Guadalupe Nettel è un’autrice messicana, vincitrice di importanti premi letterari. Ancora poco conosciuta dal grande pubblico di lettori, Nettel ha tutte le carte in regola per diventare il nuovo volto della letteratura latinoamericana. Le trame travolgenti e la scrittura evocativa creano una seduzione narrativa che induce chi legge a divorare ogni pagina, ogni romanzo o raccolta di racconti. Senza rinunciare al tipico marchio di fabbrica sentimentale ma mai stucchevole degli scrittori latinoamericani.
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Guadalupe Nettel: la novità della tradizione latinoamericana
La magia della scrittura di Nettel risiede soprattutto nell’unione di tematiche notevoli e di grande impegno con uno stile lineare e chiaro. Nessuna matassa familiare difficile da sciogliere e nessun intreccio di nomi – il che, in realtà, si discosta abbastanza dalla tradizione sudamericana – ad appesantire il bagaglio già carico delle storie dei protagonisti.
Riduce all’essenziale per concentrarsi sulle lotte interiori dei protagonisti. Quest’ultimi sono pochi e narrano in prima persona, come a voler escludere eventuali narrazioni secondarie. Tuttavia, pur lasciando al centro le tematiche di maggior rilievo dei suoi scritti, Nettel non rinuncia a niente. Né ad una scrittura ardita ed emotiva né tantomeno alle eco della narrativa latinoamericana, che si mostra non solo nelle ambientazioni, ma anche nella presenza di una natura umana animalesca.
Al centro vi è sempre il Messico. Può essere inquadrato dal punto di vista di un personaggio ormai stanziatosi lontano dalla patria, che ha viaggiato ovunque e vi è tornato oppure dalla prospettiva di chi non l’hai mai lasciato. In qualunque caso, questa terra pianta nei protagonisti i suoi stessi semi. Non potranno staccarsene mai, pur volendo, è parte della loro stessa natura.
Questo è il primo rapporto madre-figlio/a presente in Nettel: sebbene lei non ne faccia una caratterizzazione di primo piano, chi legge può cogliere comunque il peso della terra natia e il richiamo che esercita sull’autrice.
L’analisi dell’infanzia: i primi sintomi della propria natura
Ma questo non è l’unica relazione primordiale a cui la sua scrittura dà forma. Infatti, l’autrice pone l’accento su tutte quelle fasi originarie – come l’infanzia o ancora prima lo stadio fetale – nelle quali iniziano ad intrecciarsi i primi legami e a crearsi i primi sintomi della propria natura.
Si può dire, perciò, che Nettel indaghi l’animo umano e la risposta comportamentale a certi stimoli, endogeni o esogeni che siano. In due suoi romanzi, “Il corpo in cui sono nata” e “La figlia unica”, l’apporto delle terapie psicologica o medica è alla base della trama oppure sopraggiunge come scelta imprescindibile di cura del sé e dell’altro.
“Il corpo in cui sono nata” di Guadalupe Nettel
Il primo romanzo assume proprio la struttura di una lunga autoanalisi destinata ad una dottoressa che ha tutta l’aria di essere una psicoterapeuta. Al centro de “Il corpo in cui sono nata” campeggia il lungo e lento periodo dell’infanzia, descritto dalla protagonista, ormai adulta, come la fase più campale e impattante di tutta la sua vita. Tanto che, superata l’adolescenza, la narrazione si interrompe: le fasi della maturità giovanile e poi dell’adultità non sono che proiezioni dell’infanzia, che contiene in sé un vasto campo di interesse.
La bambina che era non può prescindere dall’esempio genitoriale – materno soprattutto, visto che in Nettel la madre è un simbolo molto potente – e dall’ambiente di sviluppo. Ma anche dai piccoli eventi della vita, nei quali, se l’occhio del bambino vede un certo significato, il futuro adulto si perderà sempre.
«I comportamenti acquisiti durante l’infanzia ci accompagnano per sempre, e anche se a forza di volontà li teniamo a bada, acquattati in un luogo tenebroso della memoria, quando meno ce lo aspettiamo ci saltano in faccia come gatti inferociti.» – “Il corpo in cui sono nata” di Guadalupe Nettel
Il legame primordiale tra l’uomo e l’animale
L’analisi che Nettel fa dell’infanzia è quanto di meno scientifico vi sia. Ciò non vuol dire che non sia accurata, ma è lontana da una rigida definizione a tutto tondo di questa età della vita. In realtà, nei libri della scrittrice questa prima fase coincide alla perfezione con la visione quasi bestiale dell’intera vita dell’uomo.
La sua narrativa è soprattutto istinto e cruda realtà, con un pizzico di velata speranza ed una necessaria interiorizzazione delle esperienze dei protagonisti. Sebbene Nettel si dimostri interessata alla dimensione psicologica, la parte animalesca della sua scrittura emerge preponderante. Di questo aspetto quasi primordiale fanno parte l’esperienza della maternità e le relazioni tra esseri umani e animali.
“La figlia unica” di Guadalupe Nettel e il “Bestiario sentimentale”
Il primo caso è ben illustrato nel romanzo “La figlia unica”, nella quale spiccano tre diversi processi del divenire madre ed in cui le protagoniste ne condividono i passaggi con un nido di uccelli, che riserverà delle inaspettate sorprese.
Sebbene porti con sé inquietudini ed emozioni contrastanti, la maternità assume in Nettel dei contorni meno sfumati anche grazie al paragone con il mondo animale, che risulta efficace perché posto sul versante dell’istintiva paura e dell’assenza di giudizi negativi sui sentimenti verso la maternità.
«Quanto più amiamo una persona, tanto più fragili, più insicuri ci sentiamo a causa sua.» – “La figlia unica”, G. Nettel
«Ma come scappare da qualcosa che ci spaventa quando ce lo portiamo dentro?» – “La figlia unica”, G. Nettel
Queste due riflessioni sulla maternità e sui suoi effetti, portano chi legge in un’immediata empatia con le protagoniste di un romanzo drammatico, ma imperdibile per l’intensità spiazzante. A ben riflettere, la produzione di Nettel ha proprio la peculiarità di risultare, quale che sia la trama, disorientante e disturbante.
Ad esempio ciò accade in “Bestiario sentimentale”, una raccolta di racconti in cui il legame tra esseri umani e animali si fa ancor più chiaro e conclusivo. I primi sguazzano in rapporti stagnanti, sconfitti da amori impossibili o traumi di una vita, mentre i secondi, affianco a loro, assumono atteggiamenti quasi paternalistici e d’insegnamento nella loro semplicità.
In conclusione, però, i romanzi di Guadalupe Nettel non hanno alcunché di moraleggiante e non puntano il dito contro cattive abitudini, cattivi pensieri. Non ci sono vere condanne per le fragilità delle protagoniste – quasi tutte al femminile -, ma il tutto si ferma ad un’analisi esterna di quanto accade all’interno. Le armi seduttive della penna di Nettel sono ben altre: un contatto con l’elemento primordiale, con la primitività di ognuno di noi e l’inserimento di piccoli fatti inspiegabili nelle fila della trama.