Nel caldo sterilizzato di un ospedale gli occhi di una neonata riflettono la luce bianca della stanza. Lei non lo sa, ma si chiama Alba, non ha famiglia ed è affetta dalla sindrome di down. Nei giorni successivi alla sua nascita è stata proposta a 30 coppie e, per trenta volte, è stata rifiutata. Oggi Alba ha una famiglia e noi abbiamo intervistato il suo papà. Si chiama Luca Trapanese, ha 42 anni, è un uomo single ed omosessuale. Lui non ha “accettato” Alba, l’ha voluta.
Innanzitutto la mia predisposizione a prendermi cura degli altri è nata da un’esperienza personale. Dalla perdita, quando avevo 14 anni, del mio migliore amico, Diego. Lui aveva un melanoma, si è ammalato ed è morto in nove mesi. Ero molto giovane, e questo avvenimento mi ha profondamente segnato. È stato un grande dolore personale e il modo in cui ho conosciuto la malattia e la morte. In seguito a quest’esperienza sono andato al Lourdes con il treno bianco ed ho conosciuto la disabilità, che è diversa dalla malattia. La malattia ha un inizio ed una fine, o guarisci o muori, mentre la disabilità è una condizione di vita. Con la disabilità devi imparare a convivere. Da quel momento stare con i disabili ha cominciato ad appassionarmi. Probabilmente era il mio modo di stare vicino a Diego.
Sì, perché io in seguito a quest’esperienza ho creato nel 2007 una ONLUS, “A Ruota Libera“, che si occupa di dare ai disabili adulti l’occasione di integrarsi nella comunità. Loro vivono e lavorano. Abbiamo un bar, un B&B, una fattoria didattica, produciamo il miele e tra poco apriremo anche un ristorante. Ci sosteniamo interamente con i fondi privati, non utilizziamo fondi pubblici, che non consideriamo troppo affidabili.
I donatori sono per lo più genitori che hanno l’esigenza di creare un futuro per i loro figli, abbandonati dallo Stato che non si occupa di creare integrazione sociale e possibili sbocchi lavorativi per le persone disabili. Tutto questo per dire che nel 2017 è finita la storia con il compagno di una vita. Ci eravamo conosciuti molto tempo prima al Lourdes e siamo stati insieme per 11 anni. Io avevo questo grande desiderio di diventare padre, ma ero anche consapevole di volere proprio un figlio disabile.
Ah certo, perché io nella disabilità ci sono cresciuto. Quindi non solo non mi spaventa, ma io non la vedo come una sconfitta, come fanno in molti. La disabilità è un’alternativa.
Io credo che Alba non sia stata rifiutata da quelle famiglie, sia stata rifiutata dalla società. Si vuole per forza dire che quelle coppie hanno sbagliato e che volevano il figlio perfetto. Ma loro sono l’espressione di una società che vede nella disabilità una sconfitta e sicuramente anche un problema. Un genitore con un figlio disabile è abbandonato, viene visto come una sfigato. Io sono sicuro che quelle 30 coppie hanno avuto paura e che per loro rifiutarla è stata sicuramente una sofferenza.
Alba rappresentava praticamente il loro sogno: un neonato di 20 giorni che coronava il sogno di una coppia che non poteva avere figli, ma aveva la sindrome di Down. Questo ha fatto dire tanti “no”, ma sono certo che non sono stati “no” semplici. Io, in quanto single, non potevo fare una richiesta di adozione, ma soltanto di affido e l’avevo fatta specificatamente per bambini con disabilità, lasciando al tribunale la massima libertà sul tipo di disabilità: da quella più grave a quella mano grave.
Quando il tribunale non sapeva come collocare Alba, che aveva 20 giorni, mi hanno chiesto se ero disposto ad avere un neonato. Ed io ho detto subito di sì. Senza sapere qual era la gravità, quale la disabilità. La sindrome di down è il male minore che può capitare. Oggi i ragazzi affetti da sindrome di down sono inseriti nel mondo del lavoro e sono più integrati rispetto ai ragazzi autistici o in situazioni più gravi. Non voglio dire che sia più semplice, ma per certi versi è rassicurante. Anche se io sarei stato pronto a tutto, anche a situazioni più difficili.
Io ed Alba abbiamo fatto un percorso. La legge italiana prevede che io possa chiedere l’adozione dopo un anno di affido. Sia i colloqui, che incontri con gli psicologi e con gli assistenti sociali hanno avuto sempre esito positivo. E io ho potuto fare la richiesta di adozione ex art.44 che permette ad un single di adottare un minore disabile se è stata constatata una profonda affettività tra lui ed il minore. Oggi Alba è mia figlia a tutti gli effetti.
Io penso che la legge non è discriminante, anzi, credo che per l’epoca in cui sia stata scritta era addirittura all’avanguardia. Nell’83 permettere ad un single di adottare un bambino disabile era un tabù. I bambini che erano considerati “mongoloidi” venivano rinchiusi negli istituti o nascosti dalle famiglie dalla vergogna. Quella legge riconosceva nel single un’alternativa migliore. Non è una legge discriminatoria, ma è una legge vecchia, perché la società è cambiata e con essa l’idea che abbiamo di famiglia.
Io credo che sia molto importante parlarne. Molto spesso le persone sono ostili solo perché non conoscono. Dopo la presentazione del libro, dopo un programma televisivo, io ho sempre avuto molti riscontri positivi. Penso che la mia storia sarebbe stata piuttosto controversa se Alba non avesse avuto la sindrome di Down. Io sono single, sono omosessuale, una bambina è stata affidata ad un uomo… Invece la storia è stata inattaccabile perché Alba ha la sindrome di Down e tutti sanno che nessuno la voleva. Così sono stato raccontato come un eroe. Ma non mi sento un eroe, perché il mio non è stato un gesto di carità; ma un gesto consapevole fatto con un grande desiderio di paternità.
È allegra, curiosa; ma sopratutto è TO-STA. Adesso ha due anni, ma è già molto determinata rispetto a quello che vuole, sa bene cosa le piace o non le piace fare. è nella fase di attaccamento con me: adesso mentre parlo con te noi stiamo andando avanti ed indietro per il corridoio. Se stessi seduto ora lei inizierebbe ad urlare perché non è contenta che io le tolga del tempo per stare al telefono. È gelosissima.
Sicuramente è un ritorno indietro… ma è la politica a tornare indietro e ad allontanarsi sempre di più dalle esigenze della società. Perché non siamo solo io ed Alba, esistono moltissime altre famiglie diverse dal modello di famiglia tradizionale. Non esiste più questo concetto. Cosa significa? La politica si sta semplicemente allontanando sempre di più dalla vita vera delle persone.
Mai. Nessuno me l’ha chiesto. Si sono limitati ad accertarsi della mia capacità genitoriale, affettiva, economica. Ho avuto la fortuna di trovare persone intelligenti che hanno pensato al bene di Alba.
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