
Cos’è il Trittico di Puccini e “Gianni Schicchi” in pieno trionfo
Il “Trittico” di Puccini riunisce 3 opere, atti unici, musicate dal Maestro: “Il tabarro”, su libretto di Giuseppe Adami, “Suor Angelica” e “Gianni Schicchi” su libretto di Giovacchino Forzano. In particolare “Gianni Schicchi” di Puccini è un’opera minimalista rispetto a quelle cui il suo pubblico era abituato, ma non per questo meno avvincente dal punto di vista scenico e musicale. Dopo la “Tosca”, l’idea di comporre un’opera in 3 atti unici da rappresentare in una sola serata -esperimento già affermatosi nel mondo della lirica- aveva carezzato infatti la mente dell’artista.
Il “Trittico” di Puccini è composto da un inizio foscamente drammatico (“Il tabarro”), la dolce poesia del dramma ambientato in convento (“Suor Angelica”) fino all’apoteosi buffa del “Gianni Schicchi” -il più fortunato dei 3 atti unici-. Giovacchino Forzano, poco prima della realizzazione di quest’opera, si era già occupato ampiamente di sviluppare uno scarno episodio del Canto XXX dell’Inferno di Dante, rifacendosi al commento della “Divina Commedia” d’Anonimo fiorentino del sec. XIV. Questo dato assume rilevanza nella chiusura dell’opera (come si scoprirà a fine articolo!, ndr).
Un esperimento perfettamente riuscito
Giacomo Puccini fu contento di comporre un’opera di argomento vivace e divertente. La realizzò a Viareggio dal luglio 2017 all’aprile 2018, ispirandosi al genere buffo operistico italiano. Il tema è da Commedia dell’Arte con un taglio moderno: c’è l’esasperata avidità dei superbi Donati e la furbizia raffinata di Gianni Schicchi che finirà col raggirare tutti in favore della figlia e del fidanzato Ranuccio (che è un Donati). Una precipua caratteristica del “Gianni Schicchi” di Puccini consiste nella continua presenza in scena dei parenti di Buoso Donati. Quindi 9 solisti dai diversi registri vocali e una specie di coro da camera in un perfetto intreccio polifonico di voci tra loro contrapposte. L’orchestra mette in rilievo i parecchi tratti caricaturali dell’opera.
Il Maestro lucchese riuscì a tratteggiare con precisione l’atmosfera e l’ambiente della Firenze medioevale, in perfetta unità di tempo e luogo. Attraverso la vivacità della storia e il ritmo incalzante, anticipò certe dinamiche cinematografiche con la modernità del linguaggio. Nel “Trittico” di Puccini viene attualizzata la sua celebre massima:
«Ci sono leggi fisse in teatro: interessare, sorprendere e commuovere o fare ridere bene»
La prima avvenne al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918. Fu subito un trionfo. Soprattutto per il “Gianni Schicchi”, che ebbe maggior successo ed applausi, arrivando nel tempo ad affermarsi autonomamente.
“Gianni Schicchi” di Puccini. Trama e libretto di uno svolgimento rocambolesco
Il pregevole “Gianni Schicchi” di Puccini è privo di ouverture. Si apre subito la scena, con un inizio immediato e scoppiettante che lascia presagire il tono dell’opera. Siamo a Firenze nel 1299, il ricco Buoso Donati è appena spirato ed i parenti lo piangono con strepiti e lamenti, che si trasformano in urla e rimbrotti quando si viene a sapere che il “povero Buoso” avrebbe lasciato tutti i suoi cospicui averi ai monaci di Santa Reparata. C’è una gran varietà di personaggi-caratteri. Simone, “il più vecchio, che è stato Podestà a Fucecchio”, la “vecchia” Zita, Maestro Spinelloccio, il medico bolognese. Da ricordare l’edizione del 1983 con Rolando Panerai, Cecilia Gasdia nel ruolo di Lauretta e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
I grotteschi personaggi di “Gianni Schicchi” vanno alla spasmodica ricerca del testamento che, trovato dal giovane Ranuccio, svela la triste realtà. Tutto sembra perduto, ma Ranuccio offre una soluzione nell’ingegno fantastico del borghese Gianni Schicchi, homo novus che viene dal contado, facente parte cioè di quella gente che rende Firenze “come un albero fiorito”, intona Ranuccio, che ama riamato Lauretta, la bella e dolce figlia dello Schicchi.
Signore e signori, ecco a voi Gianni Schicchi “O mio babbino caro”
L’orgoglio degli aristocratici cede alfine e finalmente entra in scena il protagonista, di cui finora si è solo parlato. Un omone dal naso imponente e dalla voce baritonale che inizialmente non vuole offrire in aiuto il suo ingegno ai superbi Donati. È infine la dolce preghiera della figlia “O mio babbino caro” a convincerlo. Si tratta di un’intensa effusione lirico-sentimentale sublime romanza molto impegnativa, con i suoi filati, per il soprano che la interpreta.
Escogita uno stratagemma macchinoso e geniale: si sostituirà al defunto Buoso per dettare un nuovo testamento favorevole ai parenti. Ma attenzione alla pena per chi si sostituisce per dolo alle persone: taglio della mano e perpetuo esilio.
Un balletto di richieste e promesse in un turbinìo di orchestrazione e voci
Ciascuno vuole per sé i beni più preziosi, la mula, la casa in cui si svolge la vicenda ed i Mulini di Signa. A tutti Schicchi promette, concludendo con un “Vi servirò a dovere” che è tutto un programma.
La redazione del testamento acquisisce i toni grotteschi della commedia farsesca ispirata alla Commedia dell’Arte, che tocca il suo apice nel parossismo finale di musica ed azione quando Gianni Schicchi-Buoso Donati lascia a sé stesso i beni più preziosi, con la minaccia delle punizioni già menzionate. Gli avidi parenti vengono cacciati dall’ormai padrone di casa e trionfa l’amore tra Rinuccio e Lauretta. È per loro che l’astuto borghese ha architettato il piano.
Puccini salva “Gianni Schicchi” da Dante e dalla “Divina Commedia”
Nel momento del commiato dal pubblico, Gianni Schicchi si duole che il Padre Dante lo abbia collocato in “Inferno” per questa azione. Chiede agli astanti «Se i soldi potevano finire meglio di così» e domanda al pubblico di volergli concedere le attenuanti. Chiaramente, a questo punto della resa, le simpatie del pubblico sono sempre tutte per lui! Lo Schicchi è tollerato dagli spocchiosi ed avidi nobili per i loro gretti interessi e si vendica con sublime cattiveria privandoli in suo favore dei beni più preziosi ed ambiti. Condannato da Dante per aver falsificato “in sé altrui forma” andando contro alla legge degli uomini e di Dio, Gianni Schicchi viene riabilitato da Puccini e Forzano.
Numerosi sono stati, nel corso degli anni, gli allestimenti del “Gianni Schicchi” di Puccini, che ebbe nel baritono Tito Gobbi un indimenticabile interprete. Da ricordare altresì l’edizione del 1983 con Rolando Panerai, Cecilia Gasdia nel ruolo di Lauretta e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.