“Il Grande Dittatore” di Chaplin. Una satira coi baffi per l’umanità

Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin

Reso celebre dal personaggio di Charlot “The Tramp”, il 16 aprile del 1889 nasceva Sir Charles Chaplin. Il cineasta contribuì enormemente alla storia del cinema muto impegnandosi come attore, regista, produttore, sceneggiatore e compositore. Poi nella sua arte cinematografica ci fu un importante cambiamento. Dopo due giorni dalla “Notte dei cristalli”, la sceneggiatura de “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin vedeva la luce: il suo primo lungometraggio sonoro che lo impegnò per ben 2 anni.

Fu candidato a 5 premi Oscar, vinse un NBR come uno dei migliori dieci film del ’40. Chaplin conquistò un New York Film Critics Circle Award come Miglior attore protagonista. Cosa può spingere un artista, che si è sempre espresso attraverso la mimica, ad usare la parola? In un mondo in constante cambiamento, caratterizzato da numerosi conflitti e ingiustizie, si ha la necessità di esprimere il proprio parere senza paura.  

«Ero deciso a tirare avanti, perché Hitler doveva essere messo alla berlina. Se avessi conosciuto gli orrori dei campi di concentramento tedeschi non avrei potuto fare Il Dittatore; non avrei certo potuto prendermi gioco della follia omicida dei nazisti. Ma ero ben deciso a mettere in ridicolo le loro mistiche scemenze sulla purezza del sangue e della razza. […] ero deciso a portarlo a termine, avessi anche dovuto noleggiare personalmente le sale da proiezione.» – Charlie Chaplin 

Le riprese del film iniziarono nel settembre del 1939, lo stesso mese che vide l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, e terminarono nel 1940. Lo stesso anno, uscì nelle sale americane, mentre in parte dell’Europa fu vietato.

“Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin è una satira di denuncia

“Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin è una satira che denuncia il potere dittatoriale e lo ridicolizza. Persino alcune opere d’arte vengono riproposte ironicamente con un braccio alzato in segno di saluto al dittatore – “La Venere di oggi” è in realtà la “Venere di Milo”, mentre “Il Pensatore di domani” è “Il Pensatore” di Auguste Rodin -. Si tratta di un’opera di coraggio che affronta la società e le sue avversità. Lo fa con dei riferimenti ai personaggi storici dell’epoca. Benzino Napaloni rappresenta Benito Mussolini. Jack Oakie nella versione originale del film parla infatti con una cadenza italiana. Adenoid Hynkel è chiaramente Adolf Hitler. Garbitsch (Henry Daniell) impersona Joseph Goebbels, mentre Herring (Billy Gilbert) è Hermann Göring, entrambi politici nazisti.  

Il film è un chiaro sostenimento alla necessità di evoluzione della politica e della società. La tirannia, l’oppressione, la ricerca della libertà e dell’autonomia sono tematiche sempre presenti, sia nel cinema che nella realtà quotidiana. Allora come oggi. È per questo che il discorso finale è sempre stato considerato un messaggio innovatore e riformista. La sua conclusione è una speranza ancora attuale.

«Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah. Le nuvole si diradano comincia a splendere il sole. Prima o poi usciremo dall’oscurità verso la luce, vivremo in un mondo nuovo, un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra delle loro avidità, dell’odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah. L’animo umano troverà le sue ali e finalmente comincerà a volare, a volare sull’arcobaleno. Verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto, Hannah. Lassù.» – Il barbiere ebreo 

Variazioni del campo di ripresa funzionali al messaggio

“Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin è un lungometraggio in Academy ratio – formato 1:1,37 – e presenta diverse variazioni del campo di ripresa. Ad esempio, quando viene mostrato per la prima volta l’ufficio di Adenoid Hynkel (Charlie Chaplin), si parte da una ripresa in lontananza che man mano si avvicina alla scrivania del dittatore. Si nota una stanza particolarmente grande e vuota. Diversamente, viene presentato l’interno del negozio del barbiere, un luogo piccolo, polveroso e disordinato. Nonostante si noti una certa somiglianza tra il politico e il barbiere – come viene precisato ironicamente nei titoli di testa -, già dagli ambienti in cui vivono è evidente che hanno una vita e una profondità totalmente differente.  

Nei primi discorsi, il dittatore è inquadrato nel piano americano e maggiormente a mezza figura. In questo modo ci si focalizza sulla sua immagine, sui movimenti e sul discorso privo di significato. Il politico è ridicolizzato. Simula i gesti di Hitler e li accompagna con movimenti buffi. Lo sfondo con i soldati fa da contorno. Diversamente nella scena del discorso del barbiere ebreo lo sfondo è quasi assente, sfocato. È presentato in primo piano, mostrando un volto toccato dagli eventi.  

