
A partire dal 1850, in Occidente, iniziò a circolare l’innovativo e affascinante concetto di arte orientale e, in particolar modo, giapponese. Questa tendenza culturale che veniva da molto lontano, portava con sé innovazioni riguardanti lo stile, i soggetti, le decorazioni. Interessò così tanto sia gruppi di artisti che di amatori dell’arte che venne coniato un nuovo termine per descrivere tale nuovo fenomeno artistico, il Giapponismo. Vari gruppi di artisti appartenenti a molteplici correnti culturali cominciarono a studiare le stampe giapponesi, ad acquistarle e conservarle, fino a prenderne spunto per delle nuove opere ricche dei nuovi concetti della corrente orientale (come si nota anche con gli alberi in fiore di van Gogh). L’uso di diagonali, di scene quasi bidimensionali e di silhouettes di corpi prendevano il posto dei soliti e proverbiali tagli o raffigurazioni.
Il Giapponismo negli alberi in fiore di van Gogh. “Giapponeseria: Oiran”
Vincent van Gogh decise di sperimentare le nuove caratteristiche della corrente in voga, già esaminata in primis dal gruppo degli impressionisti. Iniziò ad avvicinarsi a questo nuovo concetto artistico quando, dal 1885, cominciò a comperare le stampe giapponesi. Inizialmente si limitò a studiarle, a comprenderne le peculiarità, le differenze con l’arte tradizionale o con quella più innovativa contemporanea. Soltanto quando si trovò a Parigi riuscì ad unire e importare il giapponismo nella propria arte, nelle proprie opere, nella propria visione culturale arrivando, persino, ad organizzare una mostra della sua raccolta privata. La sua vicinanza alla nuova corrente è messa in pratica persino nelle tecniche artistiche, quando cercò di riecheggiare i disegni giapponesi adoperando tecniche e strumenti, come la cannuccia. Anche se la tecnica era sbagliata – difatti gli artisti giapponesi usavano il pennello e non la cannuccia – ciò dimostra quanto van Gogh fosse interessato all’arte giapponese.
Il pittore olandese era un vero e proprio fervido ammiratore della nuova corrente levantina. Persino uno dei più grandi commercianti di arte orientale dell’epoca, di nome Bing, gli aveva permesso di circolare da solo nel proprio magazzino. Per van Gogh il Giappone era metafora di immaginazione, di una chimera, di un beatificante mondo. Famosissimo il quadro “Giapponeseria: Oiran”. Van Gogh, prendendo spunto da una copertina di un numero della rivista “Paris illustré” con l’immagine di Kesai Eisen in kimono, creò quest’opera dalle dimensioni considerevoli. Su di uno sfondo decorativo, inserisce l’opera di Eisen. La raffigurazione ricorda un manifesto, e dimostra, nuovamente, quanto fosse interessato al nuovo mondo. Persino quando partì per raggiungere la Provenza, etichettò il Midi come “Giappone europeo”.
Il trittico degli alberi. “Pero in fiore”
Durante il suo soggiorno ad Arles, van Gogh ricercava una particolare luce calda, rimase abbagliato nel vedere alberi da frutto in fiore, sostenuti da tronchi esili, sottili, ma eleganti, tempestati e arricchiti da molteplici fiori sbocciati. Tutto ciò gli ricordava le stampe giapponesi. Su questo soggetto creò diverse opere, mettendo in luce, da una parte, la meraviglia della flora germogliata e, dall’altra, la conoscenza ormai approfondita delle incisioni nipponiche. A metà aprile, mentre stava continuando il suo lavoro sul tema, decise di creare un trittico decorativo per il fratello Theo. Gli mandò persino uno schizzo: un pero avrebbe decorato la parte centrale, un frutteto rosa ed un bianco avrebbero preso posto nelle zone laterali.
“Pero in fiore”, quindi, è il titolo del dipinto, quello focale del secondo trittico della sequenza avente soggetto alberi da frutto in fiore. Questo particolare dipinto, rispetto al resto della serie sui frutteti, è quello che si avvicina maggiormente alle stampe giapponesi. Nonostante l’opera non avesse soddisfatto l’artista, che lo riteneva un semplice completamento della serie – come riferisce in svariate lettere a suo fratello Theo negandogli il consenso ad esporlo da Boussod & Valadon presso i quali lavorava – è un’opera che ha molto in comune con la corrente orientale.
Il punto di osservazione è posto nella parte superiore, l’albero costruito da una linea retta e il frutteto alle sue spalle, sono dei particolari ricorrenti nelle stampe in questione. Tutti questi elementi presenti nell’opera e accuratamente raffigurati fanno supporre che sicuramente il pittore fosse in possesso di qualche stampa giapponese e quanto ne fosse affascinato, ma soprattutto di come avesse compreso le peculiarità di un’arte che aveva del tutto abbagliato il territorio europeo.
“Ramo di mandorlo fiorito”
Nuovamente van Gogh fu attratto a Saint Rémy dai motivi giapponesi e dagli alberi in fiore. Nasce, così, l’opera “Ramo di mandorlo fiorito”, un soggetto che gli stava molto a cuore, persino da quando soggiornando ad Arles decise di immortalare questo meraviglioso albero che fiorisce rapidamente. Su di uno sfondo color azzurro del cielo creato con pennellate distese, si stagliano elegantemente i sottili rami decorati con i fiori e germogli che stanno per sbocciare e delicatamenteornati con un puntone di color rosso.
Un vero e proprio inno alla vita, dato che simbolicamente rappresentano per una precisa ricorrenza, la nascita del figlio del fratello Theo e Jo, che portava il suo stesso nome, Vincent. Purtroppo quella che doveva essere la prima di una lunga serie di opere si arrestò inaspettatamente, il pittore olandese per le sue indisposizioni non fu in grado di proseguire il lavoro e quando guarì, la fioritura era ormai scomparsa. Probabilmente, grazie alla sua conoscenza ormai approfondita delle stampe giapponesi, grazie alla sua passione per questi motivi floreali, van Gogh avrebbe potuto dedicare una grandiosa raccolta su tale genere, con alberi e rami maggiormente stilizzati, come un vero e proprio artista giapponese.
L’arte giapponese contagia l’Occidente
Dopo anni di solitudine, l’Oriente riaprì all’ Occidente i propri porti, i commerci e e le relazioni. Le conseguenze ci furono anche nel mondo dell’arte: le stampe, quindi la tecnica grafica, il loro prezzo modesto e i nuovi concetti affascinarono così a tal punto da diventare ispirazione di opere dei più grandi pittori europei. La moda del Giapponismo ebbe la sua risonanza non soltanto nel campo dell’arte, ma divenne soggetto di testi letterari, elemento decorativo per articoli di arredamento o concetto nuovo per l’abbigliamento delle signore. Anche queste ultime opere analizzate, confermano la grande peculiarità di van Gogh: la capacità di interpretare la realtà e di comunicare, tramite l’arte, la sua visione della vita.
Nonostante la sua scelta di non risiedere in zone centrali all’espansione di tendenze artistiche, era sempre a conoscenza delle novità culturali. Una visione personale, sensibile, ricca di sentimento e di trasporto, innovativa e inserita nel contesto artistico a lui contemporaneo allo stesso tempo, fanno di Vincent van Gogh un artista unico, non apprezzato e compreso a suo tempo, ma fortunatamente riconosciuto e amato in seguito.
«Costui o diventerà pazzo, o ci farà mangiare la polvere a tutti quanti. Se poi farà l’uno e l’altro, non sono in grado di prevederlo» – il pittore Camille Pissarro