconta al “Fatto Quotidiano” la sua realtà e denuncia: «Siamo sempre stati, la storia ce lo insegna, un buon capro espiatorio». In Spagna, nel 1942 furono condannati all’esilio, insieme ai Mori e agli Ebrei. In Ungheria furono accusati di cannibalismo e in Italia di essere portatori di peste. In Moldavia divennero servi della gleba. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale non solo furono perseguitati dai nazisti insieme agli ebrei e agli omosessuali, ma erano tanto discriminati da avere delle baracche a loro riservate nei campi di concentramento.

Oggi, gli zingari in Europa, sono tra i 10 e i 12 milioni. La maggior parte tende ad adottare la religione del luogo in cui vive e non sono più nomadi. Purtroppo si vive in una realtà sociale ancora pregna di molte riserve nei confronti della popolazione rom. In Italia ad esempio sono molti i campi nomadi sprovvisti dei servizi basilari in vista di una permanenza temporanea, la cui esistenza è stata più volte denunciata dalla Commissione Europea.

 

Autore: Cinzia Lorusso

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