Il triste barbiere ebreo contraltare del politico Hynkel

Mentre si trova davanti alla folla, il barbiere ha uno sguardo triste, drammatico. Gli occhi guardano in camera. Il suo tono è basso ma penetrante. In questa scena, si cerca un contatto con il pubblico.  È fondamentale che le parole arrivino dritte al cuore e alla mente degli spettatori.  

«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. […] Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre. Dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. […] A coloro che mi odono, io dico: non disperate! […] L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. E il potere che hanno tolto al popolo, ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.»

L’inquadratura si estende e mostra il barbiere a mezza figura. Si volta verso i soldati. Ora il tono si fa più forte e deciso.

«Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare! […] non difendete la schiavitù, ma la libertà!» 

La camera si avvicina ulteriormente fino al primo piano. Le parole scorrono con maggiore velocità e il barbiere guarda ancora dritto verso lo spettatore.

«Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera. Di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! […] Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere. Eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. […] Nel nome della democrazia siate tutti uniti!» 

Il Grande Dittatore: significato, scena del mappamondo ed altre iconiche

Il dettaglio di una radio accompagna lo spettatore nel negozio del barbiere (Charlie Chaplin). Sulle note della Danza Ungherese n.5 del compositore Johannes Brahms, si assiste ad una delle scene più divertenti dell’intero film. Il barbiere lavora a ritmo di musica. I suoi gesti e la velocità riflettono il suono dello strumento ad arco. Similmente, durante un litigio con le camicie grigie, riceve un colpo di padella alla testa. Accompagnato dal brano “Stagger Dance” – colonna sonora originale di Charlie Chaplin e Meredith Willson – mostrale movenze tipiche del “vagabondo”. 

Una delle scene passate alla storia della settima arte è quella in cui il dittatore balla con un palloncino di un globo. La sequenza ha inizio nel momento in cui scivola via dalla tenda della sua enorme finestra. Con le mani sui fianchi, si avvicina ad un globo. «Aut Caesar, aut nihil» dice.Èalla ricerca di un potere imperiale, come un Cesare.

Per questo, è interessato alla conquista dell’Ostria. Con il vorspiel di “Lohengrin” di Richard Wagner che fa da sottofondo, il dittatore prende il globo, lo fa roteare sulla sua mano, ride, lo calcia verso l’alto e lo lascia fluttuare. Arriva alla sua scrivania, spinge il palloncino nuovamente in su che si unisce alle Croci Accoppiate. Continua la danza. Hynkel mostra fierezza nello sguardo. Guarda il globo come qualcosa da conquistare, come ad una dama in un passo a due. Gli sorride finché, all’improvviso, il palloncino scoppia lasciando il dittatore in un momento di profonda e ironica tristezza.  

La fotografia di Karl Struss

La fotografia del direttore Karl Struss è particolarmente lucente. Le immagini in bianco e nero sono illuminate in modo omogeneo rendendo le scene chiare e definite. Persino lo sfondo è ben visibile ed è reso spesso con dei disegni, come le strutture presenti nel quartiere ebraico. La sequenza che vede l’arrivo di Benzino Napaloni (Jack Oakie) rivela una tecnica differente. Infatti il background che mostra l’arrivo del treno è reso con la retroproiezione. Su uno schermo dietro gli attori viene proiettata una ripresa precedentemente effettuata che illustra un treno in movimento. 

La pellicola presenta numerosi dettagli che in alcuni casi fanno da transizione da una scena all’altra. Si ricordi i giornali su una stamperia che fa da sfondo, i cui titoli mostrano cosa succede mentre il soldato ebreo è in ospedale. Un uccello in gabbia, fuori l’abitazione del Sig. Jaeckel (Maurice Moscovitch), evidenzia la condizione di prigionia in cui vivono gli ebrei, a causa dell’ideologia e delle azioni di Hynkel e dei suoi soldati. 

«Non sarebbe bello se smettessero di odiarci? […] se ci lasciassero vivere in pace e felici?» – Hannah 

Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin: il discorso finale all’Umanità

«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non è il mio mestiere. Non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre. Dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori. Ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abiette.

Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’uomo, reclama la fratellanza universale. L’unione dell’umanità.

Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo. Milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. E il potere che hanno tolto al popolo, ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.

Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Non vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchina con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini!

Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di San Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo». Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera. Di fare di questa vita una splendida avventura.

Quindi in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo, che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse. Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere. Eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!» – Il barbiere ebreo. “Il Grande Dittatore” di Charlie Chaplin

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