“Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson. Malinconica commedia

Grand Budapest Hotel di Wes Anderson

“Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson è un film unico nel suo genere. Si distingue per la sua complessa struttura temporale composta da ben quattro cornici diverse, tutte ovviamente connesse fra loro da un unico filo conduttore: l’hotel Grand Budapest. Ogni cornice ha una composizione precisa e differente dalle altre. Dal cambiamento di luci e i colori alla variazione dell’aspect ratioogni elemento rende le quattro cornici perfettamente distinguibili. Naturalmente nulla è lasciato al caso, al contrario ogni scelta è motivata da una minuziosa cura dei particolari.

«Ho il mio modo di filmare le cose e di metterle in scena. Ci sono stati momenti in cui ho pensato che avrei dovuto cambiare il mio approccio, ma questo è ciò che mi piace fare.» – Wes Anderson

L’originale struttura a cornice di “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson

La prima cornice – che si identifica con l’inizio del film – è ambientata ai tempi moderni e si distingue per i suoi colori luminosi e luci ovattate che creano un’atmosfera densa di malinconia. Immediatamente un flashback trasporta lo spettatore all’interno della seconda cornice, ambientata nel 1985. L’autore del libro “Grand Budapest Hotel” è nel suo studio e si riprende mentre racconta il processo creativo che l’ha portato alla realizzazione della sua opera. In questo passaggio l’aspect ratio è 16:9, caratteristico delle pellicole moderne, e la fotografia è caratterizzata da luci morbide e colori dalle tonalità aranciate e bronzee che trasmettono solennità e autorevolezza.

Un altro flashback collega la seconda e la terza cornice. L’anno di riferimento è il 1968 e il giovane autore (Jude Law) fa il suo ingresso nel Grand Budapest Hotel ormai ridotto a una pallida ombra della sua antica gloria. Il cambiamento di epoca è reso evidente dall’aspect ratio di 2:35:1 – caratteristico delle pellicole degli anni ’60 – e da uno stile registico manieristico, quasi teatrale. L’ultimo flashback conduce la narrazione al 1932, dove finalmente la storia entra nel vivo. In queste scene sono innegabili le numerose citazioni al cinema muto degli anni ’30. L’aspect ratio di 3:4 e gli inconfondibili iris shot rendono le scene della quarta cornice uno splendido omaggio ad un cinema d’altri tempi. Tuttavia, non possono di certo mancare i tratti distintivi della regia di Wes Anderson, come le carrellate e la panoramica rapida che conferiscono alla narrazione un ritmo a tratti frenetico.

Ricorda la bellezza del passato

«Ad essere onesti, penso che il suo mondo fosse scomparso molto prima che lui vi entrasse, ma devo dire che certamente ne mantenne l’illusione con meravigliosa grazia.» – Zero Moustafa

La celebrazione del passato è uno dei temi centrali di “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson. In ognuna delle quattro cornici l’eredità lasciata dalle epoche trascorse gioca un ruolo fondamentale. Nella prima cornice, la ragazza che entra nel cimitero guarda con aria sognante il busto che celebra l’autore del romanzo come un “tesoro nazionale”. Ormai non resta più nulla di lui, ma la grandezza delle sue opere è sopravvissuta al trascorrere del tempo e vive ancora nelle nuove generazioni.

Nella seconda cornice, l’autore sceglie con cura l’angolazione del suo studio da riprendere in modo da lasciare ai posteri un preciso ricordo di sé. Infatti è perfettamente visibile la grande differenza fra gli ambienti inclusi nell’inquadratura e quelli che ne restano fuori. Se nella ripresa la scrivania dell’autore è in perfetto ordine, altrove la confusione regna sovrana. È evidente a questo punto il secondo tema fondamentale della pellicola, in aperto contrasto col primo, cioè l’illusione della perfezione del passato. Vivere costantemente all’ombra dello splendore di epoche passate è perfettamente inutile, se non dannoso.

Gustave H, il personaggio simbolo di un’era inesistente

Il signor Gustave H (Ralph Fiennes), il concierge dell’albergo negli anni ’30, si comporta come se provenisse da un’altra epoca, come dimostrato sia dai suoi modi che dal linguaggio. La sua raffinatezza e il suo amore per l’arte lo rendono un personaggio inevitabilmente legato al passato ed estremamente fragile. Dietro un’apparente elegante sicurezza, si nasconde una grande incertezza, resa evidente nel momento in cui, dopo l’evasione dal carcere, Gustave rimprovera aspramente Zero per non avergli portato il suo profumo preferito. Rimanendo ancorato al passato costellato da modi aristocratici e profumi costosi, Gustave H perde l’occasione di comprendere il grande cambiamento che sta prendendo vita intorno a sé. Ne sarà inevitabilmente travolto quando scoppiata la guerra, il Grand Budapest verrà trasformato in alloggio per militari di alto rango.

La sensibilità umana si esprime con la poesia

«Lui era un essere umano. Che altro resta da dire?» – Zero Moustafa

Sebbene sia un personaggio anacronistico, Gustave H è un grande esempio di sensibilità e spessore morale. L’amore per la poesia lo porta spesso a citare dei versi delle sue opere preferite e, se da un lato questo lo renda oggetto di derisione dei suoi colleghi, dall’altro esprime una grande profondità d’animo. Il fatto che, successivamente, anche Zero e Agatha (Saoirse Ronan) inizino ad imitarlo indica che gli insegnamenti di Gustave sono stati ben recepiti. Aprendosi all’amore per la poesia, Zero e Agatha elevano le loro menti diventando dei personaggi di grande cultura, al pari di Gustave.

Che Zero e Gustave siano diventati pari è evidente anche dalla struttura delle varie scene. Inizialmente il divario culturale fra i due personaggi è enfatizzato dalle inquadrature che pongono Gustave in primo piano, in posizione decisamente dominante, e relegano il personaggio di Zero sullo sfondo o in secondo piano. Dal momento in cui Zero confessa il suo passato a Gustave e i due si abbracciano dichiarandosi fratelli, le inquadrature li mostreranno sempre sullo stesso livello, azzerando la gerarchia fra i due personaggi. L’importante messaggio di “Grand Budapest Hotel” è ben chiaro: in un mondo circondato dall’odio e dal disprezzo, sarà la fratellanza a salvarlo da una tragica fine.

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