
“Hype Aura” dei Coma Cose. Il duo milanese che da due anni sta sistematicamente stravolgendo l’hip-hop italiano ha dato finalmente alla luce il suo primo vero LP.
Coma Cose: l’esordio e il successo istantaneo
Fausto Zanardelli, in arte Fausto Lama e Francesca Mesiano, aka California. Sono loro i Coma Cose: un binomio di età, origini ed esperienze completamente diverse, che dalla provincia di Brescia e Pordenone s’incontrano, nel 2016, nel centro di Milano. Punto d’impatto, un negozio in cui entrambi lavoravano come commessi. E il risultato è che l’energia da DJ di California – fatta di rave techno e drum’n’bass nelle periferie friulane – e l’esperienza del cantautore e polistrumentista bresciano si fondono e danno vita al progetto Coma_Cose. Lui precedentemente era conosciuto come Edipo, con già all’attivo altri 4 dischi tra album ed EP di cui una pubblicazione con Universal.
Un progetto nato dall’esigenza di esorcizzare e burlare lo stato comatoso della Milano bene e della società in cui viviamo con dissacrante ironia e intricati giochi di parole, riferimenti a sonorità, temi e linguaggi che spaziano dal cantautorato classico italiano ai suoni sintetizzati degli anni ’80, legato assieme da strofe rap e contaminazioni ninteties. Un mix futuristico – così come l’abbigliamento di entrambi – ma non per questo scarno di valori ed ideali, non per questo vuoto e vacuo.
Ed tutto è studiato, metodicamente, dalle produzioni dei Mamakass alle rime e ai rimandi, dai beat alle melodie cantilenanti, fino ai ritornelli da urlare a squarciagola. Lo si nota subito, sin dagli esordi dei Coma_Cose su YouTube nel febbraio 2017 con il primo singolo “CANNIBALISMO“, nato quasi per scherzo e dal bisogno di sperimentare. Sperimentazione seguita nei successivi tre mesi con gli altri tre singoli – “GOLGOTA“, “DESERTO” e “JUGOSLAVIA” – ai quali segue il più sostanzioso “INVERNO TICINESE“, EP di 4 brani prodotto dalla Asian Fake (Franco126, Ketama, Sxrrxwland).
“Hype Aura” dei Coma Cose è un racconto sincero e mai banale
Ma è solo nel marzo del 2019, dopo innumerevoli sold-out in tutta Italia, che il progetto di Cali e Lama si traduce nel disco d’esordio. Hype Aura oltre ad essere l’ennesimo gioco di parole (“Hai paura”) con cui descrivere e prendersi gioco della realtà, è un vero e proprio manifesto musicale e testuale di cosa sono, come suonano e cosa vogliono dirci i Coma Cose. Già i titoli delle 9 tracce, tutti in Capslock – l’ultima chiamata “INTRO” – dovrebbero aiutare a capire con chi stiamo avendo a che fare.
Rumorosi, contestatori, sbeffeggiatori. Certo. Ma anche sentimentali, drammatici, profondi e viscerali. Perché la mescolanza non è solo nel sound, ma anche soprattutto nella lirica e nei contenuti. A collegare il tutto la sferzante, ironica sincerità con cui viene descritta la città d’adozione di Fausto e Fré: Milano. Non la “Milano-bene” degli imprenditori e dell’alta moda, dove si può beccare «una modella | Tutta bambata come Afrika (non fa per me)» come in zona “S. SEBASTIANO“, ma la Milano periferica e disagiata di “VIA GOLA“, quartiere di case occupate e spaccio a cielo aperto. La Milano dei giovani qualunque, delle uscite nelle auto vecchie «Dalle casse rotte che gracchiavano» e in cui ascoltare i “BEACH BOYS DISTORTI“. Ma Milano è anche «città emo | Perché il Duomo è gotico» ed è quella emotiva un’altra grossa fetta dei contenuti dei Coma Cose.
Milano, la periferia e i sentimenti
E non mancano le riflessioni e le considerazioni quasi ciniche, mai banali, sempre causa di domande dal ritornello manifesto di “MANCARSI” «Che schifo avere vent’anni | Però quant’è bello avere paura», passando per le confessioni autoreferenziali di Cali quando racconta che «Lei si tagliava i capelli così corti | Che quasi le vedevi i pensieri | E ti assicuro che erano contorti» in “LAMETTA“, che oltrepassano le descrizioni didascaliche per rompere ogni argine dialettico attraverso un uso del linguaggio bizzarro e fuori dagli schemi.
Così in “GRANATA” – prima traccia del disco evidentemente per iniziare “col botto” – in un non-sense si viaggia a briglia sciolta nei pensieri più assurdi del duo.
«Mio nonno è tropicale, quindi ho un avo-cado | Continuo la scalata fino all’Everest | Alice guarda i gatti perché i Kanye West»
E ad aggiungere un pizzico di sale ai testi dei Coma_Cose ci sono paradossali intrecci, rimandi e richiami artistico-letterali più disparati, come l’azzardatissimo paragone in “MARIACHIDI” «Ammazzo i vampiri come Dylan Dog | Ma con la penna sono Dylan Bob» o l’enorme citazione al monologo di Robert Shaw de “Lo Squalo”, con la voce di Renato Mori nel finale di “SQUALI“.
Nove brani che riescono a sovvertire qualunque suono, qualunque gerarchia, qualunque senso, senza però perderne nemmeno un po’. Un intreccio tenuto in piedi sapientemente da arrangiamenti e melodie solidissime, da freschezza e ricerca costanti e dalla rassicurante, reciproca promessa di Fausto e Cali che
«Comunque vada l’inizio | Alla fine saremo solo io e te | Con i nostri mostri e sentimenti | Quindi non preoccuparti se hai paura».