
Negli ultimi anni le registe donne sono in aumento. Tuttavia si tratta ancora di un fenomeno di nicchia. Si stima che in Italia solo il 10% dei film realizzati ogni anno sia diretto da una donna e a livello internazionale la percentuale è persino inferiore. La principale causa è ovviamente sistemica. Il ruolo di regista è decisamente centrale all’interno del processo creativo di un film. La maggior parte delle volte le donne non sono considerate all’altezza di assumere una tale posizione di potere. Secondo la visione di una società schiava degli stereotipi, una donna è troppo emotiva ed impulsiva per poter gestire con fermezza la complessa realizzazione di un film.
«Le donne sono fondamentalmente insicure delle loro capacità, pensano che senza appoggio non ce la faranno. Anche se non è vero.» – Cristina Comencini
Naturalmente la risposta femminile agli stereotipi è forte e costante. Le donne alla regia sono sempre esistite, fin dagli albori del cinema. Pioniere, coraggiose e originali, le registe donne hanno sviluppato la loro visione del cinema allo stesso modo dei colleghi uomini. I riconoscimenti e i premi non sono mancati, anche se la proporzione è paurosamente sbilanciata a favore dei registi uomini.
Registe donne: pioniere del cinema
Le donne hanno dato un enorme contributo all’industria cinematografica fra innovazioni e idee originali. A fare da apripista fu la regista francese Alice Guy-Blaché, la prima donna ad occuparsi di regia e scrittura del soggetto nei suoi film. Lo stile realistico mostrò al mondo per la prima volta il punto di vista femminile su questioni sociali come il matrimonio e la parità dei sessi. Alice Guy-Blaché fu anche la prima donna in assoluto a creare il suo studio di produzione cinematografica. Per la Francia di inizio ‘900 si trattava di pura avanguardia.
L’iconico “Les résultats du féminisme” ritrae una società irrealistica, in cui i ruoli di genere sono completamente invertiti. Se gli uomini si occupano delle faccende domestiche, le donne fumano e si divertono con le loro amiche. La sensazione di grottesco trasmessa dal cortometraggio sottolinea in modo evidente quanto gli stereotipi di genere siano ben radicati, nascondendosi anche nelle menti più liberali.
«Mi piace dirigere perché credo che una donna, più o meno intuitivamente, rappresenti molte delle emozioni che raramente sono espresse sullo schermo.» – Lois Weber
Se la francese Alice Guy-Blaché fu pioniera del cinema muto in Europa, l’americana Lois Weber innovò il cinema oltreoceano. I suoi temi controversi e il suo stile crudo la resero una delle registe più progressiste del XX sec. Il suo “Hypocrites” smaschera le contraddizioni di una società che protegge le apparenze, ma che in realtà è cinica e arrivista. La critica del tempo lo apprezzò per la fotografia e per l’intricato montaggio, considerati estremamente moderni per l’epoca.
I riconoscimenti delle registe donne nel cinema mainstream
Il talento delle registe donne è apprezzato da pubblico e critica, ma è terribilmente sottovalutato quando si parla di premi e riconoscimenti ufficiali. L’unico premio Oscar alla miglior regia assegnato ad una donna risale al 2010. Si tratta di “The hurt locker” di Kathryn Bigelow. La sua regia diretta e cruda fornisce una visione realistica e drammatica del conflitto in Iraq.
«Ma ti rendi conto che ogni volta che indossi quella tuta, ogni volta che usciamo possiamo lasciarci la pelle, lanci il dado e non sai come va… lo sai che è così, vero?» – “The hurt locker”
La neozelandese Jane Campion è l’unica donna ad aver vinto la Palma d’oro a Cannes con “Lezioni di piano”, film che le ha valso anche il premio Oscar alla miglior sceneggiatura originale. Le donne sceneggiate e dirette da Jane Campion sono figure che vivono nel passato, ma sono forti e indipendenti. L’emancipazione femminile è un tema molto caro alla regista neozelandese che nei suoi film pone sempre al centro donne dalla spiccata personalità, argute e autonome.
«Oggi le donne devono da un lato pensare alla propria indipendenza e dall’altro affrontare il fatto che le loro vite sono orientate a soddisfare il modello romantico con cui sono state cresciute.» – Jane Campion
Femminismo in regia: il cinema per i diritti delle donne
La maggior parte delle registe donne è estremamente sensibile alla questione femminista. La conquista dei diritti delle donne è una lotta che va combattuta strenuamente in ogni campo, compreso il cinema. Le donne devono combattere per affermare la propria voce, per distruggere il famoso “soffitto di cristallo” che preclude loro qualsiasi ruolo di potere. Il cinema in questo caso funge da tramite perfetto per esprimere il punto di vista femminile. Il cinema spiccatamente femminista si afferma negli anni ’70, in concomitanza con l’avvento della seconda ondata del femminismo. La conquista del diritto all’aborto e al divorzio da nuovo impulso alla creatività femminile che inizia a rappresentare personaggi sempre più emancipati e determinati a difendere i propri diritti.
«L’impavidità e l’ambizione, quella felicità della giovinezza femminile, è qualcosa che stanno cercando di rivendicare per sè stesse come donne.» – Greta Gerwig
Le registe del XXI secolo sono indubbiamente il frutto del percorso che le loro antenate hanno costruito prima di loro. Le registe moderne lottano per mantenere intatta la memoria delle pioniere che hanno reso possibile il realizzarsi di un cinema femminile e preparano il terreno per le registe dell’avvenire. Greta Gerwig con i suoi film (Lady Bird) parla alle donne del domani, incoraggiandole a seguire la propria strada e a realizzarsi. L’italiana Alice Rohrwacher con il suo linguaggio artistico delicato fa capire la poesia di un cinema che raggiunge la sua piena espressione attraverso il linguaggio del corpo.